Tatuaggio sul posto di lavoro: cosa dice la legge e i limiti

Il tatuaggio sul posto di lavoro: ancora un tabù?

Per la stragrande maggioranza della popolazione mondiale, il tatuaggio ha smesso di essere un mero capriccio adolescenziale e ha assunto un significato ben più grande. I tatuaggi, dalle forme e dimensioni più variegate, assumono tanti ruoli: ci ricordano un evento, una persona importante o una passione. In sintesi, i tatuaggi ci dicono chi siamo. Il loro significato si apre a molte più interpretazioni di quanto si possa credere, eppure in una società che cerca di modernizzarsi, il pregiudizio è ancora presente, soprattutto se parliamo della complessa relazione tra mondo del lavoro e corpo tatuato.

Tatuaggi e lavoro: cosa dice la legge in Italia?

La domanda sorge spontanea: un tatuaggio può essere criterio di valutazione per un’assunzione? Legalmente, la risposta è complessa. In Italia non esiste una legge che vieti esplicitamente i tatuaggi sul posto di lavoro. La Costituzione tutela la libertà di espressione e vieta la discriminazione (Art. 3). Tuttavia, questi diritti devono bilanciarsi con la libertà di iniziativa economica privata (Art. 41), che permette all’azienda di proteggere la propria immagine. Un datore di lavoro può quindi imporre un codice di abbigliamento e di aspetto (dress code) se giustificato da reali esigenze aziendali, come il contatto con il pubblico o la necessità di proiettare una specifica immagine di serietà e professionalità.

Restrizioni severe: il caso delle Forze Armate e di Polizia

Tra gli ambiti lavorativi con i regolamenti più severi c’è senza dubbio quello militare e delle forze dell’ordine. Qui il problema non è avere il tatuaggio in sé, ma la sua posizione e il suo significato. I regolamenti dei concorsi pubblici per Esercito, Carabinieri, Polizia di Stato e altre forze vietano tatuaggi che siano:

  • Visibili con l’uniforme: sono proibiti i tatuaggi su parti del corpo che rimangono scoperte indossando la divisa estiva (es. mani, avambracci, collo, viso).
  • Offensivi o inappropriati: sono sempre vietati, a prescindere dalla posizione, i tatuaggi con contenuti osceni, razzisti, violenti o che possano ledere il decoro dell’istituzione.

Tatuaggi nel settore pubblico e privato: le differenze

Al di fuori del contesto militare, la situazione varia molto. Studi confermano che, sebbene ci sia un miglioramento, un velo discriminatorio è ancora presente. È sempre più comune vedere dottori, insegnanti e avvocati con simboli sul corpo, seppur spesso tenuti con discrezione.

  • Nel settore privato: la discrezione è spesso a carico dell’azienda. In contesti formali come quello bancario, legale o della consulenza di alto livello, i tatuaggi visibili possono essere malvisti. Al contrario, in settori creativi, tecnologici o nel commercio al dettaglio, la tolleranza è molto più alta.
  • Nel settore pubblico (es. sanità, istruzione): la regola non scritta è quella del “decoro”. Un tatuaggio non è di per sé un problema, a meno che non sia offensivo o non leda la dignità della professione.

Tolleranza ai tatuaggi: tabella dei settori a confronto

Settori con alte restrizioni Settori con alta tolleranza
Forze Armate e di Polizia Settori creativi (grafica, design, moda)
Magistratura e alta diplomazia Informatica e tecnologia (IT)
Banche e alta finanza (front office) Ristorazione e bar (non di lusso)
Politica e ruoli istituzionali Musica, arte e spettacolo

Come gestire un tatuaggio visibile a un colloquio

È indubbio che sarà più difficile per una persona con un tatuaggio ben visibile passare inosservata durante un colloquio. Prima di tatuarsi bisognerebbe valutare le proprie aspirazioni lavorative. Se il tatuaggio è già presente, ecco alcuni consigli:

  • Informarsi sulla cultura aziendale: prima del colloquio, cercare di capire qual è il dress code e l’ambiente dell’azienda.
  • In dubbio, coprire: se si ha il dubbio che il tatuaggio possa essere un problema, la scelta più sicura è coprirlo con l’abbigliamento per il primo incontro.
  • Essere pronti a parlarne: se il tatuaggio è visibile e l’intervistatore lo nota, essere pronti a spiegarne il significato con professionalità, se richiesto.

L’emancipazione culturale è possibile, ma richiede tempo. La speranza è che negli anni il tatuaggio non sia più visto come un tabù, ma come una forma di espressione personale che non pregiudica la competenza professionale.

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Fonte immagine per l’articolo “tatuaggio sul posto di lavoro”: pexels.com
Articolo aggiornato il: 23/08/2025

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A proposito di Martina Calia

Classe 1997, laureata in Mediazione Linguistica e Culturale e attualmente specializzanda in Lingue e Letterature europee e americane presso L'Orientale di Napoli. Lettrice accanita di romance in ogni sua forma, che a tempo perso, si cimenta nella scrittura creativa sia in italiano, ma soprattutto in inglese.

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