Protocollo di Kyoto: cosa prevede e perché

Protocollo di Kyoto: cosa prevede e perché

Protocollo di Kyoto: effetti e obiettivi ambientali

Il Protocollo di Kyoto è un accordo internazionale ideato per contrastare il cambiamento climatico, la cui causa è stata completamente attribuita all’operato umano. L’iniziativa si inserisce all’interno di uno sforzo globale volto a ridurre le emissioni di gas serra e a promuovere una maggiore sostenibilità ambientale, in risposta agli effetti devastanti dell’inquinamento e del riscaldamento globale.

Cos’è il Protocollo di Kyoto?

Il trattato climatico fu stipulato nel dicembre 1997, durante la Conferenza delle parti di Kyoto (CO3), ma entrò effettivamente in vigore solo il 16 febbraio 2005, in seguito alla ratifica del protocollo da parte della Russia. La creazione del Protocollo di Kyoto ha rappresentato un passo importante nella lotta contro il cambiamento climatico, stabilendo un quadro globale per la riduzione delle emissioni.

Origini e ragioni di un accordo internazionale

Affinché il Protocollo di Kyoto prendesse forma, era necessario che fosse ratificato da almeno 55 paesi, e che questi fossero responsabili almeno del 55% delle emissioni di gas serra globali. Il trattato rifletteva una crescente consapevolezza delle conseguenze ambientali delle attività umane e la necessità di azioni coordinate per ridurre il nostro impatto sul pianeta. Senza dubbio, il Protocollo di Kyoto ha segnato un momento storico nella lotta globale per la sostenibilità e la protezione ambientale.

Obiettivi del Protocollo di Kyoto

Il Protocollo di Kyoto impegnava i Paesi partecipanti a ridurre significativamente le proprie emissioni di gas ad effetto serra, anche conosciuti come gas climalternati, che contribuiscono al surriscaldamento del clima terrestre rispetto ai livelli di emissione della baseline del 1990. Chiaramente, le percentuali di riduzione richieste variano da Stato a Stato, in base al proprio quantitativo di emissioni storiche e attuali.

Impegni dei Paesi partecipanti

Per raggiungere questi obiettivi, i Paesi sono tenuti a realizzare un sistema nazionale di monitoraggio delle emissioni di gas a effetto serra, da aggiornare annualmente, definendo anche le misure adottate per la riduzione delle stesse. L’impatto di questi obiettivi ha varcato i confini nazionali, influenzando le politiche energetiche e ambientali di tutte le nazioni coinvolte.

Gas serra e loro impatto ambientale

  • CO2: comunemente conosciuta come anidride carbonica, è prodotta dalla combustione di combustibili fossili in tutte le attività industriali ed energetiche;
  • CH4 (metano): prodotto dalle discariche dei rifiuti, dagli allevamenti e dalle coltivazioni di riso;
  • N2O (protossido di azoto): prodotto nel settore agricolo e delle industrie chimiche;
  • HFC (idrofluorocarburi), PFC (perfluorocarburi) e SF6 (esafluoruro di zolfo), impiegati nelle industrie manifatturiere e chimiche.

Ciascuno di questi gas ha il proprio Global Warming Potential (GWP), che corrisponde alla sua capacità di intrappolare calore in relazione a quella della CO2 (posta come 1) lungo un intervallo temporale di circa 100 anni. Tendenzialmente, tutti gli altri gas hanno un GWP superiore a quello della CO2, ma ad oggi risulta essere ancora l’anidride carbonica il gas serra più pericoloso e abbondante nel nostro ambiente.

Il Global Warming Potential (GWP)

Quando si parla degli obiettivi di riduzione delle emissioni, si fa riferimento a valori riportati in termini di CO2eq (CO2 equivalente): tale unità di misura considera la somma ponderata di tutti e sei i gas serra oggetto del Protocollo di Kyoto. Questa classificazione è fondamentale per comprendere l’impatto complessivo delle diverse emissioni sul cambiamento climatico.

Risultati e sfide del Protocollo di Kyoto

Il Protocollo di Kyoto ha terminato la sua validità il 31 dicembre 2012 e prevedeva una riduzione emissiva per gli Stati pari al -5% da conseguire entro la scadenza del 2012. Alcuni stati avevano raggiunto il proprio obiettivo già nel 2009, dimostrando che non si trattasse di obiettivi irraggiungibili e che la strada giusta fosse l’investimento nell’economia low carbon, utile per favorire uno sviluppo sostenibile e mitigare gli effetti negativi del cambiamento climatico.

Efficacia nella riduzione delle emissioni

L’Italia, in particolare, aveva sottoscritto un obiettivo di riduzione emissiva del -6,5%, ma la risposta alla richiesta internazionale è stata insufficiente. La risposta al Protocollo è stata una sfida per molte nazioni, e la domanda che rimane è: l’Italia è riuscita a rispettare i propri impegni? La risposta, purtroppo, è no, non ci è riuscita.

La situazione dell’Italia

Considerando soltanto gli obiettivi stabiliti dal Protocollo di Kyoto, la media di riduzione delle emissioni nel periodo 2008-2012 equivale a circa il -4,6%. Questa mancanza di risultati tangibili mostra quanto possa essere difficile raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni e solleva domande sul futuro della cooperazione internazionale per affrontare la crisi ambientale. Si rendono necessari sforzi significativi per garantire che le politiche adottate siano efficaci e conducenti a risultati concreti che abbiano un impatto positivo sul cambiamento climatico.

Prospettive future e cambiamenti climatici

Oltre a suggerire la riduzione emissiva, il Protocollo di Kyoto aveva indicato tra le altre soluzioni per la mitigazione climatica anche l’attività di promozione dell’assorbimento forestale compensativo di CO2: le superfici forestali operano un’azione di assorbimento del carbonio, dando così un importante contributo alla lotta contro le emissioni di gas serra. Le foreste, dunque, non sono solo una risorsa naturale, ma strumenti fondamentali per la salubrità del nostro pianeta e per la riduzione del riscaldamento globale.

Fonte immagine in evidenza: Wikipedia

 

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