La colonizzazione giapponese in Corea: i 3 periodi di oppressione

La colonizzazione giapponese in Corea

Nel 20° secolo iniziò la colonizzazione giapponese in Corea, evento che ha segnato profondamente il paese, sia per gli orrori subiti dal popolo nipponico sia per la successiva guerra di Corea, portandola così a dividersi in due nazioni. La Corea, essendo diventata un protettorato giapponese, faceva parte dei Gaichi dell’Impero giapponese, ovvero i territori esterni, mentre il territorio interno era chiamato Naichi.   
I quarantacinque anni di colonizzazione e oppressione giapponese sono solitamente divisi in tre periodi: gli anni ’10, gli anni ’20 e il quindicennio finale dal 1930 al 1945.

La colonizzazione giapponese in Corea nel decennio 1910-1920

Il decennio 1910-1920 della colonizzazione giapponese in Corea fu quello della repressione generale con cui i nipponici tentarono di inibire l’orgoglio dei coreani. Agli storici fu chiesto di dimostrare a tutti i costi le affinità tra i due popoli, mentre un vero stato di polizia venne creato per sedare qualsiasi tentativo di ribellione. Nel 1910 An Myŏnggŭn tentò di assassinare il governatore Terauchi scatenando centinaia di arresti e inquisizioni, tra cui i maggiori esponenti della Sinminhoe, un’associazione clandestina per l’indipendenza. Vi furono processi sommari con accuse spesso false e torture e condanne durissime. La stampa coreana venne ridotta al silenzio e la Sinminhoe fu dissolta. I giapponesi crearono il Chungch’uwŏn (ufficio centrale), che in realtà era uno strumento di spionaggio delegato a fornire informazione all’invasore, intanto nascevano all’estero varie associazioni patriottiche per liberare paese. Nel 1911 in Manciuria venne creata la scuola militare per la nuova sollevazione, vero centro di addestramento per la guerriglia contro i giapponesi. Nel 1914 nell’Estremo oriente russo fu creato il governo dell’esercito per la liberazione della Corea. Nel 1918 Yi Tonghwi fondò il partito socialista di Corea, mentre Nam Manch’ub inaugurava una sezione coreana del Partito comunista. Le parole di Woodrow Wilson sull’autodeterminazione delle nazioni come parte essenziale della ricostruzione post-bellica avevano infiammato gli animi di molti attivisti politici coreani, che pensarono subito ad un’azione decisa e clamorosa in favore dell’indipendenza del paese. Fu in questo clima di entusiasmo che ebbe inizio il Movimento del 1° Marzo. Il 22 gennaio 1919 morì l’ex re Kojong e secondo alcune voci fu assassinato per mano dei giapponesi. I funerali erano stati fissati per il 3 marzo, gli esuli coreani a Shanghai e Tokyo abbozzarono risoluzioni di indipendenza riesaminate poi a Seoul dagli attivisti politici locali che vivevano nella clandestinità. Furono 33 le firme degli esponenti della resistenza politica raccolte in rappresentanza dell’intero popolo coreano, tra cui alcuni leader religiosi. Il 1° marzo 1919, i firmatari del testo ne diedero pubblica lettura nel Parco della pagoda e poi si consegnarono alle autorità giapponesi, mentre la folla si riversava per le strade al grido di «Viva l’indipendenza». La repressione fu brutale e centinaia di cittadini vennero uccisi a colpi d’arma da fuoco. Alcuni vennero addirittura rinchiusi in locali senza uscita e bruciati vivi. Venne appiccato il fuoco a case, chiese, scuole e il Giappone mostrò il suo volto razzista e violento ben prima della Seconda Guerra Mondiale causando circa 7500 vittime. La resistenza contro la colonizzazione giapponese in Corea continuò e il 10 aprile 1919 a Shanghai venne costituito il Governo provvisorio di Corea con a capo Yi Sŭngman. Il governo provvisorio tentò di conquistare le simpatie internazionali inviando rappresentanti alla Conferenza internazionale per la Pace di Parigi e altri delegati nei paesi esteri a sostenere le ragioni del governo in esilio. Riprese intanto anche la lotta armata con i partigiani in Manciuria che attaccavano i giapponesi. Un’altra forma di lotta fu quella del cosiddetto terrorismo, come nel caso della bomba lanciata da Kang Ugyu all’arrivo in Corea del nuovo governatore Saitō Minoru.

