Pittori del 500. Gli artisti italiani più celebri

Pittori del 500

Pittori del 500: un viaggio tra i più celebri artisti italiani.

I secoli che vanno dal XV al XVI hanno rappresentato un enorme spartiacque tra il Medioevo e l’Età Moderna. Non soltanto per eventi storici come la caduta di Costantinopoli o la scoperta dell’America ma anche per un evento di portata culturale come l’Umanesimo il cui inizio coincide con l’attività di Francesco Petrarca e con il suo inedito modo di studiare i classici, gettando uno dei semi fondamentali del Rinascimento: il ruolo centrale dell’uomo, protagonista assoluto della propria vita e quindi il solo e unico plasmatore del proprio destino (e non più predestinato come nel Medioevo). Questa rivoluzionaria visione, che ebbe come culla la Firenze dei Medici, si ripercuote in ogni campo del sapere: nella filosofia con Marsilio Ficino, nella letteratura con Ariosto e Poliziano e soprattutto nell’arte con il contributo di tanti pittori del 500 che ci hanno lasciato opere che hanno affascinato tanto i loro contemporanei quanto le generazioni successive.

Pittori del 500, i più celebri

Sandro Botticelli e la Primavera

Uno dei pittori rinascimentali più importanti è Sandro Botticelli (1445 – 1510). Nato da una famiglia benestante, lavorò dapprima nella bottega di suo fratello orafo e poi in quella del pittore Filippo Lippi, per poi aprire una bottega tutta sua. La Fortezza, il suo primo dipinto commissionatogli da Piero de’ Medici, era ospitata all’interno dell’ex Sala delle Udienze del Tribunale della Mercanzia in Piazza della Signoria e fa parte del ciclo delle sette Virtù commissionate alla bottega di Piero del Pollaiolo. Botticelli rappresenta la Fortezza come una donna seduta su di un trono riccamente decorato, rispetto alle altre sei virtù del Pollaiolo, con un atteggiamento monumentale e quasi scultoreo grazie anche all’uso del chiaroscuro che la risalta. Inoltre l’abito indossato dalla protagonista è caratterizzato dall’uso del panneggio, conferendo a chi lo osserva l’illusione di essere pesante o meno, ma anche di chiedersi se la figura sia seduta o non lo sia.

Famosissime sono invece la Primavera (1482) e la Nascita di Venere (1482 – 1485), che si trovano entrambe nella Galleria degli Uffizi. Per quanto riguarda la Primaverasu cui esistono varie ipotesi riguardo la sua commissione, si tratta di una tela dove sono presenti nove figure della mitologia classica (sei femminili e tre maschili) e va osservata da destra a sinistra: ecco quindi apparire Zefiro, una figura in blu simboleggiante il vento orientale che secondo il mito si innamorò della ninfa Clori. Spaventata la ninfa cerca di sfuggire, ma Zefiro si unisce carnalmente a lei facendola diventare la dea della fioritura Flori, incarnazione della primavera stessa, raffigurata poco più avanti da Botticelli con un un abito tutto ghirlandato e con lo sguardo rivolto all’osservatore. Al centro spicca la figura di una Venere che somiglia più ad una casta Vergine che alla dea dell’amore, sopra la quale svetta il figlio Cupido rappresentato bendato (per indicare la cecità dell’amore) che punta il suo arco sulle tre Grazie, impegnate in una danza, e sul dio Mercurio mentre sfiora una nuvola. Il messaggio principale è ovviamente la celebrazione dell’amore, che nel materiale classico e nella fioritura dei fiori e delle piante trova il suo emblema più adatto. Anche qui sembra prevalere un contrasto tra le ombre, rappresentate dall’enorme varietà di erba che si trova sotto i piedi delle figure, e la luce, che qui è rappresentata dai fiori e dalle figure chiare dei personaggi.

Alla Nascita di Venere accenna per la prima volta il Vasari nelle Vite, dove lo descrive appeso al muro della Villa Medicea di Castello, proprietà dei Medici che lo avrebbero commissionato a Botticelli. Il dipinto, eseguito su tela, raffigura la nascita della figlia di Giove come viene narrata nel mito: nata dalla spuma del mare, Venere viene sospinta da un’enorme conchiglia da Zefiro e Aura, e viene accolta sulla terraferma da (forse) una delle Grazie. Da notare due particolari: il primo è l’atteggiamento pudico con cui Venere si copre le nudità tramite i propri lunghi capelli, che Botticelli riprende dalle raffigurazioni delle statue classiche, mentre il secondo è la presenza di alberi d’arancio che erano un simbolo della famiglia Medici e che rafforzano la teoria del Vasari.

La prospettiva di Piero della Francesca

Piero della Francesca (1416/17 – 1492), nato a Borgo Sansepolcro, dipinge principalmente opere a carattere religioso. Tra le tante se ne possono citare due: la prima è la Resurrezione (tra il 1450 e il 1463), conservata nel Museo civico di Sansepolcro. Vediamo Cristo raffigurato mentre risorge dal Santo Sepolcro, ai cui piedi stanno dormendo quattro guardie. Dietro le sue spalle, invece, si staglia uno scenario naturale a metà strada tra l’inverno e la primavera, quasi a simboleggiare il passaggio dalla morte e dal “sonno” dei soldati alla vita e alla resurrezione del Golgota. L’affresco di Piero della Francesca è però interessante anche per la costruzione prospettica: Cristo è al centro e la sua figura divide in due il già citato paesaggio, nonché forma un vero e proprio triangolo immaginario che ha il proprio vertice nell’aureola e le sue basi nei lati del sarcofago.

