Gramsci negli studi culturali, il suo importante ruolo

Gramsci negli studi culturali, il suo importante ruolo

Gramsci è stato un politologo, attivista, linguista e giornalista italiano tra i fondatori, nel 1921, del Partito comunista d’Italia, di cui fu Redattore capo o Segretario. Grazie ai suoi studi e al suo pensiero ha avuto grande importanza per lo sviluppo degli studi culturali del Novecento. Nel 1926 fu arrestato dalla polizia fascista insieme ad altri parlamentari del partito comunista a Regina Coeli, per poi essere trasferito a Ustica fino al 1927, quando fu ordinato il suo trasferimento al carcere di San Vittore di Milano. Durante il suo periodo in carcere, a partire dal febbraio del 1929, ottenne, dal Ministero dell’interno, la possibilità di poter scrivere, possibilità grazie alla quale iniziò a dedicarsi ai Quaderni del carcere. Sono una raccolta di appunti che furono pubblicati postumi da Einaudi in una prima edizione tra il 1948 e il 1951, i quali ebbero un enorme impatto nella vita politica, nella filosofia e nelle scienze sociali. In questo articolo andremo ad approfondire il rapporto tra Gramsci e gli studi culturali, la correlazione tra i due e i temi che fungono da filo conduttore. I temi principali presenti nell’opera di Gramsci sono: 

  • L’egemonia che garantisce il controllo sociale;
  • Il ruolo degli intellettuali per far sì che l’egemonia passi al proletariato;
  • La questione meridionale che sta molto a cuore all’autore, che riguarda il problema principale dell’organizzazione del proletariato affinché si crei una coscienza di classe per il Sud Italia;
  • Considerazioni di tipo sociologico e politico. 

 

L’egemonia secondo Gramsci

Il concetto di egemonia è costantemente presente nell’opera di Gramsci, influenzando i successivi studi culturali. Egli si focalizza, in particolare, sul modo in cui la classe sociale previene nell’egemonizzare le altre, in che modo, mediante quali strumenti; questo processo riguarda, soprattutto, il passaggio dell’egemonia al proletariato italiano. La crisi dell’egemonia, che è un momento rivoluzionario, si può manifestare quando le classi sociali dominanti politicamente non sono più dirigenti e non riescono più a risolvere i problemi della società. Quindi la classe sociale che, fino a quel momento, era subalterna, può diventare dirigente quando propone delle soluzioni ai problemi che la precedente classe dirigente non è stata in grado di risolvere.  

La marginalità secondo Gramsci: gli studi culturali

È uno dei concetti principali degli studi culturali e della sociologia: indica la condizione di un individuo che, vivendo in una società altamente industrializzata, in aree definite appunto marginalizzate, a causa degli effetti di fenomeni di tipo economico e industriale, si ritrova in solitudine ed escluso dal mercato del lavoro, e ciò porta ad un impoverimento graduale della sua vita sociale e culturale.  

Gli studi culturali

Costituiscono un ramo degli studi sociali originati in Gran Bretagna, che si pongono come ampliamento e approfondimento degli studi culturali di massa. Gli studi culturali nascono da una fusione tra diversi approcci, come il post-modernismo, il marxismo, il femminismo, il post strutturalismo e il post colonialismo. I principali esponenti sono Hoggart e Williams, i quali facevano fede all’Università di Birmingham fondata dallo stesso Hoggart nel 1964. In Italia un nome per tutti è quello dell’attuale Università degli studi di Napoli l’Orientale, allora Istituto Universitario Orientale di Napoli, che si occupò per prima degli studi culturali ispirandosi agli studi di Birmingham. Gramsci ha avuto un forte impatto per quanto riguarda gli studi culturali: con i suoi concetti di egemonia e marginalità, in particolare, ha fornito un grande contributo agli studi culturali, che tutt’oggi vengono citati.

Fonte immagine: Wikipedia

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