Afànisi, di CTRL+ALT+CANC al Campania Teatro Festival

Afànisi, di CTRL+ALT+CANC al Campania Teatro Festival

La compagnia CTRL+ALT+CANC ritorna in scena con un nuovo spettacolo

Dopo ()pera didascalica, Afànisi è il titolo del nuovo progetto della compagnia CTRL+ALT+CANC con Raimonda Maraviglia, Alessandro Paschitto e Francesco Roccasecca, andato in scena al Teatro Trianon Viviani durante la quinta giornata del Campania Teatro Festival 2023.

«Si può fare uno spettacolo in cui non c’è niente da vedere?», questa la domanda posta subito in gioco e la risposta paradossalmente è , contravvenendo a qualsiasi illazione convenzionale e utopistica addotta al teatro nella sua essenza.

Afànisi: la scomparsa del significato

Afànisi è un termine che deriva dal greco e significa, appunto, “scomparsa”. In particolare, è curioso e utile notare che Lancan definisce il termine come «la sparizione del soggetto nel rapporto con i significanti che lo rappresentano». E infatti Afànisi della compagnia CTRL+ALT+CANC porta sul palcoscenico del Teatro Trianon Viviani il “niente“: una scena vuota, nessuna scenografia, nessun vestito di scena, nessuna acconciatura e nessun lavoro nascosto o relegato nel dietro le quinte. Eppure, alle spalle di un’apparente improvvisazione sul momento, vi è un lavoro ben calibrato che la compagnia provvede fin dall’inizio a dichiarare ed a descrivere con ironica sincerità, accogliendo e facendo implodere dall’interno verso l’esterno quel paradosso insito nella natura stessa del teatro tra rappresentazione/costruzione/finzione e realtà/verità/assenza di illusioni.

Sembra esattamente una lezione ereditata dal Teatro dell’assurdo – come abbiamo già visto per ()pera didascalica – ma questa volta Afànisi la intensifica e porta al limite quel gioco proprio con il “niente”, con le pause prolungate che creano voragini apparenti, con quei silenzi rafforzati, insomma con la scomparsa di qualsiasi significato costruito convenzionalmente per la scena. Allora, protagonista della pièce può diventare qualsiasi cosa e/o qualsiasi persona e, infatti, sono stesso gli attori sulla scena ad abbandonare tale status per diventare spettatori di un pubblico che semplicemente vive – e non è mica poco o scontato! Dunque, Afànisi gioca sui vuoti ma soltanto apparenti, perché in realtà si riempie di vita vera e colta nella sua essenza pura, senza il bisogno che ci convinciamo di avere di dovere necessariamente ricamarci attorno qualcosa con il risultato di una bulimia di verdetti privi di un carattere profondo.

Tra una convinzione e l’altra, di cui in fin dei conti restiamo vittime ogni volta, si creano inevitabilmente certe intercapedini nelle quali si insinua il senso del lavoro proposto da Afànisi. Viviamo in una società in cui sentiamo spesso l’esigenza impellente di dovere per forza dire qualcosa, parole su parole su altre parole si accalcano le une sulle altre, con uno spasmo morboso di darsi voce. Ma realmente ci diamo voce? Queste parole si limitano a raccontare o dicono veramente qualcosa? Fino a che punto sono espressione sincera e autentica? Perciò Afànisi agisce sul rifiuto di costruire, di alimentare ancora di più questa overdose di condivisione di parole vuote e, al contrario, propone uno spettacolo-spazio in cui si adopera la nostra mente, la nostra immaginazione, la nostra volontà che ha il potere creativo. Ed è qui che si verifica quel paradosso sul quale Afànisi lavora con maestria incredibile: se sembra non avere niente da mostrare, in realtà dimostra di essere pieno dell’espressione creativa di ogni singolo spettatore. Così, senza alcuna operazione collettiva eseguita senza essere scoperta, Afànisi scopre tutte le sue carte e restituisce veramente senso e voce a ciascuno di noi, nell’idea di un teatro che vive con autenticità.

Fonte immagine: Ufficio Stampa  

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A proposito di Francesca Hasson

Francesca Hasson è giornalista pubblicista, iscritta all’Albo dal 2023. Appassionata di cultura in tutte le sue declinazioni, unisce alla formazione umanistica una visione critica e sensibile della realtà artistica contemporanea. Dopo avere intrapreso gli studi in Letteratura Classica, avvia un percorso accademico presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II e consegue innanzitutto il titolo di laurea triennale in Lettere Moderne, con una tesi compilativa sull’Antigone in Letterature Comparate. Scelta simbolica di una disciplina con cui manifesta un’attenzione peculiare per l’arte, in particolare per il teatro, indagato nelle sue molteplici forme espressive. Prosegue gli studi con la laurea magistrale in Discipline della Musica e dello Spettacolo, discutendo una tesi di ricerca in Storia del Teatro dedicata a Salvatore De Muto, attore tra le ultime defunte testimonianze fondamentali della maschera di Pulcinella nel panorama teatrale partenopeo del Novecento. Durante questi anni di scrittura e di università, riscopre una passione viva per la ricerca e la critica, strumenti che considera non di giudizio definitivo ma di dialogo aperto. Collabora con il giornale online Eroica Fenice e con Quarta Parete, entrambi realtà che le servono da palestra e conoscenza. Inoltre, partecipa alla rivista Drammaturgia per l’Archivio Multimediale AMAtI dell’Università degli studi di Firenze, un progetto per il quale inserisce voci di testimonianze su attori storici e pubblica la propria tesi magistrale di ricerca. Carta e penna in mano, crede fortemente nel valore di questo tramite di smuovere confronti capaci di generare dubbi, stimolare riflessioni e innescare processi di consapevolezza. Un tipo di approccio che alimenta la sua scrittura e il suo sguardo sul mondo e che la orienta in una dimensione catartica di riconoscimento, di identità e di comprensione.

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