Maschere di Pirandello, tra identità e circostanza

Maschere di Pirandello, tra identità e circostanza

Luigi Pirandello, vincitore di un premio Nobel nel 1934, è sicuramente uno dei punti di riferimento della storia della letteratura italiana, ma il suo lavoro e i suoi interessi si sono spinti oltre la produzione romanzesca, incontrando la sua grande fortuna con il teatro, diventando uno dei pochi autori italiani a raggiungere una grande fama internazionale. L’elemento che sicuramente più caratterizza le sue opere narrative e drammatiche, rendendole facilmente identificabili e innovative, è un quesito fondamentale, che ha tormentato per secoli l’umanità intera: cosa è l’identità e come la si costruisce? In questo articolo andremo a rispondere a questa domanda, analizzando il significato delle maschere di Pirandello.

Maschere di Pirandello: cosa sono?

Quando parliamo delle maschere di Pirandello, più che parlare di identità singole, bisognerebbe valutare l’essenza stessa dell’uomo, e cioè la sua imprevedibilità e volubilità, che rendono gli individui diversi gli uni dagli altri, e soprattutto frammentati nel loro io.
L’argomento della frammentazione risulta essere ricorrente nelle opere e nella teoria delle maschere di Pirandello, che non parla degli uomini in quanto dotati di una precisa identità, ma del loro modo di apparire in base alle circostanze, altro punto fondamentale de pensiero Pirandelliano.
Il mondo, secondo l’autore siciliano, è un grande palcoscenico dove ognuno di noi è costretto, in base alle situazioni che si presentano, ad interpretare un ruolo preciso: padre, sorella, lavoratore, e così via sino a creare un conflitto all’interno degli individui che finisce per renderli incoerenti.
E sono proprio queste le due caratteristiche principali dei personaggi di Pirandello.

Nel cercare di comprendere la concezione del mondo e le maschere di Pirandello, è fondamentale accennare al particolare contesto storico in cui vive l’autore: il Novecento, e cioè il secolo della spersonalizzazione totale dell’uomo, inserito totalmente nel contesto della produzione capitalistica che, insieme all’avvento della macchina, è annientatrice dell’iniziativa individuale. L’uomo non è più essere spontaneo che segue il flusso della vita, definito magma vitale da Pirandello, ma si è distaccato e di conseguenza irrigidito in forme prestabilite dalla società circostante.

Alcuni esempi di io frammentato

Come già detto, tutte queste tematiche si racchiudono nei personaggi creati dall’autore, ed è quindi doveroso citare i due più rappresentativi della teoria delle maschere di Pirandello.

Mattia Pascal o Adriano Meis

Tra gli esempi di maschere di Pirandello e di io frammentato, il primo che possiamo citare è senza dubbio Mattia Pascal, o Adriano Meis, che è la personalità che il protagonista decide di creare quando scopre che un cadavere suicida è stato scambiato per il suo. Quindi Mattia decide di ricostruirsi completamente, cambiando anche il suo aspetto fisico.
Troviamo un personaggio che durante il romanzo perde la sua identità, ne costruisce una nuova, e poi fa ritorno a quella originaria. Il ritorno alla vecchia identità palesa uno dei grandi quesiti dell’uomo moderno: distaccarsi dalle costruzioni sociali e vivere liberamente o restare nel conforto e nella familiarità dei ruoli che ci vengono assegnati dagli altri?

La follia come liberazione in Uno, Nessuno e Centomila

Vitangelo Moscarda, protagonista di Uno, Nessuno e Centomila, è sicuramente da considerare il vero trionfatore nella lotta contro le maschere di Pirandello. Egli scopre che il suo aspetto esteriore appare in modi diversi alle persone presenti nella sua vita, riflessione che inizia quando gli viene detto che il suo naso pende leggermente verso destra. Questa nuova consapevolezza gli provoca un’epifania: egli non è uno solo, ma centomila negli occhi degli altri e, di conseguenza, nessuno.
L’unica via di scampo dalla sua esistenza -o meglio recita- è la follia.
Quindi, a differenza di Mattia Pascal, riesce a distaccarsi dai costrutti sociali, abbracciando totalmente la vitalità e dinamicità che caratterizzano il flusso della vita.

Concludendo, Luigi Pirandello ha indubbiamente lasciato a tutti noi un grandissimo patrimonio letterario fatto di romanzi, opere drammatiche e riflessioni (tra cui un saggio sull’umorismo che consigliamo di leggere se si vuol comprendere ancora meglio il suo pensiero) portatori di un dilemma che mai come ora è vicino alle giovani generazioni, completamente immerse nel mondo dei social media, luogo per eccellenza di apparenze e recite continue, pronte a tenerci -quasi inconsciamente- incollati al telefono e più focalizzati sulle vite degli altri che sulla nostra. Questo triste meccanismo descritto attraverso le maschere di Pirandello non fa altro che rendere le persone spettatori passivi di ciò che le circonda, quasi dimenticando di essere quel magma vivo di cui parlava l’autore stesso, che però sta sempre di più rischiando di cristallizzarsi nelle maschere sociali che si decide di adottare quando avviene il confronto con l’altro, soprattutto per paura di un possibile giudizio.

E, forse, solo arrivando alla consapevolezza della propria natura mutevole si raggiungerà la libertà a cui tanto aspirano i personaggi di Pirandello.

Fonte foto di copertina: Wikipedia

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