Natsume Sōseki e la sindrome dell’impostore

Natsume Sōseki e la sindrome dell’impostore

Natsume Sōseki

Parlare di una personalità tanto delicata come quella di Natsume Sōseki è alquanto complesso, e nell’essere così complesso questo personaggio della letteratura giapponese si consacra come uno degli scrittori più importanti della letteratura giapponese durante il periodo Meiji.

Sōseki nacque il 9 febbraio del 1867 a Ushigome, Edo (attuale Shinjuku, Tokyo), con il nome di Kin no suke. Fu adottato subito dopo la nascita, ma tornò dalla sua famiglia all’età di nove anni. Fin dalle elementari studiò con grande entusiasmo la poesia cinese e la letteratura classica, eccellendo negli studi. Deciso a studiare letteratura inglese, si iscrisse a una scuola preparatoria per l’accesso all’università, dove conobbe Shiki Masaoka, un poeta haiku dell’epoca Meiji che in seguito divenne uno suo amico importante. Si iscrisse quindi al Dipartimento di Letteratura Inglese della Facoltà di Lettere dell’Università Imperiale di Tokyo e dopo la laurea, divenne insegnante di inglese presso la Scuola Normale Superiore di Tokyo nel 1893, la Scuola Secondaria Orientale di Ehime Matsuyama nel 1895 e la Scuola Superiore di Kumamoto. Alla scuola di Matsuyama ebbe modo di trascorrere molto tempo con Masaoka, il quale lo ispirò a scrivere haiku.

Nel 1900, Sōseki fu invitato dal Ministero dell’Istruzione a studiare nel Regno Unito e, sebbene inizialmente avesse sentimenti contrastanti riguardo al trasferimento all’estero, una volta arrivato a Londra rimase colpito dalle differenze tra le tradizioni orientali e occidentali che si concentrò sui suoi studi senza lasciare casa. Se da un lato l’esperienza londinese gli permise di avvicinarsi al concetto di cultura occidentale e di comprendere diversi aspetti della cultura britannica, dall’altro fu uno dei periodi più difficili della sua vita, durante il quale soffrì di esaurimenti nervosi e problemi psicofisici dovuti all’isolamento. Vivere all’estero gli ha permesso tuttavia di vedere il Giappone attraverso gli occhi degli europei e di conoscere lo stile di vita individualista europeo. Sōseki provava spesso disgusto per sé stesso, poiché entrava in contatto con una cultura diversa dalla sua e sentiva che il suo modo di pensare era diverso da quello degli europei e che lui era ‘’in difetto’’. A causa di problemi finanziari, non poté frequentare università prestigiose come Oxford e Cambridge e tornò in Giappone tre anni dopo. Dopo il suo ritorno in Giappone, ha insegnato letteratura inglese alla Daiichi Kōtō Gakkō e letteratura inglese all’Università Imperiale di Tokyo.

Nel 1908, a causa di una serie di nevrosi, si dimise dall’incarico di insegnante e divenne scrittore esclusivo per il quotidiano ‘’Asahi’’. Alla fine, su consiglio dell’amico Takahama Kyoshi, nel 1905 pubblicò sulla rivista ‘’ ホトトギス’’ (hototogisu) una serie di saggi intitolati ‘’Io sono un gatto’’ (吾輩は猫である, Wagahai wa Neko de Aru). La scrittura di Sōseki in questi saggi era molto colloquiale e di facile lettura e fu molto apprezzata dalla critica. L’anno successivo pubblicò una serie di opere piene di ironia, umorismo e senso della giustizia, tra cui ‘’Il signorino’’ (坊っちゃん, Bocchan), ‘’Guanciale d’erba’’ (草枕, Kusamakura) e ‘’Il 210°giorno’’ (二百十日, Nihyakutōka). Nel 1907 decise di vivere la sua vita come scrittore, lasciando l’insegnamento ed entrando a far parte del giornale ‘’Asahi Shinbun’’, di cui diventò un divulgatore. Il suo primo romanzo pubblicato sul giornale fu ‘’ Il papavero ’’ (虞美人草, Gubijinsō) e in seguito, pubblicò ‘’ Sanshirō ’’ (三四郎), ’’ E poi ’’(それから) e ‘’ La porta ‘’ (門, mon).

Nel 1910, dopo aver terminato ‘’La porta’’, forse a causa dello stress di un programma serrato che gli imponeva di pubblicare regolarmente le sue opere, la sua malattia cronica di ulcera gastrica si aggravò e perse i sensi a Shuzenji, Izu (in seguito si scoprì che si trattava di un’ulcera gastrica) e fu costretto a trascorrere un periodo in ospedale. Questo fatto scatenò una profonda indagine su sé stesso e sugli esseri umani, che portò alla pubblicazione di opere come ‘’Fino a dopo l’equinozio’’ (彼岸過迄, Higan Sugimade), ‘’ Il viaggiatore ‘’ (行人, Kōjin) e ‘’ Il cuore delle cose ‘’ (こゝろ, Kokoro). Nel 1916, Sōseki iniziò a scrivere per esteso un romanzo completo di nome ‘’Luce e Ombra’’, ma dopo aver terminato 188 puntate, si ammalò di stomaco e fu dichiarato morto il 9 dicembre 1916, presumibilmente per shock emorragico.

Perché parlare di sindrome dell’impostore in Natsume Sōseki?

Sōseki è considerato da molti come lo scrittore che meglio ha espresso la crisi dell’uomo moderno. La sua letteratura è caratterizzata infatti da una posizione intermedia tra la letteratura ‘’pura’’ e ‘’quella popolare’’, nel senso che non appartiene al mondo letterario, né si conforma precisamente alle norme della narrativa storica popolare del suo tempo. Come scrittore, Sōseki vede il suo lavoro come una funzione sociale e sottolinea che la sua letteratura è accessibile a tutti. Le sue storie sono inizialmente umoristiche, ma in seguito esplorano la profonda psiche umana, l’isolamento e l’egoismo e le contraddizioni interne della società giapponese. Un esempio è ‘’Io sono un gatto’’, in cui il narratore è affidato a un gatto senza nome, il cui punto di vista crea un effetto di straniamento. Così, Sōseki si presenta al lettore come una figura di riferimento nel contesto di forte cambiamento politico, storico e culturale del Giappone, parlando di ansia, di curiosità, della difficoltà di pensare liberamente e della storia stessa, affermando sempre la sua libertà di intellettuale.

La nevrosi di Sōseki è spesso assimilata a un senso di inferiorità, in particolare alla “sindrome dell’impostore”. L’espressione “sindrome dell’impostore”, utilizzata per la prima volta dalle psicologhe Pauline Clance e Suzanne Imes alla fine degli anni Settanta, si riferisce alla percezione di un’esperienza interna molto specifica. Chi ne soffre è convinto di non meritare il successo personale che ha raggiunto, crede di non avere le competenze, le conoscenze e le capacità per giustificare i risultati ottenuti e attribuisce tutto ciò che ha ottenuto a fattori esterni, ad esempio alla fortuna. Quando Sōseki viene elogiato dai suoi insegnanti per le sue capacità e la sua conoscenza della letteratura inglese, spesso tende a sminuirsi e a non pensare di essere abbastanza bravo, evocando proprio i sintomi della sindrome.

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Fonte immagine in evidenza: Wikipedia

A proposito di Martina Barone

Laureata in Lingue e Culture Comparate presso l'Università degli Studi di Napoli L'Orientale. Appassionata di cultura giapponese, letteratura, arte, teatro e cinematografia.

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