Route 66 negli USA: 5 luoghi meno raccontati

Route 66 negli USA

La Route 66 negli USA è un percorso tracciato nel 1926 che collega Chicago a Santa Monica attraversando il cuore degli Stati Uniti, un’avventura di ben 2.400 miglia di strada che da sempre appassiona i viaggiatori ed è da sempre considerata il road trip per eccellenza.

Lungo l’itinerario della Route 66 si incontrano luoghi caratteristici capaci di rendere la traversata un vero e proprio viaggio nel tempo nelle città della provincia americana, le cose da vedere sono moltissime. Tuttavia la vecchia Highway nasconde dei luoghi meno frequentati dal turismo di massa.

I 5 luoghi della Route 66 negli USA meno raccontati

1. Two Guns (Arizona)

Questa piccola città ha una propria uscita, Two Guns, dall’Interstate 40 a ovest di Winslow, ed è una delle città fantasma più spaventose della Route 66 negli USA.
Si tratta di una serie di rovine caotiche sparse per le alte pianure ai margini del Canyon Diablo. Sono ancora visibili i resti crollati della Grotta della Morte degli Apache, dove 42 Apache furono bruciati vivi in un violento scontro con i Navajos nel 1878.
La leggenda narra che, alla fine del 1800, i guerrieri Apache attaccarono il popolo Navajo e scomparvero senza lasciare traccia. Dopo una sanguinosa incursione, i Navajo si misero all’inseguimento dei loro aggressori e per caso li scoprirono nascosti in queste grotte naturali. I furiosi Navajo bloccarono l’ingresso della grotta con legno e rami e accesero un fuoco. Il fumo uccise 42 Apache e liberò i Navajo da ulteriori incursioni nella zona.

2. Stone to Steel Dam Trail, Ash Fork (Arizona)

Stone to Steel Dam Trail è il secondo luogo meno raccontato della Route 66 negli USA. Questa è una vera stranezza ingegneristica: la prima grande diga in acciaio al mondo fu costruita ad Ash Fork nel 1898 nel remoto Johnson Canyon dalla Atchison, Topeka and Santa Fe Railway per fornire acqua per le loro operazioni.
Meno di un miglio a monte si trova un’altra diga, questa costruita con blocchi di pietra tagliati con precisione. La diga di Ash Fork Stone fu costruita nel 1911, sempre dalla stessa ferrovia. Le due dighe sostengono ancora grandi laghi, ora gestiti come serbatoi ricreativi.

Entrambe queste dighe sono una destinazione degna di escursione, ma ora c’è la possibilità di vederle entrambe in un’unica escursione. La Ash Fork Historical Society, infatti, ha inaugurato un nuovo sentiero escursionistico, lo Stone to Steel Dam Trail, che collega le due strutture. Si tratta di un percorso abbastanza tortuoso (0,35 miglia) che va dalla diga di pietra alla diga d’acciaio, e ritorno.

3. Our Lady of the Highways Shrine  (Raymond, Illinois)

A Raymond, in Illinois, lungo il tratto di Route 66 utilizzato per trasportare i viaggiatori fino al 1977, si trova il Santuario di Nostra Signora delle Highways, un piccolo altare dove è posizionata una statua in marmo di Carrara della Vergine Maria, importata direttamente dall’Italia ed installata nei pressi di Raymond, di fianco alla US Highway 66, nel 1959.
Un gruppo di giovani cattolici del Litchfield Deanery Catholic Youth Council, ottenne il permesso dalla famiglia Marten di utilizzare il suo terreno per posizionarla, appunto, di fianco alla vecchia highway.
La Route 66, a quei tempi, era una strada trafficata ed estremamente pericolosa: Bloody 66, Dead Man’s Curve e Slaughter Lane erano solo alcuni tra i nomignoli più sinistri affibbiati alla vecchia highway.
Lo scopo di questo gruppo di giovani cattolici era quello di proteggere i viaggiatori della Route 66 negli USA dai pericoli che avrebbero incontrato percorrendola.
Francis Marten si prese cura di questo piccolo altare e posizionò inoltre una sequenza di cartelli ai bordi della Route 66, riportando su ogni cartello una frase dell’Ave Maria.
Questo altare è spesso meta di pellegrinaggi durante il mese di Maggio.

