È stata la mano di Dio in mostra al MANN

è stata la mano

È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino commuove ed attrae. Scatti d’autore dal set del film del regista da Oscar napoletano sono in mostra al MANN nella sala monumentale del Toro Farnese fino al 5 settembre 2022.

È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino. Immagini dal set. Fotografie di Gianni Fiorito: si intitola così la mostra fotografica appena inaugurata al Museo Archeologico di Napoli, destinata a ricevere grande affluenza di pubblico ed un enorme e sincero apprezzamento da parte dei partecipanti, sin dalle prime ore successive all’apertura. A inaugurare la mostra fotografica, patrocinata dalla Regione Campania e dalla Fondazione Film Commission, realizzata in collaborazione con Netflix e The Apartment Pictures, è il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca insieme al “padrone di casa” Paolo Giulierini, direttore del MANN. Presente il fotografo autore dei 51 magnifici scatti Gianni Fiorito, insieme alla curatrice della mostra Maria Savarese

È stata la mano di Dio. Immagini dal set rientra nel ciclo culturale “Il MANN per la città”, un filone di esposizioni ed incontri con i quali il Museo Archeologico partenopeo dialoga apertamente con il territorio attraverso i temi che lo riguardano  filtrati dal tramen dell’arte. Un dialogo inevitabile, allora, quello che lega il capoluogo campano, luogo di nascita di Paolo Sorrentino, con la settima arte, quel sacro potere del cinema che a Napoli diventa magia

Sono sette anche i titoli scelti dal fotografo Gianni Fiorito per restituire altrettante direzioni dello sguardo e ripercorrere idealmente il cammino di formazione affrontato nel corso del film È stata la mano di Dio, espressione emblematica che grazie a Paolo Sorrentino ha stretto ulteriormente alcuni fili che annodano la vita di un cittadino napoletano alla sua vulcanica città. 

Un ragazzo adolescente timido e sognatore nasce all’ombra di un vulcano e gli somiglia: è quiescente quanto il Vesuvio, sembra perennemente addormentato, rannicchiato nel suo torpore, ma in realtà vi è un magma continuo a cullarlo, un potere interiore ed allo stesso tempo superiore che, nel momento massimo di dolore, giunge come un deus ex machina pronto a salvarlo. 

Il ragazzo adolescente perde i genitori in un maledetto incidente domestico. Diventa ancora più pensieroso, taciturno, quando ecco, capisce quale è la passione da inseguire e comincia a cercare “le parole per dirlo”. È su queste parole difficili, perché bloccate nelle sabbie mobili del dolore, che si sofferma l’attore Ciro Capano, presente all’inaugurazione della mostra fotografica e che nel lungometraggio interpretava Antonio Capuano, il maestro di cinema che nella realtà scosse Paolo Sorrentino dal torpore del dolore, sfidandolo a trovare “qualcosa da dire”, fedele al motto ormai diventato leggenda del “Non ti disunire”. 

Non me li hanno fatti vedere”: Ciro Capano racconta che è stata quella la frase più difficile da pronunciare per Fabietto, protagonista del film alter-ego del regista in dialogo con Capuano. È stato quello l’urlo soffocato a lungo e dunque poi feroce che, grazie alla sublimazione di È stata mano di Dio e al tempo di maturità raggiunto dall’autore ha finalmente trovato voce. 

Non è un caso che Gianni Fiorito abbia scelto un’immagine sorridente di Paolo Sorrentino a fare da copertina al libro-catalogo pubblicato in occasione della mostra fotografica. Un’immagine sorridente in cui Sorrentino è stato immortalato con le braccia sui fianchi, a pochi passi dal dischetto in area di rigore, dopo aver girato una scena allo Stadio San Paolo, palcoscenico vero e proprio di È stata la mano di Dio. Fiorito racconta trattarsi di uno scatto “rubato” poi divenuto così significativo da esser scelto per dare un senso al tutto. La frase inizialmente posta in forma di domanda a Maradona dal giornalista Luigi Necco nel 1986, in cui Necco chiedeva a Diego se avesse segnato “la mano de Dios o la cabeza de Maradona”, è stata sublimata nel film di Sorrentino ed è diventata una risposta

San Gennaro e ‘o munaciello”, “Passione”, “Napoli anni ‘80”, “La ricerca della felicità”, “La famiglia”, “‘O cinema”, “Perseveranza”: sono questi i sette titoli scelti da Gianni Fiorito per gli sguardi sul set suddivisi in 51 scatti, uno più bello dell’altro. Una mostra fotografica di spessore, che fa dell’espressione del cinema un suggello dell’arte, e che rievoca le parole stesse scritte da Paolo Sorrentino, da tenere a mente nel mentre si visita questo gioiellino incastonato nella Sala del Toro Farnese del Museo di Napoli. Un gioiellino che Sorrentino stesso ha promesso di visitare. Una promessa che un giorno – c’è da scommettere – quel ragazzo timido oggi regista di successo avrà tempo e modo di mantenere. 

Chissà se, nell’aldilà, è consentito andare al cinema. Così mia madre potrebbe vedere la lettera che le ho scritto, attraverso questo film. La lettera che sosta tutti i giorni nell’anima dei figli diventati grandi. Dove scriviamo, col pensiero e con le parole che non abbiamo detto, quella meraviglia che è stata o non è stata, ma che sempre rimarrà nella nostra vita sentimentale, l’idea di meraviglioso. Per questo mi piace pensare, con un’ingenuità da bambino profondo, che nell’aldilà si possa vedere un film. Per dire quello che non ho potuto dire”. 

Immagine di copertina: Museo MANN

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A proposito di Giulia Longo

Napolide di Napoli, Laurea in Filosofia "Federico II", PhD al "Søren Kierkegaard Research Centre" di Copenaghen. Traduttrice ed interprete danese/italiano. Amo scrivere e pensare (soprattutto in riva al mare); le mie passioni sono il cinema, l'arte e la filosofia. Abito tra Napoli e Copenaghen. Spazio dalla mafia alla poesia.

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