Molto più complessa è la costruzione di un’altra celebre opera che ha reso Piero della Francesca uno dei pittori del 500 più celebri: stiamo parlando della Flagellazione di Cristo (1460), conservato alla Galleria Nazionale delle Marche di Urbino. Piero divide la scena in due parti: a sinistra notiamo Cristo che viene flagellato dai soldati romani all’interno di un edificio, mentre a destra troviamo tre persone in primo piano sullo sfondo di una cittadina.

La Flagellazione è un’opera rivoluzionaria per due motivi: il primo è che Piero della Francesca sceglie di rappresentare un soggetto che si trovava soprattutto in cicli pittorici sulla passione di Cristo, ma anche per la cura nei dettagli della rappresentazione. Egli si avvale della legge aurea grazie alla quale le due scene del dipinto sono perfettamente proporzionali. Nonostante la sua importanza, l’opera fu soggetta a dei pessimi restauri e anche a vari furti (l’ultimo avvenuto nel 1975).

 Pittori del 500: Leonardo e Michelangelo

Se però parliamo di pittori del 500, non si può non accennare a Leonardo da Vinci (1452 – 1519). Nato ad Anchiano, figlio illegittimo del notaio Ser Piero da Vinci, Leonardo crebbe a contatto con i nonni paterni dove ebbe una formazione da autodidatta. A sedici anni si trasferisce a Firenze dove il padre lo mette a lavorare nella bottega del Verrocchio. Nel 1481 gli viene commissionata per la chiesa di San Giovanni a Scopeto L’adorazione dei Magiopera in cui viene raffigurato il momento esatto dell’epifania, quello in cui Cristo bambino rivela la propria natura divina con sorpresa degli astanti che vengono raffigurati con aria smarrita e confusa. L’opera, oggi esposta agli Uffizi, è rimasta incompiuta in quanto Leonardo partì per Milano nel 1482 dove venne accolto da Ludovico Sforza. Tra le opere dipinte nel capoluogo lombardo la più importante è senza dubbio l’Ultima Cena (1494 – 1498), conservata nel santuario di Santa Maria delle Grazie. Leonardo descrive l’episodio narrato nel Vangelo di Giovanni (13, 21-26) in cui Cristo annuncia ai discepoli che uno di loro lo tradirà. L’opera colpisce anzitutto per il modo in cui l’artista mostra i moti dell’animo degli apostoli (alcuni che discutono tra di loro, altri che restano sorpresi), ma anche per la tecnica usata per dipingere l’opera: la tempera grassa, una miscela di uova, caseina e altre sostanze organiche volte a dare compostezza alle figure. Una tecnica che tuttavia ha mostrato i suoi lati negativi nel corso del tempo, dato che l’Ultima Cena è stata soggetta all’incuria del tempo alla quale però si sono contrapposti i molti restauri.

L’ultimo tra i pittori del 500 che non possiamo non citare è Michelangelo Buonarroti (1475 – 1564). Dopo gli studi umanistici Michelangelo lavora nella bottega del Ghirlandaio, il quale rimane stupito dai suoi disegni. In realtà egli viene ricordato principalmente per le sue sculture: Il classicheggiante Bacco del 1496 – 1497, la Pietà del 1498-1499, il celeberrimo David del 1504 e il Mosè del 1542.

Tuttavia Michelangelo è noto per aver contribuito alla decorazione della Cappella Sistina di Roma. Per la precisione egli dipinge la volta della Cappella (1508 -1512), una vera e propria impresa titanica che Michelangelo fece in solitaria e su cui spicca il celebre affresco della Creazione di Adamo, facente parte delle storie della Genesi in cui i personaggi vengono rappresentati dall’artista con una tridimensionalità tale da farli uscire fuori dalle pareti. Ma è celebre anche nella stessa Cappella il Giudizio Universale (1535 – 1541), una decorazione destinata all’altare della stessa. Anche questa un’opera immensa in cui domina al centro Cristo tornato sulla Terra per giudicare gli uomini in quella che è la parusia (la fine dei tempi e l’inizio del regno di Dio). La scena è divisa in due parti: a sinistra i corpi degli uomini giusti ritornano in vita per essere assunti nel Regno dei Cieli, mentre a destra quelli dei dannati vengono trascinati all’Inferno dai diavoli e da demoni presi direttamente dall’immaginario della Commedia di Dante (spiccano infatti Caronte e Minosse). Tra le tante figure bibliche dell’affresco troviamo Adamo ripiegato su se stesso che si copre gli occhi in segno di orrore, San Bartolomeo martire che regge la propria pelle (richiamo al martirio, ma forse anche un autoritratto dello stesso Michelangelo), San Pietro con le chiavi del Paradiso pronte per essere restituite a Cristo e la vergine Maria che sta accanto al figlio, ritratto in una posa quasi atletica e fiera, con un atteggiamento timoroso e consapevole del fatto che il giudizio sulle anime degli uomini sia pressoché nullo.

Insomma, un’opera monumentale e davvero impressionante se si pensa che è stata fatta da un uomo che non ha mai considerato la pittura il proprio principale veicolo di espressione rispetto a quanto faceva con la scultura, ma che rende Michelangelo uno dei pittori del 500 più celebri.

Ciro Gianluigi Barbato

Fonte immagine copertina: https://anto291.wordpress.com/2009/09/28/musei-vaticani/

A proposito di Ciro Gianluigi Barbato

Classe 1991, diploma di liceo classico, laurea triennale in lettere moderne e magistrale in filologia moderna. Ha scritto per "Il Ritaglio" e "La Cooltura" e da cinque anni scrive per "Eroica". Ama la letteratura, il cinema, l'arte, la musica, il teatro, i fumetti e le serie tv in ogni loro forma, accademica e nerd/pop. Si dice che preferisca dire ciò che pensa con la scrittura in luogo della voce, ma non si hanno prove a riguardo.

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