Luca Carannante: una voce per i corpi di ballo italiani

Luca Carannante, danzatore diplomato al Teatro San Carlo di Napoli, ha lavorato con coreografi come Massimo Moricone e Amedeo Amodio

Luca Carannante, danzatore diplomato al Teatro San Carlo di Napoli, ha lavorato con coreografi come Massimo Moricone e Amedeo Amodio e si è esibito in teatri come il Massimo di Palermo e l’Arena di Verona. La sua esperienza professionale si amplia all’estero presso il Ballet de Nice, diretto da Éric Vu-An. Ad oggi si dedica all’attività di danzatore, insegnante e studente universitario.

Ci incontriamo una mattina di febbraio 2022 in sala di danza, quando la vita dei performer stava riprendendo a essere quella pre-pandemia, per parlare della sua carriera e soprattutto della condizione dei danzatori professionisti in Italia.

Luca, che importanza hanno la tecnica e l’emotività quando ti prepari per una coreografia o un ruolo?

La tecnica è fondamentale al fine di concretizzare la danza come “metodo di scrittura”. Allo stesso tempo è il lato emozionale, una volta consolidato quello tecnico, che vai costantemente ad affinare. L’espressività è il tratto distintivo di ogni danzatore. Va studiata anche quando si interpreta un ruolo minore.

Com’è stato confrontarsi all’estero con danzatori di tutto il mondo?

È essenziale instaurare un clima disteso nel corpo di ballo, nonostante ci siano dei ruoli e una gerarchia. A Nizza ho lavorato a tempo determinato e condiviso le prove e la scena con danzatori eccellenti tecnicamente, ma soprattutto veri artisti. Il confronto ha accresciuto la mia empatia, che sfrutto per immedesimarmi in ciò che danzo. All’estero si dedicano tanto al lato artistico, seppure considerino la danza un settore professionale come un altro. In Italia invece bisogna affannarsi per il diritto al lavoro e i danzatori emigrano per vivere del loro mestiere.

È triste che questo sia l’unico modo per poter concretizzare una formazione durata molti anni.

Quando decidi di emigrare all’estero lo fai mosso dalla passione, ma è vero che parliamo di un lusso che non tutti possono permettersi. Le audizioni comportano spese notevoli. Chi riesce a sostenere questi costi, non è detto possa farlo più di una volta e in un arco temporale ridotto. Un’audizione peraltro non significa lavoro certo. Se tutto l’iter si svolgesse in Italia i danzatori potrebbero presentarsi a più audizioni con spese sicuramente minori.

Perché in Italia sembra non esserci posto per i danzatori?

Perché purtroppo la danza è vista come un mero hobby, non un lavoro. Basti pensare che ci sono solo 4 corpi di ballo su 14 Fondazioni Lirico-Sinfoniche. La prassi dei teatri è esternalizzare le produzioni a compagnie private esterne, invece di bandire audizioni pubbliche come di norma dovrebbe essere. Tutti noi danzatori ci stiamo mobilitando affinché si metta fine al precariato dei pochi corpi di ballo esistenti e poi si punti a ricostituire quelli dismessi. Il canale social “Danza Error System”, fondato dai colleghi e amici Anna Chiara Amirante, Vito Lorusso, Andrea Morelli e Alessandro Staiano, è il portavoce delle rivendicazioni e delle conquiste ottenute.

Forse è la prima volta che i danzatori si mobilitano come categoria. Secondo te come mai?

Finora ciascuno guardava il proprio orto. Questo è andato a discapito dei danzatori giovani, che non sono stati mai sostenuti nelle rivendicazioni. Adesso anche l’orto di chi era sicuro è stato calpestato, quindi è risultato naturale muoversi insieme per un fine comune. Ognuno di noi balla in modo individuale, ma in sostanza siamo tutti racchiusi in un unico “corpo” di ballo. Finalmente non lo siamo più solo sulla scena, ma anche nella vita.

Quali sono le conseguenze più gravi del precariato nella danza?

I danzatori hanno bisogno di allenarsi quotidianamente e senza contratto bisogna farlo a spese proprie. Ne risente l’affiatamento del corpo di ballo e l’intesa con coloro che curano la coreografia e lo spettacolo a vari livelli. Inoltre la danza è una professione a breve termine, perciò il tempo è tutto. La discontinuità ti impedisce di realizzare un progetto di vita e una carriera, così sei sottoposto ad una continua pressione psicologica.

Eppure la danza è un patrimonio culturale con una valenza pedagogica che andrebbe valorizzata.

Si dovrebbe partire dal cambiare la denominazione degli Enti lirici in Fondazioni lirico-sinfoniche e di balletto, al fine di mettere sullo stesso piano le tre forme di spettacolo e dare al balletto un riconoscimento istituzionale, garantendo tutto ciò che questo comporta.

La danza educa i giovani ad affrontare la vita con ordine e risolutezza. Riconduce ad una concretezza, che spesso manca nei nostri contesti sempre più virtuali. Questo è un bagaglio che, anche se non diventeranno mai danzatori professionisti, porteranno sempre con sé.

Sara Castiello

Foto: © Stefano Di Luca, 2019. Luca Carannante in Faust.
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