Ryūnosuke Akutagawa: Jigokuhen e l’oscurità critica dell’autore

Akutagawa

Ryūnosuke Akutagawa è tra gli scrittori giapponesi più famosi al mondo. L’autore il cui nome è stato impiegato per nominare addirittura un premio, uno dei premi letterari più importanti in Giappone: per l’appunto il premio Akutagawa

La vita di Ryūnosuke Akutagawa

L’infanzia di Akutagawa è caratterizzata da una serie di episodi sgradevoli non indifferenti: la madre, già alla sua nascita, aveva mostrato segni di squilibrio mentale, motivo per cui venne affidato agli zii e dunque non gli fu possibile vivere con i propri genitori. La casa che lo ha accolto era fornita di una biblioteca molto grande che gli permise fin da subito di potersi approcciare alla cultura ed alla letteratura. In particolare sviluppa interesse nei riguardi delle opere cinesi iniziando ad approfondirle diventando così una delle sue più grandi forme d’ispirazione. Ryūnosuke Akutagawa si cimenterà presto anche in svariate traduzioni che però rimarranno comunque episodi abbastanza isolati alla fin fine. Concluso il liceo si iscrisse all’università, al dipartimento di Inglese a Tokyo. Akutagawa si laureò nei tempi prescritti, ma già prima di farlo esordì come scrittore grazie ad un’opera, pubblicata sulla rivista universitaria, dal titolo Rashomon, un’opera nella quale il macabro e la morale si incontrano. Ryūnosuke Akutagawa era infatti un autore incredibilmente cupo per certi versi. Difatti gli elementi dei suoi racconti riguardano sempre cose o persone fisicamente o psicologicamente mal ridotte. Modernamente definito quasi orrifico sotto alcuni punti di vita, sotto gli elementi inquietanti delle sue opere si nasconde in ogni caso un elemento di critica o moraleggiante. Rashomon è un’opera dalle ambientazioni cupe, la cui ambientazione è composta principalmente da villaggi e case abbandonate. In tempi difficili dove il cibo scarseggia una donna anziana viene sorpresa dal protagonista a strappare dal cranio di un’altra donna senza vita i suoi capelli. A quel punto il protagonista, sconvolto e disgustato dalla visione di questa scena, approccia l’anziana per chiederle ulteriori spiegazioni, lei dunque gli spiega che le servono soldi e con quei capelli avrebbe potuto farci una parrucca da poter vendere, in quel modo avrebbe potuto mangiare. Il fattore che non le provocava sensi di colpa era che, in vita, la vittima era una ladra e per sopravvivere sicuramente avrebbe fatto la stessa cosa che stava facendo l’anziana. A quel punto il protagonista aggredì la donna anziana e le rubò il kimono che avrebbe così potuto vendere per guadagnare e dunque mangiare. La motivazione era semplicemente che gli fosse dovuto, essendo che la donna anziana era una brutta persona per ciò che stava facendo. In un’etica di “occhio per occhio, dente per dente”, la morale naturalmente è chiara all’interno di quest’opera nonostante la crudezza ed il lato orrifico degli elementi presenti. Questo è Ryūnosuke Akutagwa.

Ryūnosuke Akutagawa non ha mai scritto opere lunghe, era specializzato, infatti, nel genere del Kanpecho shosetsu, il così detto racconto breve. Nonostante tutti questi successi, la sua notorietà, però, arrivò solo dopo la sua morte. Questo autore, infatti, non era mai stato apprezzato dai lettori ed, anzi, era sempre stato fortemente criticato per due motivi principali:

  • I suoi racconti erano principalmente basati su opere cinesi, per la maggior parte, già esistenti effettivamente;
  • Non apparteneva a nessuna tipologia di genere stabilito ed in vigore al tempo. Dunque era impossibile etichettarlo e dunque catalogarlo.

