È la fine!, lo spettacolo esistenziale di Emanuele Iovino

È la fine!, lo spettacolo teatrale di e con Emanuele Iovino, diretto da Giuliana Pisano, è andato in scena il 22 e 23 marzo scorso al teatro di Itaca – Colonia Creativa, a Pomigliano d’Arco. 

È la fine!: la trama

È la fine!, il monologo di Emanuele Iovino, si sviluppa lungo diverse direttrici, passando per il peso di una routine definitiva, non volutamente scelta, alienante; la subordinazione a un capo piccolo-borghese; la pressione sociale. L’arrivo del contratto indeterminato, all’età di 33 anni, è destinato a scuotere la vita di Gigi, che lavora presso l’Omero Srl, azienda produttrice dello “scopino italiano”. 

Gigi fa parte di questa “famiglia allargata” – come ama ripetergli il capo, maschera dell’imprenditore piccolo-borghese – almeno fino a quando è disposto a sacrificare i propri diritti per il quieto vivere (lavorare) e dunque per il profitto dell’azienda. D’altro canto, Gigi deve pagare l’affitto e le altre spese di una quotidianità che inizia a stargli stretto: “aprire un mutuo, mettere su famiglia, imbottigliarsi nel traffico, morire”. Una sequenza denudata magistralmente ai tempi da Paolo Villaggio, tanto nel ruolo di Fantozzi quanto nell’intimità delle interviste rilasciate. 

La crisi dell’individuo nell’epoca del non-credo

Pungente, sottile, ironico. Emanuele Iovino regge bene la scena, interpretando un monologo che fa divertire ma allo stesso tempo apre diversi spunti di riflessione, come sul concedersi il lusso di annoiarsi all’interno di una società ipercompetitiva e di meravigliarsi o sul declino degli ideali, soppressi a favore del riflusso nel privato.  

C’è una vecchia frase di Gramsci che fa: “Il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri”. Anche se il contesto di riferimento è squisitamente politico, la citazione si presta bene allo spaccato messo in scena a Pomigliano. Stretti tra la nostalgia di un passato vissuto in età infantile o attraverso i ricordi dei propri cari e la diffidenza verso un futuro incerto, gli uomini sono “una nave sanza nocchiere in gran tempesta” e arrancano in un presente ostile, che non è più passato (glorioso, almeno nei ricordi) e non è ancora futuro. 

Non si ha nemmeno la forza di immaginarlo questo futuro, a causa dell’alienazione ben narrata da Emanuele Iovino. La malinconia è quindi un rifugio. Traspare anche nello spettacolo attraverso la scelta dei brani – appartenenti a un’epoca in cui l’azione era dominante, la fiducia nelle potenzialità dell’uomo alta e si pensava di poter riuscire in tutto. La musica è centrale in È la fine!: oltre ai brani, una chitarra fa da espediente per spezzare il monologo di Gigi, creando il pretesto per dare voce ad alcuni suoi interlocutori, come il capo, la mamma, lo zio, due fidanzate – Luisa e Maria. “Trova o costruisci il tuo strumento di libertà” è il monito che il destino riserva al protagonista.

Spettacolo e città: due realtà vicine 

Itaca – Colonia Creativa, presidio culturale di Pomigliano d’Arco, ha portato in provincia una discussione esistenziale, per un luogo urbano che a suo modo sta vivendo una trasformazione, proprio come quella di Gigi. Da un lato il passato e la tradizione contadina, dall’altro un presente e un futuro proiettati verso la città e le sue sfide, come l’inquinamento o l’aumento degli affitti. 

 

Foto a Emanuele Iovino di Rosa Sanzone 

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A proposito di Salvatore Toscano

Salvatore Toscano nasce ad Aversa nel 2001. Diplomatosi al Liceo Scientifico e delle Scienze Umane “S. Cantone” intraprende gli studi presso la facoltà di scienze politiche, coltivando sempre la sua passione per la scrittura. All’amore per quest’ultima affianca quello per l’arte e la storia.

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