René Magritte: i suoi cinque quadri più famosi

René Magritte: i suoi cinque quadri più famosi

René Magritte è uno dei maggiori esponenti della corrente pittorica del Surrealismo. Quest’ultimo si annovera tra le ultime Avanguardie a cavallo tra i due conflitti mondiali e come tale si ripropone di scardinare l’arte da quelle convenzioni borghesi date per assolute. Qui di seguito, si parlerà delle intenzioni che fondano il Surrealismo e si racconterà di René Magritte, uno degli artisti più riconosciuti, citandone cinque quadri tra i suoi molteplici capolavori.

Il Surrealismo e René Magritte

Riprendendo una lezione cara anche al Dadaismo, il Surrealismo provvede a un lavoro di costante rovesciamento della realtà. È introdotta però una nuova dimensione soggettiva: il Surrealismo filtra i temi della realtà attraverso la lente dell’inconscio. Perciò, i quadri surrealisti si addentrano in mondi onirici, raccontano di sogni e aprono squarci che traducono le profondità della mente umana.

René Magritte è uno degli artisti più apprezzati del Surrealismo. Egli nasce a Lessines nel 1898. La sua vita fu segnata dal suicidio della madre, annegata nel fiume Sambre. Questo trauma è considerato da molti critici una chiave di lettura per il ricorrente motivo dei volti coperti, come si vedrà ne *Gli amanti*. Dopo aver fatto suoi alcuni elementi della pittura Metafisica, René Magritte li traspone nella sfera dell’inconscio. I suoi quadri, pertanto, mettono in discussione il rapporto convenzionale tra linguaggio e realtà, creando fusioni strane e inquietanti.

Cinque quadri famosi dell’artista surrealista

Opera iconica Luogo di conservazione
Gli amanti (1928) MoMA, New York
L’uso della parola (1928-29) LACMA, Los Angeles
La riproduzione vietata (1937) Museo Boijmans Van Beuningen, Rotterdam
L’impero delle luci (1954) Collezione Peggy Guggenheim, Venezia
Télescope (1963) The Menil Collection, Houston

1. Gli amanti (1928)

In un mondo che si regge su convenzioni, è possibile l’amore? René Magritte sembra partire da questa domanda. L’artista realizza la rappresentazione dell’impossibilità dell’amore con un linguaggio paradossale e misterioso: i due amanti sono nascosti da un velo bianco, impossibilitati a riconoscersi e a baciarsi. Come si può vedere sul sito del MoMA, il dipinto pare ispirarsi a Ettore e Andromaca di De Chirico, dove i due amanti tendono a un abbraccio non realizzabile.

2. L’uso della parola (Il tradimento delle immagini) (1928-29)

Una pipa e una frase che contesta che quella sia una pipa (“Ceci n’est pas une pipe”). Il lavoro di decostruzione della realtà di Magritte si sviluppa su tre piani: l’oggetto reale, la sua rappresentazione e la sua citazione verbale. L’opera, conservata al LACMA, mette in discussione la natura stessa della rappresentazione: quella che vediamo non è una vera pipa, ma solo la sua immagine. René Magritte va così a intaccare quelle convenzioni che non colgono il senso profondo della vita.

3. La riproduzione vietata (Ritratto di Edward James) (1937)

Qui René Magritte raffigura un individuo di spalle di cui dovremmo vedere il riflesso del volto allo specchio, ma invece vediamo riflesse soltanto le spalle e la nuca. L’artista dipinge secondo la riconoscibilità, ma rende i legami tra gli elementi del tutto impenetrabili, secondo il principio che il senso della vita è imperscrutabile. In questo caso, rappresenta il mistero dell’identità individuale, tematizzando la difficoltà di riconoscersi.

4. L’impero delle luci (1954)

Il Surrealismo di René Magritte crea relazioni inaspettate. In questo caso, si sfiorano i limiti del paradosso: una casa immersa nell’oscurità notturna, ma sovrastata da un cielo azzurro diurno. Qui il tempo diventa un’incognita, è giorno o è notte? Chi può stabilirlo? La reazione dello spettatore è di stupore e sgomento davanti all’ironia paradossale del quadro.

5. Télescope (1963)

Nell’opera Télescope, l’artista riflette sulla rappresentazione svuotandola dei significati dati per veri: una finestra semiaperta da un lato riflette sul vetro un paesaggio celeste, ma all’interno lascia intravedere l’oscurità totale. Quel mondo creato pieno di regole viene messo in discussione da Magritte, è svuotato di senso mettendone in vista la scarsità di contenuti autentici.

Immagine di copertina: Pixabay  

Articolo aggiornato il: 07/09/2025

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A proposito di Francesca Hasson

Francesca Hasson è giornalista pubblicista, iscritta all’Albo dal 2023. Appassionata di cultura in tutte le sue declinazioni, unisce alla formazione umanistica una visione critica e sensibile della realtà artistica contemporanea. Dopo avere intrapreso gli studi in Letteratura Classica, avvia un percorso accademico presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II e consegue innanzitutto il titolo di laurea triennale in Lettere Moderne, con una tesi compilativa sull’Antigone in Letterature Comparate. Scelta simbolica di una disciplina con cui manifesta un’attenzione peculiare per l’arte, in particolare per il teatro, indagato nelle sue molteplici forme espressive. Prosegue gli studi con la laurea magistrale in Discipline della Musica e dello Spettacolo, discutendo una tesi di ricerca in Storia del Teatro dedicata a Salvatore De Muto, attore tra le ultime defunte testimonianze fondamentali della maschera di Pulcinella nel panorama teatrale partenopeo del Novecento. Durante questi anni di scrittura e di università, riscopre una passione viva per la ricerca e la critica, strumenti che considera non di giudizio definitivo ma di dialogo aperto. Collabora con il giornale online Eroica Fenice e con Quarta Parete, entrambi realtà che le servono da palestra e conoscenza. Inoltre, partecipa alla rivista Drammaturgia per l’Archivio Multimediale AMAtI dell’Università degli studi di Firenze, un progetto per il quale inserisce voci di testimonianze su attori storici e pubblica la propria tesi magistrale di ricerca. Carta e penna in mano, crede fortemente nel valore di questo tramite di smuovere confronti capaci di generare dubbi, stimolare riflessioni e innescare processi di consapevolezza. Un tipo di approccio che alimenta la sua scrittura e il suo sguardo sul mondo e che la orienta in una dimensione catartica di riconoscimento, di identità e di comprensione.

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