Mimì Striano artista della materia

Mimì Striano

Osservare le sculture di Mimì Striano, artista paganese, nato nel 1983, è un modo per guardarsi dentro, a tratti specchiarsi in emozioni, sentimenti: veri e propri tratti dell’animo umano. In questo senso la sua arte si lega indissolubilmente a una percezione che pare trarre ispirazione dal classicismo estetico, che recava con sé, appunto, forme plastiche e sentimentali: come non percepire intimamente la tensione emotiva e fisica, per esempio, dei gruppi scultorei del Ratto di Proserpina (1621-1622) o di Apollo e Dafne (1622-1625) del napoletano Gian Lorenzo Bernini; o come non restare coinvolti, procedendo verso gli archetipi dell’arte greca, nell’istante esatto in cui la forze del Discobolo sta per sprigionarsi nel poderoso lancio.

Ecco, sembra che la scultura di Mimì Striano condensi entro se stessa tutta una serie di elementi propri dell’arte classica – sia nella sua forma antica che nelle sue reinterpretazioni rinascimentali o barocche –, che nelle sue opere appaiono evidenti nella loro coniugazione con suggestioni più propriamente contemporanee.

Mimì Striano tra la materia bronzea e quella marmorea

Mimì Striano è già artista riconosciuto a Pagani e non solo: si pensi all’attuale esposizione presso la Baccaro Art Gallery (nella stessa Pagani) di Franco Baccaro o alla recente mostra collettiva “The video game. How the Digital Revolution changes Art end Vice Versa”, a cura di Michele Citro, presso il Cavalieri Art Hotel di Malta in cui è stata ospitata la scultura L’ira fino a giugno 2023. Una mostra, questa, di particolare rilievo in cui il confronto tra nuovi media artistici con la tradizione intende porre in relazione comunicativa l’arte tradizionale con quella che va sviluppandosi in forma digitale.

In tal senso, L’ira di Mimì Striano trova esiti interessanti entro i dettami del plasticismo scultoreo all’insegna di un sentimento classico-contemporaneo: l’opera, insieme con altre della medesima fattura, è realizzata in bronzo. In essa è possibile notare la rappresentazione dell’atto sprigionante un incontenibile furore, reso palese dalle rughe che affiorano sulla pelle del viso e del collo; la bocca urlante e lo sguardo fisso sull’oggetto del furor sublimano il carattere istintivo che permea la scultura.

La medesima plasticità si riscontra  anche nelle altre sculture di Mimì Striano realizzate con la medesima tecnica, tra cui L’asceta e il Dissidio degli amanti. In particolare, quest’ultima è in grado di esprimere la dicotomia vicinanza-lontananza attraverso il disperato abbraccio dei protagonisti del gruppo scultoreo. Questo “dissidio”, infatti, appare palese dal sentimento contrastante trasfuso dalla componente femminile e da quella maschile. Tale concitata unione si realizza in strutture chiastiche che rendono dinamica l’azione scultorea: un insegnamento, questo, che Mimì Striano pare aver modulato dalle sculture di Bernini prima menzionate, con particolare riferimento al Ratto di Proserpina, con cui pare condividere addirittura le linee di tensione.

Nelle opere di Mimì Striano, a questi rifermenti tradizionali corrispondono inoltre suggestioni più propriamente contemporanee dal punto di vista estetico e concettuale delle quali colpisce in primissima istanza l’assenza di un vero e proprio visumdi tali sculture bronzee (fatta eccezione per L’ira): i volti sono infatti sostituiti da un incrocio di linee simili a quelle preparatorie spesso utilizzate per il disegno proporzionato del volto, in assenza di tratti somatici. Tale assenza sembra quasi costituire un’applicazione artistica del concetto di “società liquida”: alla perdita o alla riformulazione (spesso degradata e degradante) dei valori umani corrisponde uno smarrimento di identità di cui l’osservatore delle sculture di Mimì Striano prende irrimediabilmente consapevolezza. Tuttavia – e anche in questo si realizza l’ispirazione dell’artista – la constatazione di tale smarrimento non appare fine a se stessa: essa vuole essere una reazione alla perdita di identità, spinta a riappropriarsi di frammenti di umanità perduta. Questo pare vedersi nell’Asceta, scultura che ci pare intrisa di sfumature filosofiche: l’uomo che si allontana dalla mondanità e che si pone in anacoretica ricerca di sé e della componente umana, smarrita negli stessi uomini.

In tal modo pare coniugarsi, nell’arte di Mimì Striano, l’incontro armonico di suggestioni artistiche contemporanee con quelle tradizionalmente classiche. A queste ultime, infine, è necessario fare riferimento all’attuale lavoro a cui l’artista sta attendendo, ovvero il gruppo scultoreo di Apollo e le nove Muse, in marmo di Carrara. Tale realizzazione costituisce un momento di particolare confronto con la tradizione greca in cui sarà possibile ammirare l’interpretazione dei valori archetipici di armonia e di bellezza che sono propri della figura di Apollo. Un lavoro che testimonia la costante ricerca artistica a cui si sottopone l’ispirazione di Mimì Striano.

Fonte immagine: Baccaro Art Gallery

A proposito di Salvatore Di Marzo

Salvatore Di Marzo, laureato con lode alla Federico II di Napoli, è docente di Lettere presso la scuola secondaria. Ha collaborato con la rivista on-line Grado zero (2015-2016) ed è stato redattore presso Teatro.it (2016-2018). Coautore, insieme con Roberta Attanasio, di due sillogi poetiche ("Euritmie", 2015; "I mirti ai lauri sparsi", 2017), alcune poesie sono pubblicate su siti e riviste, tradotte in bielorusso, ucraino e russo. Ha pubblicato saggi e recensioni letterarie presso riviste accademiche e alcuni interventi in cataloghi di mostre. Per Eroica Fenice scrive di arte, di musica, di eventi e riflessioni di vario genere.

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