I giusti a Galleria Toledo | Recensione

I giusti a Galleria Toledo

I giusti di Albert Camus va in scena a Galleria Toledo il 18 e il 19 maggio. Il progetto è curato dalla compagnia I Pesci in collaborazione con l’Asilo, per la regia di Fiorenzo Madonna, con Mario De Masi, Alessandro Gioia, Fiorenzo Madonna, Giulia Pica e Antonio Stoccuto.

I giusti è l’ultimo testo teatrale scritto da Albert Camus nel 1949, i fatti raccontati sono ispirati a quelli realmente accaduti durante il periodo della prima Rivoluzione russa risalente al 1905. La storia si costruisce attorno a una cellula di terroristi socialisti, che scelgono di dedicare la propria vita alla Rivoluzione e hanno come obiettivo quello di organizzare un attentato al Granduca, alto esponente dell’aristocrazia zarista.

I giusti fanno ciò che è giusto, ma ciò che sentono dove va a finire?

Lo spettacolo si svolge nel chiuso di una stanza, che diventa luogo di raduno, nido di idee rivoluzionarie, uno spazio di desiderio apparentemente buio, con una sola luce a intermittenza ad illuminarlo, ma dove, chiudendo gli occhi, diventa possibile vedere il sol dell’avvenire.

I compagni si incontrano, si confrontano con gli occhi accesi di speranza, ma in uno di loro l’odio ha preso il sopravvento, l’amore è stato definitivamente schiacciato. Il potere dell’idea ha avuto la meglio sui sentimenti.

Non tutti, però, hanno la forza fredda di uccidere, qualcuno tra loro ha paura. Ma la paura è considerata un sentimento umano da chi alla vita ha preferito la rivoluzione?

I giusti indossano vestiti invernali, calde pellicce e copricapi, perché hanno bisogno di sentirsi protetti dal freddo. I giusti vivono in quell’iperuranio glaciale che è il mondo dell’ideale, del rischio, del sacrificio e del patibolo. L’onore è l’unico valore concesso a chi ha scelto di perdere tutto per un avvenire migliore.

I loro volti esprimono tutta la risolutezza e la serietà di chi ha smarrito la leggerezza, di chi ha dimenticato i giochi d’infanzia, di chi non fa più distinzione tra la vita e la morte, perché la vita ha assunto un’accezione nuova, inedita, che coincide con quella di futuro, di liberazione, di fuoriuscita dalla miseria.

La Russia dei primi anni del Novecento, sul palco di Galleria Toledo, non ci appare così diversa dalla storia delle Brigate Rosse, dall’impeto e dal furore rivoluzionario delle lotte partigiane. I giusti mette in scena la grande storia di una lotta armata senza tempo, che si scontra con la morale, dove la giustizia, il raziocinio e il cinismo devono necessariamente separarsi dal cuore, dalla pietà e dal timore.

Lanciare la bomba, per Ivan, significa buttarsi, farsi saltare in aria la testa, gettarsi a precipizio da un’altura, dare in pasto la propria vita, perché le generazioni future possano godere del diritto primordiale a un’esistenza dignitosa. Per lui significa incarnare il privilegio, autoannientarsi per annientarlo.

La messinscena teatrale

Gli attori in scena seguono il buio e la luce, alternativamente, sono attratti dall’oscurità del teatro in cui si nascondono. Sono al di fuori del reale, nel limbo della progettazione, della premeditazione di un’azione certa e inevitabile: l’assassinio del Granduca.

I volti seminascosti da cappelli e da veli, le frasi sussurrate per timore di essere ascoltati si sostituiscono alle facce scoperte, agli occhi lucidi, ai sorrisi di gioia e di disperazione, ai denti larghi che tagliano a metà le loro espressioni, come ferite aperte.

La luce, – sotto la quale gli attori si posizionano, nei pochi momenti in cui si sfiorano, in cui le loro mani riescono a toccarsi, e le labbra tentano un timido contatto – all’interno del teatro, è una luce artificiale, un occhio di bue fioco, ma per i compagni quella luce è il sole, il solo sguardo che possono rivolgere verso l’orizzonte. Attraverso quella lieve fessura riescono a scrutare in lontananza la carrozza del Granduca, l’arrivo di una notizia, il lancio della bomba, l’impossibile che diventa possibile.

Per i giusti vivere o morire non fa alcuna differenza, se si muore per una prospettiva di vita che sia degna di essere definita tale. Se per loro è impossibile provare amore, gli è, però, concesso provare gioia nella morte, nelle frustate, nel dolore e nella condanna.

I giusti si sono battuti per la giustizia, a prezzo della vita e dei propri sentimenti, hanno messo in scena un dramma, il destino inesorabile di chi crede, di chi ha fede in ciò che vede, in ciò che è reale, nelle promesse terrene che è possibile mantenere.

Ne I giusti la rivolta amplifica lo spazio d’immaginazione, come il teatro. Galleria Toledo diventa un trampolino sospeso dal quale gettarsi in un nuovo mondo, diverso dal precedente. Gli attori-umani, entrando nei propri ruoli con tutte le scarpe, dimenticano di stare lì per recitare una parte, e – anche solo per la durata dello spettacolo – offrono al pubblico una prospettiva di felicità.

fonte foto copertina: ufficio stampa Galleria Toledo

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A proposito di Chiara Aloia

Chiara Aloia nasce a Formia nel 1999. Laureata in Lettere moderne presso l’Università Federico II di Napoli, è attualmente studentessa di Filologia moderna.

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