Roscigno è un piccolo paese situato in provincia di Salerno. Ad essere più precisi, si trova nel Parco Nazionale del Cilento, alle pendici dei Monti Alburni ed è diviso in due parti: Roscigno Vecchia (centro storico) e Roscigno Nuova. La particolarità di Roscigno Vecchia è quella di trattarsi di un affascinante borgo abbandonato, dove il tempo si è fermato a inizio secolo scorso, quando i suoi abitanti furono costretti a fondare il nuovo paese.
La storia di Roscigno Vecchia fino all’abbandono
Roscigno Vecchia non ha una storia molto diversa dagli altri borghi medievali delle vicinanze. I primi documenti che ne attestano la presenza risalgono già intorno all’anno Mille.
Il paese è stato a lungo un possedimento del limitrofo comune di Corleto Monforte, da cui ha ottenuto l’autonomia nel XVI secolo. Infatti, i primi abitanti provenivano da Corleto e si trattava, principalmente, di pastori e allevatori di bestiame stanchi di percorrere quotidianamente la strada verso il proprio comune. Qui fondarono il primo nucleo abitativo, nei pressi di un monastero benedettino.
Roscigno Vecchia, però, sorgeva su un terreno argilloso, a forte rischio idrogeologico; di conseguenza, il paese è stato ricostruito più volte a causa di frane che provocavano crolli consistenti nell’abitato. Nel 1902 e nel 1908, due ordinanze del Genio civile costrinsero gli abitanti a lasciare il vecchio borgo.
Essi si spostarono in un’altra zona, distante circa 2 km, fondando l’attuale Roscigno Nuova. Il passaggio nel nuovo paese fu molto lento, poiché Roscigno era un borgo rurale e gli abitanti non potevano permettersi la costruzione di nuove case. Di conseguenza, molti abitanti dovettero emigrare all’estero, soprattutto in America.
L’evacuazione vera e propria del paese ci fu solo negli anni ’60 del secolo scorso, quando i rischi dovuti alle frane divennero sempre più evidenti. Inoltre, gli emigrati iniziarono ad inviare denaro ai propri parenti affinché iniziassero a costruire le nuove abitazioni. Ciononostante, alcuni abitanti decisero di restare a Roscigno Vecchia, non volendo abbandonare il loro luogo di nascita, continuando a dedicarsi ai lavori di campagna e vivendo una vita semplice, seguendo le orme dei propri antenati.
Un esempio di resilienza è la signora Dorina, che ha vissuto da sola a Roscigno Vecchia fino alla sua morte, avvenuta nel 2000 a 85 anni. Il suo esempio è stato, poi, seguito da Giuseppe Spagnuolo (deceduto a gennaio del 2024); a differenza di Dorina, Giuseppe è nato a Roscigno Nuova e, dopo varie peripezie, si è trasferito a Roscigno Vecchia nel 2001 diventandone l’ultimo abitante, anche se amava definirsi “il primo del nuovo millennio”. Giuseppe Spagnuolo riceveva continuamente visite di turisti, ai quali concedeva di farsi fotografare con lui e raccontava loro la storia del paese.
Roscigno Vecchia patrimonio dell’umanità
Nel 1998, il borgo fantasma di Roscigno Vecchia è diventato patrimonio dell’UNESCO. I primi turisti vi sono giunti già dagli anni ’80, quando nacque il Museo della Civiltà Contadina, primo del suo genere in Campania: vi sono esposti utensili legati alle attività contadine tipiche del paese, dalla produzione del vino e dell’olio fino a quella dei prodotti caseari.
Roscigno Vecchia è stata scelta come set cinematografico per film come Cavalli si nasce di Sergio Staino e Noi credevamo di Mario Martone, entrambi ambientati nell’epoca risorgimentale. Tra l’altro, anche Roscigno, come altri comuni cilentani, è stata luogo di rivolte di briganti durante il Risorgimento.
Il borgo di Roscigno Vecchia è un museo a cielo aperto e i suoi gruppi di case, divise in base ai mestieri dei proprietari, ricordano un presepe: non a caso, qualche volta vi ha avuto luogo la rappresentazione del presepe vivente, scelta ideale per un luogo dove il tempo si è fermato e nel quale l’abbandono è riuscito ugualmente a regalare un notevole fascino.
Nonostante molte abitazioni siano state infestate quasi completamente dai rovi e il cui accesso sia ormai impossibile anche a causa dei crolli in costante aumento, Roscigno Vecchia continua ad attirare turisti da ogni dove.
Una delle tante case abbandonate è stata ristrutturata e attualmente rappresenta un modello di quella che era la casa tipica dei contadini del Cilento interno. Il piano terra spesso ospitava le stalle e la cantina, il primo piano aveva una piccola cucina e la camera da letto, mentre la soffitta era usata per essiccare o stagionare alimenti come, ad esempio, i salumi e i formaggi.
Nell’ampia piazza centrale, piazza Giovanni Nicotera, si erge la chiesa seicentesca di San Nicola di Bari: l’accesso al luogo di culto è vietato per il pericolo di cedimenti però, attraverso una fessura del portone, si possono intravedere delle tavole dipinte ancora ben conservate. Inoltre, sempre nella medesima piazza, è presente una caratteristica fontana circolare con un abbeveratoio.
È proprio la fontana che permette che il borgo non venga mai del tutto abbandonato dai cittadini locali; infatti, numerosi pastori locali di ritorno dai pascoli vi si recano per far abbeverare il bestiame. Oltretutto, alcuni hanno trasformato delle case in stalle o in depositi per gli attrezzi agricoli, facendo sì che il borgo continui a essere vissuto.
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