The interrogation, al Teatro Mercadante | Recensione

The interrogation, al Teatro Mercadante | Recensione

The interrogation, al Teatro Mercadante: uno sguardo teatrale fuori dall’Italia

All’interno del suo cartellone 2023/24 il Teatro di Napoli propone un nuovo lavoro, questa volta in lingua fiamminga con i sottotitoli in italiano, un tentativo già provato con altri spettacoli da altri teatri: qui si parla di The interrogation, al Teatro Mercadante, di Édouard Louis e Milo Rau (regista della pièce), tratto dalla drammaturgia di Carmen Hornbostel e tradotto da Erik Borgman e Kaatje De Geest, con l’interpretazione di Arne de Tremerie.

Lo spettacolo va in scena dal 2 al 4 febbraio 2024 e – come altri lavori già indagati presso altri teatri (vedi qui)- anche The interrogation sperimenta una simbiosi sincronica tra linguaggio teatrale e linguaggio “filmico” attraverso la proiezione video, ma in tal caso mediante la forma del monologo.

«Il Teatro non dovrebbe essere un luogo sicuro» – Louis su Rau Family

Anzi- secondo The interrogation, al Teatro Mercadante – il teatro dovrebbe essere uno spazio in cui provare sulla propria pelle la difficoltà dell’esporsi, del condividersi specchiandosi e ritrovandosi in quella platea, ovvero in quel prossimo che assiste e che si identifica. Dunque, uno spazio scomodo in cui essere certamente vulnerabili, in cui l’unica formula riportata è quella dell’interrogazione: il dubbio, il cercare risposte senza mai averne una in tasca definitiva e concisa. E non è questo, forse, l’essenza della vita? Non è questo ciò che ci rende esseri umani? Allora, il teatro fa da ventre a quell’intimità svelata, a quei pensieri, a quelle parole manifestate tra carta e voce in un quando e in un dove pericolosi perché nudi, ma sicuri perché, lì, non conoscono barriere. E non è questa, forse, la grande potenza del teatro, ma in realtà dell’arte tutta?

The interrogation, al Teatro Mercadante – e non è poi così scontato specificare il posto in cui è andato in scena, data la funzione importante di polo culturale del suddetto teatro – diventa quindi anche un modo per interrogarsi sull’arte: «Possiamo fuggire dal nostro vissuto tramite l’arte, o l’arte è solo la prova di un fallito tentativo di liberazione?», ci si chiede nella pièce. L’arte non conosce limiti, è in parte finzione, illusione, e consente di viaggiare con l’inventiva nonché con la fantasia, di andare costantemente oltre rispetto alla realtà. Eppure, proprio per questo suo potere dell’artificio, l’arte si scontra e si incontra contemporaneamente con ciò che è concreto, con la realtà stessa, e diventa quel ventre di cui si parlava prima in cui ci si svela con le proprie contraddizioni. È un paradosso, è un dubbio e una ricerca costante, ma è in questo che riverbera la vita e la bellezza di cui l’arte si fa portatrice.

Perciò, The interrogation, al Teatro Mercadante, sceglie il dubbio, la domanda posta e auto-posta e ricerca in essa la creazione di suggestioni riflessive. E in questo processo anche il teatro si interroga su sé stesso, anche sulle proprie possibilità di linguaggio: al centro del palco la persona reale, la materia, senza alcuna scenografia da contorno, e in alto la sua riproduzione in video. In tal modo, il teatro si sdoppia, ma è in questo paradosso che esprime le sue profonde verità – se quest’ultima viene intensa nel senso di autenticità. Sembra una proposta già conosciuta dai tumulti novecenteschi, eppure l’incontro con almeno un minimo di tecnologia la rende una pièce fedele a un linguaggio attuale.

Fonte immagine: Ufficio Stampa

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A proposito di Francesca Hasson

Francesca Hasson nasce il 26 Marzo 1998 a Napoli. Nel 2017 consegue il diploma di maturità presso il liceo classico statale Adolfo Pansini (NA) e nel 2021 si laurea alla facoltà di Lettere Moderne presso la Federico II (NA). Specializzanda alla facoltà di "Discipline della musica e dello spettacolo. Storia e teoria" sempre presso l'università Federico II a Napoli, nutre una forte passione per l'arte in ogni sua forma, soprattutto per il teatro ed il cinema. Infatti, studia per otto anni alla "Palestra dell'attore" del Teatro Diana e successivamente si diletta in varie esperienze teatrali e comparse su alcuni set importanti. Fin da piccola carta e penna sono i suoi strumenti preferiti per potere parlare al mondo ed osservarlo. L'importanza della cultura è da sempre il suo focus principale: sostiene che la cultura sia ciò che ci salva e che soprattutto l'arte ci ricorda che siamo essere umani.

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