Kafū Nagai: il cantore nostalgico della Tokyo perduta
Chi era Kafū Nagai: un esteta tra tradizione e ribellione
Kafū Nagai (1879-1959), pseudonimo di Sōkichi Nagai, viene spesso ricordato come uno scrittore dedito alla rievocazione nostalgica del passato, un cantore malinconico della vecchia Edo che sopravviveva a fatica nella moderna Tōkyō. Sebbene quest’immagine non sia falsa, essa non cattura la sua intera complessità. Kafū nasce in una famiglia benestante e di alto livello culturale. Il padre, un importante funzionario, era una figura cosmopolita ma al tempo stesso fedele ai rigidi principi confuciani. Questa figura paterna così ingombrante fu un catalizzatore per lo spirito ribelle di Kafū, poco propenso a rispettare le regole. Nonostante fosse un avido lettore, studiava poco, tanto da essere espulso dall’università. La sua vera passione era la letteratura, che preferiva coltivare autonomamente, e una vita dedita ai piaceri dei quartieri del divertimento. Fu lo scrittore Hirotsu Ryūrō a prenderlo sotto la sua ala, leggendo i suoi primi racconti e incoraggiandolo a proseguire.
Gli esordi letterari e l’influenza francese di Kafū Nagai
Nei primi anni del Novecento, Kafū Nagai subì la potente influenza della letteratura francese, in particolare del naturalismo di Émile Zola. È interessante notare come, pur essendone affascinato, Kafū non divenne mai uno scrittore naturalista, anzi, arrivò a fondare una rivista anti-naturalista. La sua cultura era vasta: lesse scrittori russi come Gor’kij e scoprì Nietzsche. Tuttavia, fu la Francia a diventare la sua ossessione, una forma di adorazione che in Giappone veniva definita フランスのあこがれ (Furansu no akogare). Le sue prime opere importanti, Yashin e Jigoku no hana (un titolo che riecheggia Les Fleurs du mal di Baudelaire), mostrano chiaramente questa influenza. Il padre, temendo che in Francia avrebbe condotto una vita dissoluta, lo mandò a lavorare in banca negli Stati Uniti, sperando di “raddrizzarlo”. Kafū, invece, continuò la sua vita da libertino anche lì. Riuscì finalmente a coronare il suo sogno e a trasferirsi a Lione, ma l’esperienza fu deludente: il lavoro in banca lo allontanava dalla vita bohémien che sognava. Quando fu costretto a tornare in Giappone nel 1908, non provò particolare tristezza.
Il ritorno in Giappone: la riscoperta di Edo e le opere di Kafū Nagai
Paradossalmente, fu proprio il ritorno in patria a segnare l’inizio della sua fase creativa più importante. L’esperienza all’estero gli permise di guardare il suo paese con occhi nuovi, riscoprendo il fascino decadente della tradizione giapponese che stava scomparendo sotto i colpi della modernizzazione.
Amerika monogatari e Furansu monogatari: il diario di un esteta
Appena rientrato, Kafū pubblicò due raccolte di racconti: アメリカ物語 (Amerika monogatari, 1908) e フランス物語 (Furansu monogatari, 1909). La prima era una raccolta di storie ambientate negli Stati Uniti, la seconda un insieme di racconti ispirati alla Francia. Entrambe le opere di Kafū Nagai ebbero un enorme successo, ma la seconda fu quasi subito ritirata per censura a causa dei suoi contenuti ritenuti immorali, così come il suo racconto Kanraku (Piacere).
Sumidagawa e Bokutō kitan: la celebrazione della vecchia Tokyo
Da questo momento in poi, Kafū Nagai divenne il cronista della Edo che sopravviveva nella moderna Tōkyō. Iniziò a esplorare i quartieri meno toccati dal progresso, celebrandone la bellezza malinconica. Un suo capolavoro di questo periodo è 隅田川 (Sumidagawa, 1909). Pubblicato quasi in contemporanea a Furansu Monogatari, questo racconto riporta il lettore nel cuore della vecchia Tōkyō, lungo le rive del fiume Sumida. Altre opere, come Bokutō kitan (Una strana storia al di là del Sumida), continuarono a esplorare questo mondo di geishe, teatri e piaceri effimeri, un mondo che stava svanendo ma che proprio nella sua fase finale esprimeva tutto il suo fascino.
Lo stile e l’eredità di Kafū Nagai: lo scrittore “frivolo”
Kafū Nagai è stato a lungo considerato una figura eccentrica, quasi un autore minore a causa dei temi trattati e del suo stile di vita. Lui stesso si definì uno scrittore di genere frivolo. Tuttavia, i suoi racconti sono incantevoli, capaci di trasportare il lettore in un’atmosfera unica. I critici oggi riconoscono la raffinatezza del suo stile e la complessità delle sue opere. Non era solo un nostalgico, ma un acuto osservatore, un flâneur che passeggiava tra le rovine di un’epoca per coglierne l’ultima, struggente bellezza. La sua eredità è quella di un artista che, con una prosa elegante e sensuale, ha saputo immortalare l’anima di una civiltà al crepuscolo.
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