Dal 6 al 16 novembre va in scena al Teatro San Ferdinando una delle farse più divertenti di Eduardo Scarpetta: Il medico dei pazzi di Muscato.
In occasione del centenario della morte di Eduardo Scarpetta, il Teatro San Ferdinando di Napoli ritorna a una delle sue farse più riuscite: Il medico dei pazzi di Muscato, con protagonista indiscusso Gianfelice Imparato. Il regista Leo Muscato ha deciso di compiere un lavoro di rivisitazione del testo in cui ha spinto l’acceleratore sul meccanismo più ampio e corale della commedia – rispetto all’aspetto farsesco originario – restituendo al pubblico il gioco di equivoci per eccellenza, ancora capace di suscitare risate e applausi a scena aperta.
Il medico dei pazzi: tra paradosso e lieto fine amaro

Inizio anni Ottanta, poco dopo la Legge Basaglia del 1978 i manicomi chiudono e si esplorano nuove forme curative più comunitarie. Un evento rivoluzionario che, se da un lato ha avuto un impatto notevole sul futuro della psicologia e della psichiatria, dall’altro per l’ovvia ignoranza dell’epoca in cui si è verificata ha generato non poca diffidenza e confusione. In questo clima di profondo cambiamento, Don Felice Sciosciammocca si sposta dalla provincia a Napoli per andare a trovare il nipote. Quest’ultimo, Ciccillo, ha fatto credere di essere un inestimabile medico a capo di una struttura psichiatrica per giustificare svariati soldi chiesti in prestito a causa di debiti urgenti. Sulla base di questo meccanismo di equivoci, si fonda la commedia scarpettiana Il medico dei pazzi di Muscato generando una serie di fraintendimenti alla fine dei quali l’unico vero matto probabilmente è Don Felice stesso, stretto nella sua giacca con l’animo pieno di delusione, «a credere che l’onestà possa ancora regalare un lieto fine».
Il regista conserva una forte fedeltà al testo originario e alle dinamiche presenti in Il medico dei pazzi di Scarpetta. Ma come si diceva poco prima, Il medico dei pazzi di Muscato è riadattato concentrandosi maggiormente sull’aspetto corale della commedia più che sulla farsa. Infatti, lo spettacolo si struttura come una sfilata di personaggi caratteristici ed esuberanti, in cui l’equivoco, il gioco del detto/non detto che genera il fraintendimento, fa da legante collettivo. In tal modo, il pubblico assiste a varie prove attoriali riguardanti una comicità non scontata, certamente, ma allo stesso tempo è coinvolto in un’esperienza molto più ampia sia di paradosso divertente e sia di un lieto fine amaro che fa riflettere. Ovvero, la platea ha la possibilità di partecipare a una situazione teatrale a modo suo comicamente catartica, in cui osserva, si identifica, si riconosce, e con la profondità della leggerezza riflette su quell’amaro lieto fine per cui quanto è difficile preservare l’ingenua e autentica onestà in un mondo fin troppo materialista.
Cose da pazzi, a teatro si ride anche!

Ebbene sì, è sempre sconcertante scoprire che anche la comicità può essere catartica. Dove per catarsi si intende un procedimento per il quale lo spettatore osserva, vive sensorialmente il momento teatrale, e si identifica, si riconosce come se si mettesse davanti a uno specchio. Questo nel pathos della tragedia è inevitabilmente più esuberante e imponente, ma Il medico dei pazzi di Muscato rivela, in realtà, come anche la comicità possa essere altrettanto funzionale a tale processo. Anzi, probabilmente la commedia abbraccia una possibilità di accesso molto più ampia rispetto alla tragedia: in un genere comico così specificatamente popolare, non è tanto la risata in sé per sé, quanto piuttosto il dare vita a situazioni e personaggi fortemente riconoscibili. Pertanto, l’ingrediente segreto è l’immediatezza dell’identificazione, il riconoscimento molto più facile e, quindi, automaticamente più vasto. Che poi, soprattutto per l’identità del napoletano, così marcata e così attenzionata, la riuscita è assicurata.
Non è scontato, però, il non scadere nella comicità amatoriale. Proprio per tutto quanto detto fin qui, il gioco – che sia della farsa o della commedia o di entrambe – presuppone una tecnica sapiente, un ritmo regolato su uno scheletro alquanto complesso. Il medico dei pazzi di Muscato, riesce nell’intento di donare leggerezza ma anche in quello di renderne un lavoro fatto di precisione e cura. Il personaggio non è grossolana improvvisazione bensì è studio e attenta comprensione, la risata non è frutto di una casualità provocata senza intenzione bensì è figlia di un tempo comico a mestiere. Insomma, dietro a un tale meccanismo che vive un po’ di pregiudizi, si nasconde nell’effettivo un’arte di grande equilibrio per cui l’originaria comicità di Scarpetta si intreccia a una particolare attenzione alla sensibilità contemporanea. Lo spettacolo, dunque, si conferma come un affresco umano di sorprendente modernità, capace di fare ridere e – come ogni buon teatro – attraverso quella leggerezza di lasciare nello spettatore il sapore dolceamaro della verità.
Il medico dei pazzi – di Eduardo Scarpetta – regia e adattamento Leo Muscato – con Gianfelice Imparato – e con (in o.a.) Luigi Bignone, Giuseppe Brunetti, Francesco Maria Cordella, Alessandra D’Ambrosio, Antonio Fiorillo, Giorgio Pinto, Arianna Primavera, Giuseppe Rispoli, Ingrid Sansone, Michele Schiano Di Cola – scene Federica Parolini – costumi Silvia Aymonino – luci Alessandro Verazzi – musiche originali Andrea Chenna – foto di scena Anna Abet – produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, I Due della Città del Sole, Compagnia Mauri Sturno – Teatro San Ferdinando di Napoli, dal 6 al 16 novembre – in occasione del centenario dalla morte di Eduardo Scarpetta (29 novembre 1925)
Fonte immagini: Ufficio Stampa

