Tafofobia. La paura dell’essere sepolti vivi

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Le paure che ci angosciano sono tante e ognuno di noi vi reagisce in modo diverso. C’è chi ha paura dei ragni, chi degli spazi stretti e chi dei clown. Ma nessuna di queste potrebbe competere per livelli di angoscia e di terrore con la paura di essere seppelliti vivi: la tafofobia.

Il terrore di ritrovarsi chiusi all’interno di una bara e seppelliti sotto cumuli e cumuli di terra in stato di coscienza ha sfiorato più di una volta i nostri pensieri e ha stimolato l’immaginario culturale e popolare. Basti pensare a La sepoltura prematura, racconto di Edgar Allan Poe del 1844 in cui vengono elencati esempi di uomini e donne sepolti ancora vivi e creduti morti. Chi ricorda poi Uma Thurman seppellita sotto metri di terra e chiusa in una bara che riesce a sfondare tramite una serie di pugni in Kill Bill: Volume 2?

Ci sarà inoltre capitato di leggere sui giornali i tragicomici racconti di persone che si sono ritrovate in uno stato di morte apparente e che si sono svegliate durante il loro funerale, con tanto di parenti e amici affranti che si spaventano per lo stupore e l’incredulità.

Tafofobia, invenzioni per contrastare la “morte apparente”

Per evitare questi episodi spiacevoli fin dal diciannovesimo secolo sono state brevettate una serie di bare di sicurezza, dette anche safety coffin. La prima risale al 1790 e fu inventata per il duca Ferdinando di Brunswick. Era provvista di una finestra verso l’esterno, dalla quale passava la luce, e di un tubo per respirare. Venivano poi inserite due chiavi, una per la bara e l’altra per la tomba, nella tasca del sepolto.

Nel 1822 Adolf Gutsmuth, medico tedesco, inventò una bara di sicurezza e decise di testarla su sé stesso, facendosi seppellire per un numero importante di ore. Essa era prevista di un condotto dal quale riceveva del cibo dall’esterno, riuscendo così a sopravvivere. Sette anni dopo il dottor Johann Gottfried Taberger brevettò un modello in cui mani, piedi e testa del defunto venivano legati a un sistema di corde, a sua volta collegato con un sistema di campane all’esterno che si sarebbero messe a suonare nel caso della presenza di una persona viva all’interno della tomba. Tuttavia l’invenzione si rivelò inutile, poiché la decomposizione naturale dei cadaveri provocava l’azionamento delle campane.

Anche il medico statunitense Timothy Clark Smith si interessò all’argomento, essendo proprio affetto da tafofobia. A lui si deve l’invenzione di una cripta dal gusto decisamente “macabro”: la testa del defunto veniva lasciata verso l’esterno ed era coperta soltanto da una finestrella di vetro, in modo che il sepolto potesse avvisare i passanti della sua presenza. Curiosamente il dottor Smith, morto nel 1893, fu interrato proprio all’interno della sua invenzione visibile ancora oggi all’Evergreen Cemetery di New Heaven, nel Vermont.

Sempre nell’800 il ciambellano russo Michel de Karnice inventò una tomba che porta il suo nome, la “Karnice”. Una sfera di vetro veniva collegata a una molla posizionata sul petto del sepolto e questa, a sua volta, era collegata a un tubo verticale sopra un box esterno. Al minimo movimento del torace la molla scattava permettendo l’apertura del box, in modo da far entrare aria e luce all’interno della tomba. Nonostante il successo ricevuto durante una presentazione alla Sorbona, de Karnice dovette constatare la pericolosità della sua invenzione quando uno dei suoi assistenti rischiò di morire a causa di alcuni malfunzionamenti.

Un’evoluzione contemporanea di questa invenzione si deve all’inventore Fabrizio Caselli che nel 1995 brevetta il sistema “Morte Serena”. Si tratta di una bara equipaggiata di allarme, interfono, luce di emergenza, riserva d’ossigeno e un sistema di monitoraggio dei battiti cardiaci. Non a caso tale invenzione è conosciuta anche con una sorta di sottotitolo non certo privo di ironia: “”come salvaguardarsi dalla morte apparente”.

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Immagine in evidenza: Wikipedia

Riferimenti

Tafofobia in Lega Nerd

Safety Coffins in Wikipedia.org

Morte apparente & Bare di sicurezza in Esotericmania

A proposito di Ciro Gianluigi Barbato

Classe 1991, diploma di liceo classico, laurea triennale in lettere moderne e magistrale in filologia moderna. Ha scritto per "Il Ritaglio" e "La Cooltura" e da cinque anni scrive per "Eroica". Ama la letteratura, il cinema, l'arte, la musica, il teatro, i fumetti e le serie tv in ogni loro forma, accademica e nerd/pop. Si dice che preferisca dire ciò che pensa con la scrittura in luogo della voce, ma non si hanno prove a riguardo.

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