L’uomo dal fiore in bocca – fiori di palco | Recensione

L'uomo dal fiore in bocca - fiori di palco | Recensione

Al Teatro San Ferdinando di Napoli benedetto Casillo va in scena con L’uomo dal fiore in bocca – fiori di palco, confrontandosi con vari drammaturghi da Pirandello, a Viviani, a Totò, a Enzo Moscato.

La sacralità della morte attraverso i drammaturghi nel tempo

Al centro un uomo, davanti a lui l’imponente sacralità misteriosa della morte: L’uomo dal fiore in bocca – fiori di palco è una narrazione, un flusso di pensieri e interpretazioni dell’unica certezza della vita, ovvero la morte, attraverso vari drammaturghi nel tempo, da Pirandello, a Viviani, a Totò, a Enzo Moscato. Non necessariamente in quest’ordine, Benedetto Casillo si cimenta in un monologo in cui esplora i versi, le prose e le scene dedicate da questi grandi autori alla morte.

L’uomo dal fiore in bocca – fiori di palco è un adattamento di e con Benedetto Casillo, diretto da Pierpaolo Sepe, con le interpretazioni di Sara Lupoli e Vincenzo Castellone, per una produzione di Teatro di NapoliTeatro Nazionale, Arteteca, Tradizione e turismoCentro di Produzione TeatraleTeatro Sannazaro. In scena dall’8 al 18 maggio al Teatro San Ferdinando, scelta simbolicamente potente per Benedetto Casillo figlio di una Napoli di cui risalta la profondità di pensiero e di arte.

L’uomo dal fiore in bocca – fiori di palco: la morte in festa!

L’uomo dal fiore in bocca – fiori di palco è una festa, un momento di comunione e di grazia. Infatti: «Come finire? Abbiamo così tanto tempo; eppure, non siamo mai pronti. Come raggiungere il significato del nostro esistere? E poi, un giorno finisce. Si spegne la luce e si va lì dove chissà che troveremo. Saremo felici? Saremo in compagnia? Saremo? Uno spettacolo per celebrare il nostro ultimo viaggio. Accettare l’addio» – introduce lo spettacolo il regista Sepe.

Al netto di un’umanità che sembra avere perso la sacrale certezza della morte, lo spettacolo è una riflessione in cui si restituisce la necessità di abbracciare la morte con malinconica dolcezza, sorridendo alla vita fino all’ultimo respiro di saluto. Oggi si segue la materialità della vita, addirittura si uccide e si muore in guerra, perdendone di vista la transitorietà, almeno da un punto di vista terreno. Ma questa considerazione apparentemente negativa viene trasformata nell’importanza di recuperare la qualità del tempo disposto.

L’arte popolare e nobilmente gioiosa

In L’uomo dal fiore in bocca – fiori di palco, Benedetto Casillo mette a disposizione un teatro fatto innanzitutto di tradizione popolare. Esplorando le più celebri prose ed i versi più emozionanti di Viviani, Totò ed Enzo Moscato, ne assimila la straordinaria linfa vitale e con sobria misura cerca di comunicarla al pubblico. Su questo sfondo, Napoli con la sua arte è un legame affettuoso e devoto – d’altra parte, chi più della figlia di Partenope ha un legame così ironicamente profondo con la morte?

E poi, infine, la conclusione con il testo pirandelliano da cui prende il suo fulcro. L’ultimo saluto viene immaginato e ripresentato come un attimo ambientato in una stazione, luogo di arrivi e di partenze che dà l’idea della morte come un saluto e un nuovo inizio. Al cospetto della morte certa, l’apparente insensatezza della vita viene messa in discussione e ogni minimo ricordo, ogni gesto, ogni cosa concreta che l’ha composta acquista significato. E tra l’attesa e la neve che cade, i protagonisti danzano come ultimo saluto alla vita.

Fonte immagine di copertina: Ufficio Stampa   

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A proposito di Francesca Hasson

Francesca Hasson nasce il 26 Marzo 1998 a Napoli. Nel 2017 consegue il diploma di maturità presso il liceo classico statale Adolfo Pansini (NA) e nel 2021 si laurea alla facoltà di Lettere Moderne presso la Federico II (NA). Specializzanda alla facoltà di "Discipline della musica e dello spettacolo. Storia e teoria" sempre presso l'università Federico II a Napoli, nutre una forte passione per l'arte in ogni sua forma, soprattutto per il teatro ed il cinema. Infatti, studia per otto anni alla "Palestra dell'attore" del Teatro Diana e successivamente si diletta in varie esperienze teatrali e comparse su alcuni set importanti. Fin da piccola carta e penna sono i suoi strumenti preferiti per potere parlare al mondo ed osservarlo. L'importanza della cultura è da sempre il suo focus principale: sostiene che la cultura sia ciò che ci salva e che soprattutto l'arte ci ricorda che siamo essere umani.

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