href=”https://www.treccani.it/enciclopedia/sofonisba/”>Sofonisba fu una nobile cartaginese vissuta durante la Seconda guerra punica, ricordata per la sua bellezza, la sua intelligenza e il tragico destino che la rese una delle figure femminili più celebri dell’antichità. Figlia di Asdrubale Giscone, fu data in sposa al re numida Siface per consolidare l’alleanza tra Cartagine e la Numidia. Tuttavia, la sconfitta di Siface da parte dei Romani e del loro alleato Massinissa cambiò radicalmente la sua sorte. Catturata dai nemici, Sofonisba preferì la morte alla vergogna di essere condotta a Roma in trionfo. La sua vicenda è diventata nel tempo simbolo di fierezza e di dignità, ispirando numerose opere letterarie e artistiche.
Chi era Sofonisba: la vita della nobile cartaginese
È il III secolo a.C., Cartagine è in ginocchio, ma non ancora vinta. Dopo le sconfitte di Annibale in Italia e in Africa, i Romani vogliono annientare ogni alleato della città fenicia. In questo scenario appare Sofonisba. Il suo matrimonio con Siface non è solo un’unione d’amore, ma un gesto politico: attraverso di lei, Cartagine tenta di consolidare l’alleanza con i regni africani vicini. Tuttavia, nel 203 a.C., Siface viene sconfitto. La sua sconfitta rappresenta il declino di una potenza che per secoli aveva minacciato il potere romano.

Annibale che giura odio ai romani. Wikipedia- Claudio Francesco Beaumont
Sofonisba è determinata: preferisce la morte alla schiavitù. Non ci sono state tramandate sue parole dirette, ma lo storico romano Tito Livio, nella sua opera Ab Urbe Condita Libri, le attribuisce questa frase:
“Preferisco morire regina che vivere schiava”
Con la sua morte si spegne l’ultima luce di una Cartagine libera. La terza e ultima guerra punica portò la città a cadere sotto il dominio romano, per poi essere distrutta definitivamente nel 146 a.C. Roma perse per sempre la sua più grande rivale.
Il mito di Sofonisba nell’arte e nella letteratura
Anche se i grandi generali romani hanno cercato di cancellare la memoria dei propri nemici, la storia di Sofonisba ha viaggiato attraverso i secoli, trasformandosi in un vero e proprio mito. Nel Medioevo e nel Rinascimento la sua vicenda divenne una delle più amate del repertorio tragico. Autori come Machiavelli, Trissino, Alfieri e Monti le dedicarono opere teatrali, vedendo in lei il modello della donna eroica, capace di sfidare il potere con la forza morale. Non solo la letteratura, ma anche la pittura la celebrò: Guido Reni, Luca Giordano, Mattia Preti e Guercino la ritrassero nel momento estremo, con la coppa di veleno in mano e lo sguardo rivolto al cielo. In epoca barocca divenne quasi una “Giuditta cartaginese”: bella, orgogliosa e consapevole del proprio destino.

La morte di Sofonisba. Wikipedia- Giovanni Battista Pittoni
Un simbolo di libertà: l’eredità di Sofonisba
La figura di Sofonisba è interessante anche per un altro motivo: conosciamo la sua storia solo attraverso fonti maschili e romane. Non possediamo sue parole dirette, né testimonianze cartaginesi. Eppure, la donna riesce a imporsi come protagonista assoluta di una vicenda combattuta tra soli uomini. Nella sua morte non c’è sottomissione, ma un gesto di suprema libertà. Sofonisba non è la vittima di un potere più forte: è la sua sfida estrema. È l’ultima regina di un mondo destinato a scomparire, ma che lascia dietro di sé un’eco che Roma non ha mai potuto soffocare, restando una figura di straordinaria modernità.
Immagine in evidenza: Wikipedia- Simone Cantarini