4. John’s Modern Cabins (Newburg, Missouri)

Tra i luoghi della Route 66 negli USA meno raccontati, c’è il John’s Modern Cabins, un vecchio motel da anni abbandonato, che rappresenta un po’ la sintesi del disastro conseguente alla nascita delle interstates.

Modern è un ossimoro, di moderno non c’è mai stato niente neanche negli anni in cui il motel era in servizio.
Durate i tempi difficili della grande depressione e più tardi nel dopoguerra, quel motel spartano rappresentava un modo economico per dormire lungo la vecchia highway.

Furono i coniugi Bill e Beatrice Blyss che, nel 1931, avviarono  l’attività con il nome Bill and Bess’s Place.
Si trattava di 6 piccole cabins di legno e una sala da ballo, dove le persone del posto potevano scatenarsi in balli e feste.
Nel 1950 l’attività fu rilevata per 5.000 dollari da una coppia di Chicago, i coniugi John e Lillian Dausch, ed il locale assunse il nome definitivo di John’s Modern Cabins. Nel 1952, però, in conseguenza dell’allargamento della Route 66, furono costretti a spostare le cabins per far posto alla strada.
Ne costruirono altre, sempre adibite a motel, oltre ad uno snack bar nel quale John cominciò a vendere birra, anche di domenica, infrangendo una legge locale che lo impediva.
Per questo motivo si guadagnò l’appellativo di Sunday John.
Con la costruzione della futura Interstate 44, il dipartimento dei trasporti dello stato del Missouri acquistò parte del terreno e John fu costretto a spostare ulteriormente indietro le sue cabins. Fu l’inizio del declino.
Oggi del motel restano solo alcune cabins, in pessime condizioni, e l’insegna.

5. Trail of Tears Memorial (Jerome, Missouri)

La Route 66 negli USA è stata testimone di storie di cui non si può andare fieri.  A Jerome, in Missouri, lungo la Route 66,  il Trail of Tears Memorial ne racconta una.

Per raccontare cosa sia il Trail of Tears occorre tornare all’ Indian Removal Act del 1830, con cui l’allora presidente USA Jackson avviava la deportazione forzata dei nativi americani dai luoghi di nascita verso l’Indian Territory, attuale stato dell’Oklahoma. Quel viaggio divenne noto con il nome di Trail of Tears (sentiero delle lacrime) perché persero la vita circa 4.000 Cherokee, per la fame e le malattie.

Il Trail of Tears Memorial, realizzato da Larry Bagget e che in origine doveva diventare un campeggio, alla fine si è trasformato in qualcosa di molto diverso.

Larry raccontava infatti che tutte le notti, mentre dormiva, sentiva bussare alla porta ma che, aprendola, non trovava mai nessuno.  Un giorno incontrò un vecchio indiano Cherokee che gli rivelò che la sua proprietà si trovava proprio lungo il Trail of Tears e che questo rendeva il cammino degli spiriti di quegli indiani estremamente difficoltoso. In particolare, accanto alla sua abitazione, Larry aveva costruito un muro molto alto che impediva agli spiriti di procedere. Larry allora realizzò una scala per consentire alle anime di scavalcarlo e di proseguire nel proprio cammino; proseguì poi con i lavori trasformando la sua proprietà in un vero e proprio tributo agli indiani morti durante quella deportazione, dandole, appunto, il nome di Trail of Tears Memorial.

 

Fonte immagine: Pixabay

A proposito di Costantino Gisella

Sono nata a Napoli nel 1977 e sono cresciuta con la musica di Pino Daniele, i film di Massimo Troisi e il Napoli di Maradona. Ma non sono mai stata ferma e infatti metà del mio cuore e’ nel Regno Unito dove ho vissuto per svariati anni. Dopo l’esperienza all’estero, ho deciso di iscrivermi all’ Università di Napoli “L’Orientale” (sono laureanda in Lingue e Culture dell’Europa e delle Americhe) per specializzarmi in quella che è la mia passione più grande: la letteratura anglo-americana. Colleziono dischi in vinile, amo viaggiare e non rientro mai da un posto senza aver assaggiato la cucina locale perché credo che sia il modo migliore per entrare realmente in contatto con culture diverse dalla mia.

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