Le statue dell’Isola di Pasqua: storia e leggende dei Moai

Andiamo oggi alla scoperta delle statue dell’Isola di Pasqua, i Moai

Terra di fascino e leggenda, quella dell’isola di Rapa Nui: e se questo nome non vi dice niente, è forse perché siete abituati a chiamarla Isola di Pasqua. Appartenente al Cile e rientrante nell’arcipelago polinesiano insieme alle Hawaii e alla Nuova Zelanda, è stata ribattezzata Isola di Pasqua dal primo navigatore a giungere sulle sue sponde, l’olandese Jakob Roggeveen, che vi approdò proprio la domenica di Pasqua del 1722 (sarebbero stati infatti gli europei, con razzie e malattie, a decimare la popolazione dell’isola, oggi disabitata). Rapa Nui, invece, è il suo nome in lingua madre che, in italiano, potremmo tradurre con “Grande Roccia”, a causa del suo sollevarsi nel mezzo dell’Oceano Pacifico proprio come una grande pietra.

L’isola di Pasqua, inoltre, ha natura vulcanica, come dimostra la cava di pietra Rano Raraku, nei pressi nell’omonimo cratere: i materiali ivi rinvenuti sono gli stessi che furono utilizzati per la costruzione delle famose statue monolitiche che caratterizzano l’isola: i Moai. Le seriose “teste” di pietra che si trovano sparse sull’isola sono, infatti, diventate un vero e proprio simbolo di questo luogo, il più magnetico dei misteri legati a Rapa Nui, che ha solleticato la fantasia e la curiosità di studiosi provenienti da tutto il mondo. Dunque, cosa (o chi) sono i Moai?

Le statue dell’Isola di Pasqua: i Moai

Pesanti fino ad 80 tonnellate, in media alti da 2,5 a 10 metri: i Moai sono quasi 900 (887 dall’ultima stima), sparsi sull’Isola di Pasqua. Inoltre, sono tutti incredibilmente simili nell’aspetto: labbra carnose e chiuse, naso importante e sguardo orizzontale fisso in avanti, infatti, nonostante ad oggi le orbite siano rimaste vuote, è emerso da un restauro che, in origine, i Moai avevano pietre di ossidiana e corallo bianco per simulare le pupille degli occhi. Inoltre, la stragrande maggioranza delle statue è stata costruita, come detto, da tufo basaltico (di non particolarmente difficile lavorazione) ricavato da Rano Raraku, mentre i cappelli (pukao) “indossati” da alcuni Moai sono di tufo dal colore rossastro provenienti invece da Puna Pau, un cratere vulcanico minore.

Tante sono state le ipotesi avanzate sui perché della loro stessa esistenza, e nonostante innumerevoli ricerche e sopralluoghi ancora non è emersa una verità unica ed assoluta. C’è chi sostiene che siano statue di omaggio ai sovrani che hanno governato l’isola e chi, invece, ritiene rappresentino le divinità del culto degli abitanti del luogo. Infatti, per i sostenitori di questa teoria, che ancora oggi è una delle più accreditate, le statue dell’Isola di Pasqua sarebbero portatori di fortuna e prosperità nelle direzioni verso cui rivolgono lo sguardo: motivo per cui sarebbero rivolti in parte verso la costa, essendo il mare la principale fonte di sostentamento della popolazione, e in parte verso l’interno dell’isola, come a voler chiedere agli dei la protezione della terra e dei suoi abitanti. Uno studio della Binghamton University di New York, invece, ha permesso di ipotizzare che statue dell’Isola di Pasqua siano state costruite per segnalare la presenza di fonti d’acqua dolce, spiegando così anche il perché la maggior parte dei Moai si trovi proprio in prossimità della costa (dove gli studiosi hanno registrato un bassissimo livello di salinità dell’acqua). Ancora, c’è chi sostiene che le statue siano delle rappresentazioni di idoli o eroi, costruiti per impaurire con il loro eterno carisma gli abitanti durante le rivolte (probabilmente per il disboscamento delle foreste, in considerazione del fatto che sull’Isola di Pasqua di oggi non ci sono alberi) oppure semplicemente siano stati posti sulle tombe di personaggi emblematici per la società autoctona. Viene tramandata, a questo proposito, la leggenda di fondazione della comunità dell’isola ad opera di un capoclan che, in cerca di una nuova casa per la sua famiglia, scelse proprio Rapa Nui. Così, alla sua morte, l’isola fu divisa tra i suoi figli, che divennero i capi delle tribù in cui si ritiene fosse divisa la comunità: alla morte di un capoclan, un Moai veniva posto sulla sua tomba per catturare i mana (le forze sovrannaturali che turbavano la vita terrena) e proteggere la città.

Da ultimo, però, un mistero è stato svelato: le statue dell’Isola di Pasqua hanno anche un corpo! Nella prima metà del secolo scorso, infatti, gli archeologi hanno scoperto l’esistenza di un torso stilizzato (un vero e proprio masso di forma rettangolare), situato sotto terra, atto a sorreggere il capo dei Moai: si pensi che i 150 Moai più famosi, situati intorno al vulcano, sono sepolti fino alle spalle. Si narra che la costruzione di ciascuna di queste gigantesche statue richiedesse il lavoro di circa 180 uomini, lavoro di quasi un anno, e che i Moai venissero scolpiti sdraiati (da qui l’impressione che le teste abbiano il mento in su). Si racconta, infatti, che i Moai venissero trasportati dagli indigeni, fino al punto in cui venivano poi definitivamente stabiliti, in posizione eretta, come se avessero raggiunto la loro meta camminando.

Fonte immagine: Di Rivi – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=681947

A proposito di Ilaria Iovinella

Premessa: mai stata di poche parole, eterna nemica dell'odioso "descriviti in tre aggettivi". Dovessi sintetizzarmi, direi che l'ossimoro è una figura retorica che mi veste bene. Studio giurisprudenza alla Federico II, ma no, da grande non voglio fare l'avvocato. Innamorata persa dell'arte e della letteratura, dei dettagli e delle sfumature, con una problematica ossessione per le storie da raccontare. Ho tanto (e quasi sempre) da dire, mi piace mettere a disposizione di chi non ha voce le mie parole. Insomma, mi chiamo Ilaria e sono un'aspirante giornalista, attualmente impacciata sognatrice con i capelli corti.

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