Ohaguro: la tradizione giapponese della tintura dei denti

Ohaguro

Ogni cultura segue uno specifico canone di bellezza; per molte civiltà occidentali i denti bianchi e brillanti sono simbolo di bellezza e igiene mentre nella cultura orientale, e specialmente nel Giappone medievale, erano i denti dipinti di nero a rappresentare salute, bellezza e nobiltà. L’abitudine da parte delle donne e dei samurai giapponesi di tingere di denti di nero è chiamata Ohaguro. 

Origine dell’Ohaguro

La tradizione dell’Ohaguro nasce ufficialmente in Giappone durante il periodo medievale ma le prime testimonianze di questa pratica sono rintracciabili già nell’epoca Kofun (250-538). Il periodo di maggior diffusione del fenomeno, però, fu sicuramente l’epoca Heian (794-1185) ovvero uno dei periodi storici più floridi e maestosi del Giappone medievale. L’Ohaguro nasce come un’usanza esclusiva della nobiltà e in particolare delle donne; quest’ultime usavano tingere i denti di nero per distinguersi dalla popolazione comune oltre che per proteggere i denti dalle carie. Il primo approccio nei confronti di questa pratica avveniva in seguito alla celebrazione del kanetsuke, ovvero il raggiungimento della maggiore età, per poi essere messo in atto per il resto della vita quotidianamente. La miscela di colore nero che veniva cosparsa sui denti era chiamata Kanemizu ed era ottenuta tramite l’unione di acetato ferrico e limatura di ferro, mischiati ad aceto o sake, tè nero, spezie o caramello (utilizzate per addolcire il terribile sapore) e una pappa di riso contente tannini vegetali con cui si realizzava il pigmento nero. L’Ohaguro veniva poi associato all’utilizzo della cipria per il viso bianca in modo tale che si creasse un contrasto tra il biancore della pelle e il nero dei denti. Questa tradizione cominciò a cadere in disuso a partire dal periodo Meiji, durante il quale si diffuse anche tra la popolazione rurale ma limitatamente alle occasioni di particolari ricorrenze, per poi tornare, durante il periodo Edo, una prerogativa unica della famiglia imperiale e degli aristocratici. La sua scomparsa definitiva, invece, avvenne il 1912, anno a partire dal quale il mito della dentatura bianca e splendente contagiò anche il Giappone. Al giorno d’oggi gli unici luoghi nei quali è possibile vedere l’Ohaguro sono:

  1. Rappresentazioni teatrali di drammi No
  2. Hanamachi
  3. Matsturi

La scelta del colore nero

Nella parola Ohaguro, “Guro” rappresenta la distorsione del termine giapponese 黒 (Kuro) che significa “Nero”. Il colore nero, in quanto unico colore a non poter essere tinto da altri colori, era considerato simbolo di dignità, forza e lealtà e per questo era molto apprezzato dai samurai. Inoltre venne scelto anche per il suo forte impatto visivo; l’uniformità dell’incarnato e il nero della dentatura rendevano ben distinguibili le caratteristiche nobiliari e permettevano di rendere i volti il quanto più statici e inespressivi possibile. Questo contrasto rendeva impossibile notare le imperfezioni del viso, le espressioni facciali e i cambiamenti di umore e per questo, oltre che le donne nobili, lo utilizzavano anche politici e samurai. L’associazione dell’Ohaguro con la bellezza femminile, invece, probabilmente prende spunto dalla passione giapponese per gli oggetti laccati. In Giappone si diffuse per la prima volta la laccatura di oggetti e mobili che generalmente venivano laccati di colore nero. L’estrema bellezza di queste opere ha probabilmente fatto nascere tra la popolazione giapponese l’idea secondo la quale il colore nero fosse sinonimo di bellezza. 

La leggenda dell’Ohaguro Bettai

La tradizione dell’Ohaguro è fortemente legata anche a una figura tradizionale di uno yokai il cui nome è Ohaguro Bettai. Questo spirito ingannevole ha apparentemente le sembianze di una bellissima donna vestita con un kimono da sposa e per questo attira con il suo fascino molti uomini. Spesso questi ultimi sono attratti da lei solo scorgendola da lontano e quasi sempre di spalle come se fosse una sposa in attesa del suo promesso. Lei nasconde sempre il suo volto in modo pudico fin quando, ormai vicina alla sua “Preda”, si rivela. Il suo viso è deformato e primo di espressione, completamente coperto da uno spesso strato di trucco e cipria bianca sulla quale spicca unicamente una grande bocca dai denti anneriti. La bruttezza della donna e la sua inquietante risata terrorizzano così tutti gli uomini che cadono nel suo tranello che da quel momento sono destinati a essere perseguitati tutte le notti. Il personaggio dell’Ogahuro Bettai è spesso rappresentato nei drammi No e simbolicamente è associato al sentimento del rimpianto, in particolare quello di tutte le donne che si sono tinte i denti di nero e sono state costrette a un destino crudele.  

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Foto in evidenza: Creative Commons

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