Spesso si usano termini come zingari o gitani in modo improprio, talvolta accomunando queste popolazioni con i romeni, che non hanno alcun legame etnico con loro. Ma chi sono i popoli romaní, e perché oggi subiscono un forte stigma da parte di altri gruppi?
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Dall’India all’Europa: la storia dei popoli romaní
La storia della diaspora dei popoli romaní inizia molto tempo fa, nel XI secolo, quando furono costretti a lasciare la loro regione d’origine, situata tra l’India e il Pakistan odierni. La loro tratta dal Subcontinente indiano verso l’Europa passò con molta probabilità dall’Armenia e dall’attuale Turchia. In Europa giunsero tra il XIV e il XV secolo dalla penisola balcanica. La loro vita, originariamente nomade, e le loro abitudini hanno contribuito a creare un alone leggendario attorno a questi popoli, rendendo difficile risalire alla realtà dei fatti. L’etimologia stessa del nome zingari, con cui si definiscono comunemente ma spesso impropriamente le popolazioni romaní, testimonia questa difficoltà. In passato si credette che appartenessero alla setta degli athinganoi (da cui deriverebbe il termine), popolo dell’Asia Minore. Anche il termine bohémiens nasce da un fraintendimento: in Francia si pensava provenissero dalla Boemia. Il nome gitani lega questi gruppi all’Egitto, che però non ha nulla a che vedere con il loro paese d’origine.
Chi sono i popoli romaní: rom, sinti e le differenze
Il termine popoli romaní è il termine corretto e ufficiale, come indicato da istituzioni come il Consiglio d’Europa, per riferirsi a un insieme eterogeneo di gruppi con una comune origine indiana. I due principali gruppi presenti in Italia sono i Rom e i Sinti. Sebbene spesso confusi, presentano differenze significative legate principalmente al loro percorso migratorio e alla loro presenza storica sul territorio.
Gruppo | Caratteristiche e differenze principali |
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Sinti | Presenti in Italia da oltre sei secoli, sono prevalentemente stanziati nelle regioni del nord. Sono a tutti gli effetti cittadini italiani. |
Rom | Giunti in Italia più di recente, soprattutto dai Balcani a seguito delle guerre jugoslave. Sono stanziati perlopiù nel centro e sud Italia. |
Altri gruppi romaní in Europa includono i Kalé (in Spagna, famosi per il loro contributo al flamenco) e i Manouches (in Francia e Belgio). È fondamentale capire che il termine “zingaro” è spesso percepito come dispregiativo perché legato a secoli di stereotipi e persecuzioni, come sottolineato anche nella Strategia Nazionale d’Inclusione del governo italiano.
Stereotipi e persecuzioni: il Porrajmos
Nella memoria collettiva, questa moltitudine eterogenea di popoli è associata a vari stereotipi. Il forte stigma li colpisce ancora oggi: nel corso della loro storia hanno subito tante persecuzioni e sono stati quasi sempre visti con sospetto e allontanati. L’episodio più tragico della storia recente è il Porrajmos (in lingua romaní: “grande divoramento”) o Samudaripen (“tutti morti”). Con questi termini si definisce lo sterminio delle popolazioni romaní da parte dei nazisti durante la seconda guerra mondiale, in cui morirono circa 500.000 persone, soprattutto dall’Europa centrale.
Gli stereotipi non sono però soltanto negativi. Spesso si associa al loro stile di vita il concetto di libertà. Essere nomadi era sinonimo di vita libera e senza regole. Ciò avveniva soprattutto in passato; oggi la maggior parte delle comunità romaní è sedentaria.
Cultura, lingua e tradizioni
Tutti i gruppi romaní condividono un’origine linguistica comune: il Romanes, una lingua di derivazione sanscrita con innumerevoli varianti dialettali. La loro cultura è immensa, così come grande è la loro storia. La musica, in particolare, è un elemento centrale, spesso toccante e con un pizzico di malinconia. Esemplare è il contributo dei gitani di Andalusia nella creazione della forma di danza e musica spagnola più famosa al mondo: il flamenco.
Articolo aggiornato il: 14/09/2025