Potrebbe sembrare una serie tv crime o un incidente casuale, ma la storia di Tonya Harding è ben lontana da una ricostruzione illusoria. Nata il 12 settembre 1970, l’ex pattinatrice statunitense è stata la prima donna negli USA a compiere il temuto triplo axel (alle Olimpiadi del 1992). Disgraziatamente, l’attenzione mediatica della nazione non riguarda i suoi record sul ghiaccio, ma lo scandalo che collocherà un punto di arresto alla sua reputazione e carriera in quanto campionessa olimpica.
Un’infanzia tormentata segna la storia di Tonya Harding
Oltre alla pressione ricevuta in quanto atleta sin dalla tenera età di 5 anni, l’ostacolo più rilevante resta il rapporto turbolento con la madre LaVona Fay Golden. Siamo dinanzi ad una vera e propria antagonista, donna austera e priva di affezione nei confronti della figlia, che non è riuscita a rappresentare un rifugio sicuro e una persona fidata per Tonya, diventando la malfattrice del destino della pattinatrice. La campionessa del triplo axel, nel documentario per la ABC News, confessa: «Capitava che non riuscissi a fare salti perfetti durante gli allenamenti così , una volta tornate a casa, mia madre mi trascinava in bagno e cominciava a picchiarmi. Non ricordo almeno un giorno in cui non fossi vittima dei suoi abusi». Come se non bastasse, la storia di Tonya Harding racchiude episodi piuttosto inaspettati dal pubblico: un’aggressione avvenuta mediante un coltello da bistecca, precipitato sul braccio della giovane atleta, la quale enfatizza la malvagità della madre con «Non chiederebbe mai scusa per qualcosa».
Levona, indubbiamente, definisce Tonya una bugiarda, mostrandosi nelle interviste come una persona alquanto problematica e con un’ossessione tossica verso la carriera e reputazione della figlia. In più interviste rivela: «Mi odia. Punto. Le mie azioni non sono mai giuste per lei». La storia di Tonya Harding, dunque, contiene orripilanti vicende e relazioni pericolose, le quali tormenteranno il percorso della giovane pattinatrice.
Il caso Nancy Kerrigan
Il 6 gennaio 1994, lo sport raffinato del pattinaggio artistico diventa un circo mediatico, e la storia di Tonya Harding prende una piega agghiacciante: un aggressore colpisce violentemente sulla gamba la pattinatrice Nancy Kerrigan, dopo aver lasciato il ghiaccio ed essersi allenata agli US Olympic Trials (Detroit). Ai microfoni, la ragazza racconta: «Qualcuno correva verso di me e mi ha colpito con un lungo bastone». L’attacco getta nell’incertezza il sogno olimpico e focalizza i sospetti sull’ex pattinatrice. Difatti, mentre Kerrigan sbarca nella carriera agonistica come un modello da imitare, la campionessa del triplo axel affronta un declino che la renderà mirino di giudizi e dubbi. Poche settimane dopo le Olimpiadi (1994), l’esecutore dell’assalto è stato riconosciuto in Shane Stant, pagato per aggredire Nancy dall’ex marito di Tonya, Jeff Gilloooly. Quest’ultimo confessa che la moglie fosse a conoscenza del loro piano e che lo avesse incitato nell’azione efferata. Il 16 marzo 1994, Hariding dichiara di aver contribuito ad ostacolare le indagini sull’aggressione e, per questo, condannata ad una multa di 60 mila dollari, insieme all’esecuzione di 500 ore di servizi sociali. Il suo ex marito è stato, invece, detenuto per solo alcuni mesi, uscendo subito a piede libero senza ostacoli.
I, Tonya (2017)
La storia di Tonya Harding vive nella memoria nazionale statunitense, grazie al film I, Tonya (Craig Gillespie), con l’attrice Margot Robbie nei panni della pattinatrice. L’opera cinematografica ottiene diverse nomination agli Oscar 2018 e racconta un evento che molti pattinatori preferiscono sia narrato solo sullo schermo, mai più sul ghiaccio della vita reale.
Fonte immagine in evidenza: intervista della ABC News sul canale ufficiale Youtube