Il decennio 1920 -1930

Nel decennio 1920-30 della colonizzazione giapponese in Corea, il Giappone decise di ridurre almeno l’aspetto della dominazione. Fu l’inizio della politica illuminata in seguito alla quale vennero promossi rapporti più umani con i colonizzati. Nel 1920 venne consentita la stampa (censurata) di due giornali locali: il Tong’a ilbo (quotidiano dell’Asia orientale) e il Chosŏn ilbo (quotidiano di Corea). Tuttavia i diritti dei coreani rimasero molto scarsi e vennero sfruttate massicciamente le risorse economiche del paese, rendendo la Corea il granaio del sol levante, oltre che la sede delle industrie grazie alla manodopera a basso costo. L’odio, che fu caratteristico della prima parte della colonizzazione giapponese in Corea, aumentò e i Giapponesi fecero costruire a Seoul il Palazzo del governo nell’area del palazzo reale Kyŏngbok. L’edificio era stato progettato per essere un oltraggio alla nazione ed aveva la stessa forma del carattere “ni”, il primo carattere con cui si scrive Nihon (Giappone), inoltre pare che all’interno gli orinatoi fossero stati orientati verso la residenza dell’ex sovrano, in segno di insulto. I comunisti e i socialisti, sparpagliati in associazioni segrete, si aggregarono a formare nel 1925 il primo vero Partito Comunista di Corea, la cui voce intellettuale fu rappresentata dal KAPF (Korean artists’ proletarian federation). Il partito subì una serie di repressioni da parte dei giapponesi e fu soppresso e ricostruito più volte e la lotta armata continuò per tutto il decennio. Il governo provvisorio di Shanghai riceveva dai coreani d’oltremare fondi per la sussistenza e il finanziamento di atti terroristici grazie ai quali gli anni ’20 della colonizzazione giapponese in Corea furono costellati da una serie di attentati contro i simboli dell’autorità giapponese, come ad esempio la bomba lanciata il 12 gennaio 1923 da Kim Sang’ok contro una stazione di polizia a Chongno che causò decine di morti e feriti. Il 1° settembre dello stesso anno Tokyo fu distrutta da un violentissimo terremoto e i nipponici sfogarono il loro livore sui coreani residenti in Giappone causando un bestiale olocausto che si cercò di tenere nascosto il più a lungo possibile. Nell’aprile 1926 morì l’ex re Sunjong e la data per i funerali era fissata il 10 giugno 1926. I giapponesi intensificarono la sorveglianza, ma non poterono impedire che la rabbia dei coreani esplodesse, soprattutto quella degli studenti, molti dei quali vennero arrestati. Così anche il secondo decennio si chiuse in un crescendo di violenza.

La colonizzazione giapponese in Corea dal 1930 al 1945

Gli anni dal 1930 al 1945 segnarono l’ultima fase della colonizzazione giapponese in Corea. Furono gli anni del Giappone nazionalista ed imperialista che intraprese una politica di espansione territoriale per ottenere la supremazia sulle altre nazioni dell’Asia. L’inizio dell’espansione nel continente causò un calo di forza lavoro che i giapponesi tentarono di risolvere con vere e proprie deportazioni di cittadini coreani al fine di rimpiazzare uomini impiegati al fronte. Nella penisola la repressione divenne sempre più sistematica, i grandi moti di piazza cessarono e i coreani preferirono concentrarsi sul dissenso culturale. Anche la guerriglia in Manciuria subì un drastico ridimensionamento e a lotta armata venne portata avanti principalmente dagli attentati. L’8 gennaio 1932 Yi Pongch’ang tentò di assassinare a Tokyo l’imperatore Hirohito, il 29 aprile Yun Ponggil lanciò una granata contro il palco delle autorità giapponesi che a Shanghai stavano celebrando il compleanno dell’imperatore e nel 1933 Nam Chahyŏn tentò di assassinare in Manciuria l’ambasciatore giapponese. I giapponesi decisero allora di distruggere l’identità stessa dei coreani iniziando un vero e proprio processo di assimilazione forzata, una vera e propria operazione di pulizia etnica. Aumentarono nelle scuole il numero di lezioni tenute in giapponese, mentre i programmi didattici si trasformarono in una propaganda per inculcare ai giovani coreani la fede nel Mikado e la conoscenza della storia secondo i canoni nipponici. Qualche anno più tardi il Giapponese divenne la lingua ufficiale della Corea e ai coreani fu vietato usare il proprio idioma in pubblico. L’assimilazione forzata del popolo coreano stava diventando un vero e proprio genocidio. Gli ultimi anni della colonizzazione giapponese in Corea furono ancora più drammatici: venne abolita in Corea ogni libertà d’associazione e nel 1938 i giapponesi cominciarono ad accettare “volontari” coreani nel loro esercito. Nel 1939 i coreani vennero costretti ad assumere nomi giapponesi e vennero soppressi tutti i giornali in lingua coreana. Altro crimine nei confronti dei coreani fu il sequestro di migliaia di donne costrette a diventare unità di svago per i soldati (le cosiddette comfort women) che, insieme agli esperimenti su cavie umane effettuati nei campi di concentramento in Manciuria, rappresentano uno dei maggiori conti in sospeso che il Giappone ha con la Corea. La colonizzazione giapponese in Corea iniziò a scemare con la resa del Giappone nella Seconda Guerra Mondiale e il 15 agosto 1945 la Corea divenne finalmente libera.

Fonte immagine: Wikipedia 

A proposito di De Fenzo Benedetta

Benedetta De Fenzo (1995) studia Coreano e Giapponese presso l'Università di Napoli L'Orientale. Nel tempo libero si dedica alle sue passioni principali: la cucina, la musica, gli animali e la letteratura.

Vedi tutti gli articoli di De Fenzo Benedetta

Commenta