Mi chiamo N. di Massimo Piccolo | La recensione

Mi chiamo N.

Mi chiamo N. di Massimo Piccolo | La recensione

Mi chiamo N. è un monologo teatrale scritto e diretto da Massimo Piccolo con la presenza di Noemi Gherrero (conduttrice del programma culturale Le parole per dirlo, trasmesso dal 2021 sul canale Rai 3)  nei panni della protagonista. L’opera è stata messa in scena la sera del giorno sabato 25 febbraio al Teatro Bolivar di Napoli. 

Il genio di Nina Simone, una delle donne più complesse e ricche di contraddizioni del nostro recente passato, fa da nume tutelare a una giovane donna della più remota provincia di Napoli, finendo per raccontare, in una sintesi perfetta, il corpo delle donne tra l’essere e l’apparire, fino al “dover apparire” per poter esprimere il proprio “essere”.

Mi chiamo N, la trama dell’opera di Massimo Piccolo e Noemi Gherrero

La vicenda raccontata in Mi chiamo N. si svolge in un piccolo appartamento nella periferia di Napoli. Un salotto posto in una stanza dove regna la confusione, un tavolino con diverse bevande alcoliche e uno schermo (con il quale possiamo immergerci nei pensieri della protagonista e provare compassione per lei) sono la semplice scenografia di un grande dramma femminile. N. si è appena alzata dal letto dopo una notte di passione con “uno dei tanti” (anzi, lo “sfigato del parcheggio”). In seguito, la donna inizia a raccontare agli spettatori la sua vita. Nata in una famiglia disagiata con una madre bigotta e oppressiva, Cate (il vero nome della protagonista) sognava di divenire una celebrità fin dall’infanzia. Il suo modello era Nina Simone, la cantante jazz e gospel afroamericana che aveva lottato per i diritti della sua gente.  Per il pubblico questo è l’inizio di un viaggio catartico. Così come Nina aveva dimenticato la sua precedente identità Eunice Kathleen Waymon, N. combatte per sottrarsi al passato e alle accuse della madre di essere una “poco di buono”, dal momento che la sua ascesa come star è iniziata mostrando il suo corpo durante  una semplice recita scolastica..

La donna, il corpo e lo spettacolo

Il regista, nato a Pomigliano d’Arco, racconta i temi principali di Mi chiamo N. tramite un comunicato stampa del Teatro Bolivar:

In un flusso intervallato soltanto da poche note jazz, N. condivide i passaggi dolorosi che hanno accompagnato la sua crescita, dalla morte del padre all’inaspettato scontro con l’odioso pregiudizio sulla sua origine e la sua Napoli (che per quanto una narrazione voglia dire superati, nel profondo, esistono ancora), fino ad arrivare a focalizzare il tema centrale, e in qualche modo risolutivo, del testo: la condizione della donna tra l’essere e l’apparire, fino al “dover apparire” in un certo modo per poter esprimere “il proprio essere”, provocando però una sorte di corto circuito, finendo per alimentare un sistema che si vorrebbe combattere.

Il duo regista-attrice di Mi chiamo N.  hanno lavorato assieme per realizzare un monologo molto attuale (che è stato scritto partendo dalle esperienze di Gherrero). Il tema principale l’uso del corpo femminile nel campo artistico-musicale. La stessa N./Cate afferma che Nina Simone era divenuta per il suo pubblico solo “labbra e seno” mostrando, con l’ausilio del proiettore, un piccolo corto animato. In questo spezzone proiettato sullo schermo dietro il sofà, la cantante afroamericana è divenuta un’avvenente gatta nera con una bocca e un seno stereotipato, il tutto per sedurre il pubblico bianco. 

Considerando la sciocca recita della Clitemnestra di Eschilo al liceo come prima esperienza teatrale, il corpo di Cate/N. è stato sfruttato per attrarre “metà dei genitori presenti durante l’esibizione”. Mi chiamo N. è una denuncia meta-teatrale dell’oggettovozzazione e sessualizzazione delle attrici;  nell’atto unico si avvertono gli echi del pensiero della studiosa di cinema Laura Mulvey, l’autrice del saggio Visual Pleasure and Narrative Cinema (1975).

Cinema, teatro e musica convivono per raccontare i sogni e le esperienze della protagonista

L’opera, scritta da Piccolo, si avvale anche di una parte cinematografica. Due operatori riprendono i movimenti e le espressioni della protagonista. Uno di loro si trova nella platea in prima fila, invece l’altro sale sul palo avvalendosi di una steadicam. L’esperienze teatrale e cinematografica si somma anche a quella musicale. Infatti, la musicista Eunice Petito suona al pianoforte la sinfonia jazz della Simon nascondendosi dietro le quinte. 

Il “j’accuse” femminile contro l’industria cinematografica e musicale 

Mi chiamo N. è un monologo attualissimo e feroce, un vero e proprio j’accuse contro l’industria dello spettacolo e della musica. La moralità dello spettatore viene messa in dubbio dalle parole della protagonista. In un primo memento, siamo spinti ad appoggiare (e condividere) le sue opinioni contro l’uso del corpo, ma non facciamo altro che guardarla e pensare al suo fisico. Il lavoro della performance di Gherrero centra l’obiettivo:  è il mondo nascosto dietro i divi, la fama e i paparazzi che difficilmente può essere combattuto se molte persone (tra cui noi spettatori) continuano ad alimentarlo (e dimostra questo durante lo spettacolo). Nonostante la forza delle parole della protagonista N., c’è una certa fatica ad immergersi nella realtà di questa fanciulla. I primi minuti dello spettacolo sono introduttivi, solo in seguito la scena di anima grazie al vero tema del monologo. 

Fonte immagine di copertina: si ringrazia il Teatro Bolivar per la locandina 

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A proposito di Salvatore Iaconis

Laureato in Filologia moderna presso l'Università Federico II di Napoli il 23 febbraio 2024 e iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 25 gennaio 2021. Sono cresciuto con i programmi educativi di Piero e Alberto Angela, i quali mi hanno trasmesso l'amore per il sapere, e tra le mie passioni ci sono la letteratura, la storia, il cinema, la filosofia e il teatro assieme alle altre espressioni artistiche.

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