La danza, figlia di un Dio minore?

La Danza

“Fai danza? Allora la sai fare la spaccata?” Ecco uno degli esempi più semplici di come la danza venga sottovalutata.

chi allievo/a non si è ritrovato sottoposto, almeno una volta, a questo banale quesito? La danza richiede sin dal principio disciplina: costanza, impegno, perseveranza, dedizione. Occorrono essenzialmente due elementi inscindibili: mente e cuore. È necessaria “la testa”, un’attenzione sempre costante per non perdere il focus su obiettivi che non si raggiungono mai del tutto perché si punta sempre ad automigliorarsi. È un lavoro duro, di resistenza, fisica e mentale. Affinché la mente abbia il giusto input è peculiare che una cosa resista agli urti del tempo: la passione. Per questo motivo, quando poi la domanda si trasforma in “Ma come fai? Tutte quelle ore in sala! Non ti stanchi?” La risposta muove i suoi passi dal cuore: solamente ciò che arde prepotentemente nell’intimo può dare la forza inspiegabile – a detta di chi è fuori da questo mondo- di annullare tutto il resto per perseguire un sogno: essere ciò per cui l’anima brucia ininterrottamente, tanto da non saziare mai. 

È da questi presupposti- semplici quanto veritieri- che bisognerebbe partire per analizzare una problematica da una prospettiva maggiormente ampia. Cos’è, dunque, la danza? Chi è il danzatore? Si potrebbe scrivere per ore, argomentando idealmente e in maniera differente rispetto all’emozione che ognuno prova e secondo esperienza ma le risposte, questa volta, dal punto di vista socio-culturale e politico sono drammatiche. In Italia il settore delle arti dello spettacolo è sottovalutato e poco considerato. Ancor di più per la danza, non ci sono fondi adeguati. Sono nate associazioni, si son mossi gruppi di danzatori, insegnanti, dirigenti eppure cosa è effettivamente mutato nel tempo? Va indubbiamente menzionata l’Associazione A.I.D.A.F. che dal 1999 si muove per la tutela e la valorizzazione della formazione, del riordino e della diffusione culturale della danza. Lo slogan dell’associazione racchiude, non a caso, quanto cercato di argomentare inizialmente: “la Danza non è uno sport”. Più recente è la nascita del progetto Dance Error System che dà voce a migliaia di lavoratori della danza, fondato da professionisti che si occupano quotidianamente della triste situazione che la danza vive in Italia affinché non sia più un “error system“.

La questione è triste perché un’arte ridotta a poco più di zero è quanto di più deludente possa esserci per un Paese. Bisogna, con urgenza, rieducare alla bellezza. Ma chi è in alto cosa fa? Dove sono gli interventi? I fondatori-danzatori del progetto smuovono riflessioni in diversi modi: attraverso i social media con contenuti video o foto chiarificatrici e il loro meritevole intervento è arrivato fino in Parlamento, ha visto consensi tramite manifestazioni svolte e innumerevoli commenti e confronti con la Camera di Giustizia, il Ministro della Cultura, fino alle più importanti adesioni da parte de les étoiles tra cui Roberto Bolle. Si tratta di preservare sogni, garantire futuro, fornire lavoro a chi sacrifica i propri anni e contribuisce alla fioritura culturale del Paese. L’Italia è o non è un Paese fondato sul lavoro? E allora dov’è la meritocrazia per i lavoratori del mondo dello spettacolo? Successivamente al tanto atteso diploma in scuole private ma anche negli enti più importanti (come la scuola del Teatro San Carlo, della Scala di Milano e dell’Opera di Roma) 9 danzatori su 10 si ritrovano senza bussola: cosa fare? In Italia vi sono 1 milione e mezzo di allievi e solamente 200 posti di lavoro per danzatori. Esistono solamente 4 corpi di ballo stabili in tutta Italia. I contratti sono a tempo determinato e racchiudono un arco temporale di pochi mesi. Questo non fa altro che incrementare una situazione di precariato insostenibile. Tutto implica investimenti da parte del singolo e mobilitazione incessante per sostenere audizioni su audizioni anche e soprattutto lontano da casa perché il lavoro manca e e si è disperatamente alla ricerca di esso. Voilà gli interrogativi più frequenti che ancora si trasformano e diventano: “Ma qual è il tuo piano B?”, “Se vuoi lavorare con la danza devi fuggire da qui”. Perché far espatriare giovani che potrebbero godere dell’arte che stesso il proprio paese può naturalmente offrire?

Esistono, purtroppo, troppi quesiti. Sarebbero necessarie unicamente certezze: linearità, correttezza e remunerazione. Non ci sono abbastanza fondi per la Danza! Basta! Per questo agghiacciante motivo la Danza è figlia di un Dio minore perché è maggiormente screditata. È screditata anche e soprattutto se messa a paragone con altri ambiti che usufruiscono di fondi di gran luna superiori: vi sono stadi sempre stracolmi e, al contrario, danzatori che si ritrovano ad esibirsi in teatro, dopo mesi di prove, con solamente  7 spettatori (veritiera esperienza della compagnia Komoco presso la sala Pasolini a Salerno) quando all’estero vengono richieste più repliche della stessa performance. C’è urgenza di far riemergere culturalmente l’Italia.

Muore lentamente un’Arte pugnalata di una delle sue più importanti manifestazioni. Muore lentamente un Paese che trascura il Teatro, che non si prende cura della Bellezza e che non garantisce futuro. La Danza è Arte.  Non può e non deve essere più messa in secondo piano. Arte è Arte in toto e deve esserlo a trecentosessanta gradi. Sempre e ovunque. Indistintamente per tutti. 

Immagine di copertina: Pixabay

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