Partito Socialista italiano: dalle origini ai giorni nostri

Partito Socialista italiano: dalle origini ai giorni nostri

Il Partito Socialista Italiano è il più antico ancora in attività, la sua fondazione è avvenuta nel 1892 a Genova per opera di Andrea Costa, Filippo Turati ed Anna Kuliscioff. Il Partito Socialista nasce come espressione della classe lavoratrice, facendosi portavoce delle richieste  dei proletari, per quanto riguarda le condizioni lavorative.

Nelle prime fasi il partito è stato impegnato nelle lotte operaie con scioperi ed agitazioni, culminate nella durissima repressione avvenuta l’8 maggio 1898 a Piazza Duomo (Milano) da parte delle truppe del generale Bava Beccaris. In questa fase tutti i leader del Partito Socialista vengono arrestati, accusati di essere rivoluzionari ed agitatori contro lo Stato. La situazione muta con la nomina di Zanardelli come primo ministro; i capi socialisti vengono scarcerati e possono riprendere la loro opera politica. Negli anni del dominio parlamentare di Giovanni Giolitti il Partito Socialista è relegato all’opposizione, ma sfrutta la sua approvazione tra la classe operaia per ottenere importanti riforme sociali (aumento salariale, età lavorativa minima di 12 anni, concessione di congedi parentali per le donne lavoratrici). Il Partito è attraversato in questo periodo da importanti scontri interni, tra esponenti dell’ala massimalista e dell’ala riformista. I primi (Benito Mussolini e Costantino Lazzari) credono che i tempi siano maturi per la rivoluzione del proletariato, infiammando gli animi e provocando scontri e violenze; mentre i riformisti (Ivanoe Bonomi e Leonida Bissolati) sostengono di poter ottenere più risultati per il proletariato tramite accordi con i partiti maggioritari.

Nel 1912 a Reggio Emilia si tiene un congresso che decide lo schieramento politico del Partito Socialista per quanto riguarda la guerra in Libia. I riformisti sono propensi a supportare l’iniziativa giolittiana, per ottenere il suffragio universale. I massimalisti guidati da Mussolini però hanno la meglio: Bonomi e Bissolati vengono espulsi dal partito e ne fondano un altro di matrice socialista-riformista. Successivamente il Partito Socialista assumerà posizioni neutraliste nel dibattito che avverrà tra il 1914 ed il 1915; questo porterà all’espulsione di Benito Mussolini il quale si è schierato a favore dell’interventismo. Dopo la Prima guerra mondiale i socialisti capeggiano le rivolte del cosiddetto biennio rosso tra il 1919 e il 1920.

1921: scissione comunista

Nel 1921 con Amedeo Bordiga ed Antonio Gramsci avviene la scissione dei comunisti dal partito socialista; lo scopo è quello di conformarsi ai 21 punti dettati da Lenin nell’internazionale comunista. Successivamente, esponenti riformisti del calibro di Turati, Matteotti e Treves, fondano il Partito Socialista Unitario che manterrà la sua identità anche durante il Fascismo, con gruppi clandestini in patria e i suoi capi e dirigenti all’estero.

Esperienza nel CNL

Il Partito Socialista è stato tra i protagonisti del Comitato di Liberazione Nazionale. Esso includeva esponenti molto influenti della Resistenza e della futura politica italiana, come Giuseppe Saragat, Sandro Pertini, Pietro Nenni e Giuliano Vassalli. L’importanza del partito nel CNL si riflette nel risultato elettorale: risulta la seconda forza più votata in Italia nelle elezioni amministrative del 1946.

Anni ’60:  stagione di riforme

Con la crisi del centrismo democristiano il Partito Socialista entra a far parte del governo; comincia la prima esperienza di centrosinistra in Italia. I risultati prodotti da questa esperienza, con esponenti di sinistra, sono notevoli: fondazione dell’Enel nel 1962 e nello stesso anno la riforma della scuola media unica.

Anni ’70: eclissi socialista

Il decennio successivo è segnato dalla lotta dei socialisti e dei comunisti contro le forze democristiane di Amintore Fanfani, per difendere il divorzio dal referendum abrogativo del 1974 e per la conquista sociale dell’aborto nel 1978. Nonostante queste campagne siano risultate vittoriose per i socialisti, questi ultimi politicamente ne escono sconfitti. Il vero protagonista è Enrico Berlinguer col suo Partito Comunista. Quest’ultimo canalizza su di sé i successi delle riforme civili e si discosta dal modello sovietico, preferendo l’eurocomunismo. Riesce a mettere in ombra il Partito Socialista, riducendo di gran lunga la sua influenza politica.

Anni ’80: Bettino Craxi

Tutto cambia con la caduta del governo di unità nazionale sostenuto da comunisti e democristiani con le varie forze di centro. Con i comunisti fuori dal governo, alla D.C. serve un nuovo alleato: lo trova nel Partito Socialista di Craxi. Viene fondata la coalizione del Pentapartito.

Craxi al governo riesce a ridurre l’inflazione che provocava una grave svalutazione della lira ed un eccessivo deficit pubblico per le casse dello Stato. Inoltre riesce a potenziare l’apparato pubblico statale mantenendo una forte industria pubblica, diversamente dalla linea politica di privatizzazione approvata da Reagan e Thatcher. La sua caduta politica segna anche la fine del Partito Socialista come partito della Prima Repubblica.

 Il Partito Socialista oggi

Oggi il Partito Socialista Italiano è un partito minore che per molti anni non ha eletto né senatori né deputati, solamente nel 2013 è riuscito a superare di poco la soglia di sbarramento. Rimane comunque il partito ancora in attività più antico d’Italia. Lontano da quelli che furono i suoi anni d’oro, conserva nel nome e nella volontà le idee socialiste che sono alla base della nostra costituzione. 

Fonte immagine: Wikipedia

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Studentessa di mediazione linguistica e culturale presso l'Università degli studi di Napoli l'Orientale

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