La persecuzione omosessuale nel regime nazista rappresenta una delle pagine più buie e a lungo dimenticate della Shoah. Dal 1933, con l’ascesa al potere di Hitler, numerosi omosessuali furono arrestati, internati nei campi di concentramento e sottoposti a trattamenti disumani. La repressione iniziò quasi subito: nel gennaio 1933 furono proibite le organizzazioni omosessuali e nell’estate dello stesso anno i loro luoghi di incontro vennero sistematicamente devastati.
Indice dei contenuti
- 1. Berlino prima del nazismo: un’isola di libertà
- 2. Le radici legali della persecuzione: il paragrafo 175
- 3. L’escalation nazista: dalla propaganda alla violenza
- 4. L’omocausto: la vita e la morte nei campi
- 5. La condizione delle donne omosessuali
- 6. Il difficile dopoguerra e il tardivo riconoscimento
Berlino prima del nazismo: un’isola di libertà
Per comprendere la violenza della repressione, è doveroso fare un passo indietro. Prima dell’avvento del Terzo Reich, la Berlino della Repubblica di Weimar era considerata una delle città più liberali al mondo, con numerosi locali gay, nightclub e spettacoli di cabaret. Fu la culla dei primi movimenti di liberazione omosessuale, come il WHK (Wissenschaftlich-humanitäres Komitee) fondato nel 1897 dal pioniere Magnus Hirschfeld. Anche il movimento lesbico trovò spazi di aggregazione in locali come il Dorian Gray e il Flauto Magico.
Le radici legali della persecuzione: il paragrafo 175
La persecuzione nazista non nacque dal nulla, ma si innestò su una base legale preesistente. Il fulcro fu il Paragrafo 175 del codice penale tedesco, introdotto nel 1871 da Otto von Bismarck. Questo articolo, le cui origini risalgono alla Costitutio Criminalis Carolina del 1532, puniva con la reclusione i “rapporti sessuali contronatura” tra uomini. Recitava: «L’immoralità contronatura, commessa fra persone di sesso maschile o fra uomini e animali, è punita con l’imprigionamento; inoltre può comportare la privazione dei diritti civili». Sebbene negli anni Venti vi furono tentativi di abrogarlo, il paragrafo rimase in vigore e divenne lo strumento legale perfetto per la repressione nazista.
L’escalation nazista: dalla propaganda alla violenza
Con l’ascesa di Hitler, la situazione precipitò. Il 6 maggio 1933, la gioventù hitleriana devastò la sede dell’Istituto di Sessuologia di Magnus Hirschfeld, bruciando la sua immensa biblioteca e sequestrando elenchi di nomi di presunti omosessuali. L’omosessualità di Ernst Röhm, comandante delle SA, fu usata come pretesto politico: nel giugno 1934, durante la “Notte dei Lunghi Coltelli”, Hitler lo fece assassinare insieme ai vertici delle SA per consolidare il proprio potere, usando la sua sessualità per giustificare l’epurazione. Nel 1935 il regime inasprì il Paragrafo 175, ampliandone l’applicazione, e nel 1936 istituì l’Ufficio Centrale del Reich per la lotta all’omosessualità e all’aborto.
Data/periodo | Evento |
---|---|
1871 | Promulgazione del paragrafo 175 contro l’omosessualità maschile |
Maggio 1933 | Attacco all’istituto di sessuologia di Berlino e rogo dei libri |
Giugno 1934 | “Notte dei lunghi coltelli” e assassinio di Ernst Röhm |
1935 | Inasprimento del paragrafo 175 per includere ogni “atto libidinoso” |
1936 | Creazione dell’ufficio centrale del Reich per la lotta all’omosessualità |
L’omocausto: la vita e la morte nei campi
Si è soliti riferirsi allo sterminio degli omosessuali come Omocausto. Tra il 1933 e il 1945, circa 100.000 uomini furono arrestati come omosessuali e la metà di questi condannati. Tra i 5.000 e i 15.000 finirono nei campi di concentramento. Lì erano identificati da un triangolo rosa cucito sulla divisa, un simbolo che li esponeva a un trattamento particolarmente crudele sia da parte delle SS che degli altri prigionieri. Subirono torture, esperimenti medici, castrazioni forzate e lavori massacranti. Il tasso di mortalità per i deportati omosessuali è stimato intorno al 60%, uno dei più alti in assoluto, secondo solo a quello dei prigionieri ebrei, come documentato dall’Enciclopedia dell’Olocausto.
La condizione delle donne omosessuali
Le donne non furono legalmente perseguitate dal Paragrafo 175, che riguardava solo gli uomini. La loro persecuzione avvenne per altre vie. Le lesbiche venivano viste come un pericolo ai valori dello stato e spesso arrestate come “asociali“, venendo marchiate con il triangolo nero. La loro omosessualità era considerata un’aggravante. Esistono prove della loro presenza nei campi di Ravensbrück, Dachau e Flossenbürg, dove in alcuni casi erano costrette a prostituirsi nei bordelli per i gerarchi nazisti, esposte a sadismo e violenze.
Il difficile dopoguerra e il tardivo riconoscimento
La fine della guerra non significò la liberazione per tutti. Molti omosessuali sopravvissuti ai lager furono nuovamente incarcerati dalle forze alleate, poiché il Paragrafo 175 rimase in vigore nella Germania Ovest. Per decenni furono considerati criminali comuni e non vittime del nazismo. Questa vergogna legale e sociale spiega perché il riconoscimento delle loro sofferenze sia arrivato così tardi. Solo a partire dagli anni ’80 si è iniziato a parlare di Omocausto, e solo nel 2002 il governo tedesco ha chiesto ufficialmente scusa alla comunità gay, annullando le sentenze emesse durante il periodo nazista.
Fonte fronte immagine: FreePik.
Articolo aggiornato il: 05/09/2025