Jigokuhen (il paravento infernale)

Uno dei racconti di Ryūnosuke Akutagawa più famosi è Jigokuhen (il paravento infernale), in cui viene rappresentata una vera e propria raffigurazione dell’inferno interiore delle persone. Si tratta dunque di una raffigurazione dell’inferno simbolico creato dalle persone che deformano la concezione della vita per renderla qualcosa di crudele e distruttivo. L’opera di Akutagawa può essere analizzata sotto diversi punti di vista tra cui la rappresentazione della meditazione e sul cos’è la creazione artistica. La storia è quella di un pittore che serve presso la corte di un potentissimo e ricco signore, il signore Horikawa, mentre il nome del pittore è Yoshihide, il più grande artista del suo tempo, autore di un numero enorme di opere. Il signore Hoshikawa tiene molto al fatto di poter commissionare delle opere di alto valore artistico ed è quindi orgoglioso e lieto di avere al suo servizio un artista tanto rinomato. Purtroppo però, nonostante i suoi successi artistici, Yoshihide non è una persona dotata di empatia né di tutti quei sentimenti prettamente definiti “umani”. Si tratta di un personaggio crudele, un uomo cattivo la cui crudeltà si spinge fino al sadismo. Questo suo tratto caratteriale si manifesta, per esempio, nel fatto che quando fa posare delle persone, per ritrarle, li costringe in posizioni che le portano a soffrire fortemente. Ad esempio con le braccia e/o il corpo contorto in posizioni impossibili da sopportare giungendo, così, a compiere eccessi che fa passare per necessità artistiche. Yoshihide ha una figlia che è l’unica nota felicemente dissonante di questa sua personalità così maligna.  Durante il racconto vengono esposti vari elementi ed abitudini della corte ed anche episodi relativi alla figlia del pittore ed al figlio del signore proprietario della magione. L’opera di Ryūnosuke Akutagawa è raccontata dal punto di vista di un testimone che pare assistere a quanto riportato. Ad un certo punto, dopo aver realizzato un numero molto importante di opere, il pittore riceve l’incarico di realizzare una pittura che deve rappresentare l’inferno, quindi Jigokuhen, che sarà poi riportata su di un paravento ed il signore desidera che quest’opera sia la più bella ed imponente mai realizzata. Dunque Yoshihide si cimenta nella creazione di questo capolavoro, ma desidera rappresentare il tutto nella maniera più realistica possibile. Richiede che le scene da dipingere venissero effettivamente ricreate così da poterci lavorare sul momento, in particolare desidererebbe realizzare l’immagine di una carrozza in fiamme nella quale è presente una donna che brucia viva. Quindi, come accennato, richiede di poter inscenare l’episodio così da poterlo rendere perfettamente su tela. L’unico problema fu che, nel mentre che dipingeva, si rese conto che la donna che stava bruciando all’interno della carrozza, era proprio sua figlia. Ha quindi un attimo di sgomento, ma dopo di ciò subentra in lui qualcosa di diverso, che non è sadismo, ma è una sorta di diabolica estasi creativa, la sua espressione si trasfigura ed entra in una sorta di rapimento nel dipingere questa scena. Quindi lui porta a termine il dipinto senza fare nulla per salvare la propria figlia, forse sarebbe stato comunque troppo tardi, ma in ogni caso rimane impassibile e continua a dipingere. L’opera viene portata a termine rappresentando un vero e proprio capolavoro, ma l’autore, terminato il suo momento di estati, comincia a sentirsi vuoto vivendo un momento di desolazione che lo porta ad uccidersi impiccandosi. 

Inutile ripetere quanto macabra possa essere l’opera di Ryūnosuke Akutagawa e, nonostante la sua malata ossessione per l’arte inquietante, riesce in ogni caso a criticare ferocemente determinati comportamenti che sviluppa poi gradualmente all’interno delle sue creazioni. Si tratta dunque di un autore a tutto tondo in quanto nei suoi scritti riesce perfettamente ad equilibrare tutti gli elementi per poter offrire un’esperienza emozionale del tutto completa.

Fonte immagine copertina: Pexel

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