La storia della medicina è caratterizzata da pagine oscure e da eventi che, per lo choc e lo sgomento che provocano, sembrano parte di un film di fantascienza o di una storia inventata. Questi sono esperimenti, test ed osservazioni, realizzati sia su uomini che animali, ed hanno uno stretto collegamento con il recente avanzamento tecnologico: a partire dalla fine del XIX e l’inizio del XX secolo, le ricerche compiute con metodi orrendi, senza il minimo riguardo nei confronti dei diritti umani, si sono moltiplicate. In altri casi, le ricerche su farmaci e medicine non sono state supportate in maniera corretta dalla comunità scientifica, poiché venivano realizzati studi di bassa qualità che eclissavano determinate problematiche legate alla somministrazione di un farmaco. Tra le pagine più oscure della medicina, ne ricordiamo 3.
Il’ja Ivanovič Ivanov e l’esperimento dell’uomo scimmia
Il’ja Ivanov fu senza dubbio uno dei più importanti medici della storia della medicina sovietica. Biologo e zoologo, è ricordato per essere il protagonista di una delle pagine più oscure della medicina: l’intento di creare un mostruoso ibrido uomo-scimmia. Dopo aver con successo ibridato il topo ed il ratto, la lepre e il coniglio, l’antilope e la mucca, egli cercò di entrare nella storia attraverso questa avventura molto controversa, mediante inseminazione artificiale. Finanziato dall’Unione Sovietica stessa, cercò di fecondare un certo numero di scimmie femmine con spermatozoi umani: l’esperimento non fu un grandissimo successo ma riuscì comunque a fecondare un numero di 3 scimmie; alla fine dell’operazione, tutti gli esemplari furono dichiarati morti. La parte più cupa di questa storia sta nel fatto che, nonostante l’insuccesso, egli non si arrese e cercò di realizzare l’esperimento inverso: inseminare donne umane con il seme di una scimmia. Sebbene si fossero presentate 5 volontarie, il progetto, per fortuna, non ebbe mai inizio a causa del suo arresto per attività ostile all’Unione Sovietica, per cui fu condannato a 5 anni di carcere.
La Talidomide
La Talidomide è un farmaco realizzato per la prima volta in Germania tra gli anni ’50 e gli anni ’60, e nasce come anti-nausea, anti-vomito e sedativo, che all’epoca veniva generalmente somministrato alle donne durante il periodo gravidico, in modo da alleviare le sensazioni spiacevoli causate dalla gravidanza. D’altra parte, non si conosceva il rischio teratogeno associato al farmaco: le donne trattate con la Talidomide davano vita a bambini con gravi alterazioni congenite, con malformazioni molto severe allo scheletro, al cranio e agli arti.
Indicata all’epoca come sicura per la gravidanza, la licenza della Talidomide fu acquistata da altri paesi europei come Gran Bretagna e Svizzera, ma le cose cambiarono ben presto: nel 1957 si ebbe prova dei primi casi di teratogenicità legati al farmaco e, come conseguenza, furono realizzati diversi studi su animali non gravidi, che però non dimostrarono tossicità. Nonostante la negatività del test, in gran parte dei paesi europei la Talidomide fu ritirata dal mercato per ulteriori ricerche. Queste furono realizzate, nel 1960, specificamente su animali gravidi: il test diede, in questo caso, esito positivo. Sebbene fosse fondamentale per la cura di determinate malattie, fu dimostrato ufficialmente come la Talidomide provocasse lo sviluppo di feti con gravi malformazioni agli arti e allo scheletro, sia su esseri umani che su animali. La nascita di più di 1500 individui con malformazioni, la negligenza della ricerca ed i mancati controlli sulla effettiva teratogenicità del farmaco fanno sì che questo medicinale occupi un posto nelle pagine più oscure della storia della medicina.
Gli esperimenti di Mengele
Parlando di pagine oscure della medicina non possiamo non citare le figura forse più emblematica, il medico tedesco Josef Mengele. Arruolatosi nelle SS allo scoppio della Seconda guerra mondiale, fu ferito durante l’invasione dell’Unione Sovietica, cosa che non gli permise di continuare a combattere in prima linea. Nel 1943 fu trasferito ad Auschwitz come capo delle SS nell’omonimo campo di concentramento, dove fu definito dagli stessi deportati l’Angelo bianco, sia per la sua compostezza fisica che per il camice bianco immacolato che era solito indossare. In realtà, la sua crudeltà era nota: all’arrivo dei treni carichi di deportati, con un semplice gesto decideva chi fosse destinato alle camere a gas e chi ai lavori forzati; uccideva i prigionieri a calci o a colpi d’arma da fuoco; nel blocco dei bambini, disegnava una linea alta 1,50m, e coloro che non raggiungevano tale misura erano destinati alle camere a gas.
Oltre che per sterilizzazioni di massa e mutilazioni non necessarie, praticate solo “per formare il personale medico nazista”, gli esperimenti di Mengele sono tristemente noti per essere stati realizzati su bambini che avevano anomalie, vite indegne di essere vissute, e su gemelli omozigoti, categorie su cui egli aveva maggiormente incentrato la propria attenzione.
Quelli che furono definiti i “bambini di Mengele” formavano un gruppo di circa 3000 individui, principalmente gemelli, che il medico nazista utilizzava come cavie: su di essi veniva apposto un tatuaggio con l’acronimo ZW (Zwillinge, gemello), e venivano realizzati esperimenti di ogni tipo: dalle semplici analisi del sangue alla dissezione per la ricerca antropologica; dalle operazioni senza anestesia alle dolorose rimozioni di arti o organi.
Tra le pagine oscure della medicina, la storia di Mengele occupa il primo posto. Egli riteneva che i segreti della razza risiedessero nei gemelli omozigoti, perciò i suoi studi si concentrarono prevalentemente su tali soggetti: iniziò, quindi, ad ipotizzare che le malattie che colpivano i bambini nei campi, e nello specifico la stomatite gangrenosa, fossero di origine genetica. In realtà, ovviamente, le problematiche erano legate alla scarsa e malsana alimentazione che essi ricevevano all’interno dei ghetti. I bambini morti venivano prontamente e minuziosamente analizzati, ed i loro organi venivano inviati all’istituto biologico-razziale di Berlino, in maniera tale da trovare una differenza tra il sangue ariano e non ariano.
La sua fama di medico «totalmente depravato», espressione coniata da un sopravvissuto a causa del godimento che Mengele provava nel veder soffrire i pazienti, gli attribuì il soprannome di Angelo della morte: diversi testimoni, infatti, sottolinearono la totale insensibilità del medico di fronte alla sofferenza e alla morte stessa.
Fonte immagine per l’articolo “Le pagine oscure della medicina: 3 casi inquietanti”: Wikipedia Commons