Rilasciato il 25 ottobre 2024, The Great Impersonator è il quinto album in studio di Halsey, pseudonimo di Ashley Nicolette Frangipane, cantautrice statunitense che si è da sempre distinta per lo stile originale e la scrittura incisiva dei suoi brani. Il progetto, costituito da diciotto tracce, rappresenta un vero e proprio viaggio attraverso epoche e generi musicali, dimostrando la flessibilità di un’artista matura, capace di giostrarsi tra stili diversi senza mai perdere la sua impronta inconfondibile.
The Great Impersonator: genesi e concept dell’album
The Great Impersonator è stato concepito e realizzato da Halsey con la consapevolezza che sarebbe potuto essere il suo ultimo progetto a causa delle recenti diagnosi di lupus e leucemia. Ciò ha spinto l’artista a considerare un approccio più intimo, che le permettesse di parlare di sé e delle sue esperienze nella maniera più autentica possibile. Il risultato è un album eclettico, a tratti volutamente caotico, in cui Halsey si racconta attraverso lo stile dei grandi artisti che hanno influenzato il suo percorso musicale. L’intero progetto, inoltre, è stato preceduto dalla pubblicazione di una serie di snippet accompagnati da foto e video in cui la cantante impersonava le icone a cui si è ispirata. Da David Bowie a Stevie Nicks, da Cher a Britney Spears, Halsey ha omaggiato i grandi che hanno scritto la storia della musica, rielaborandone il linguaggio musicale in maniera personale e restituendo un’opera brillante che non è solo tributo, ma anche e soprattutto autoritratto.
The Great Impersonator: le tracce
L’album esplora temi profondi e complessi, tra cui il rapporto con la morte e con la malattia, le relazioni familiari – prima tra tutte quella con il figlio Ender, la cui voce appare anche in alcune tracce – e il dolore causato dall’abbandono in un momento di fragilità. Halsey riesce ad alternare brani dal sound emotivamente denso ad altri dal sound più leggero, rendendo l’esperienza d’ascolto un vortice di emozioni imprevedibile.
Dog Years è uno dei brani più intensi e grezzi dell’album; è una canzone grunge rock in cui si racconta la stanchezza, la frustrazione e la disillusione di chi ha trascorso la propria vita a combattere. L’atmosfera è cupa, a tratti ansiogena, accompagnata da chitarre dal suono graffiante in grado di travolgere l’ascoltatore con un forte sentimento di sopraffazione. In contrasto, I Believe in Magic si presenta come un brano dolce e riflessivo, che riflette sulla transitorietà della vita e il rapporto madre-figlio sfruttando un sound indie folk fatto di arrangiamenti acustici delicati. Il tono malinconico ma più speranzoso di questa canzone controbilancia abilmente quello cupo e grintoso di canzoni come Dog Years.
Life of the Spider è forse la canzone più scarna e straziante dell’album. La voce di Halsey in questo brano è nuda e sincera, carica di rabbia e dolore che si intensificano progressivamente, fino a dare vita a un grido disperato di sofferenza.
Significative sono anche le tre Letter to God, momenti dell’album che fungono da raccordo, conferendo coesione a un progetto tanto variegato. Ciascuno di questi interludi, dal sound intimo ed essenziale, rappresenta un momento preciso nella vita di Halsey, che in brevi lettere comunica con un’entità superiore, facendo emergere un lato estremamente vulnerabile di sé.
A conclusione di questo travagliato viaggio emotivo, The Great Impersonator è il momento musicale più significativo dell’album, quello in cui le maschere cadono e Halsey si ritrova a fare i conti con un’identità frammentaria. Con tono riflessivo, quasi ipnotico, l’artista si chiede cosa rimarrà di lei dopo la morte, lasciando spazio alla consapevolezza che verrà probabilmente ricordata solo per il suo ruolo di impersonatrice. È una chiusa efficace, che racchiude l’essenza dell’intero progetto, enfatizzandone ulteriormente il significato.
Considerazioni finali
The Great Impersonator si configura come un’opera stilisticamente complessa, che pur nella sua poliedricità, è in grado di mantenere una certa coerenza emotiva. A differenza di If I Can’t Have Love, I Want Power, l’album che l’aveva preceduto distinguendosi per il sound industrial rock ben definito, The Great Impersonator non dimostra di avere un’identità musicale netta e precisa; è, tuttavia, proprio nel suo essere indefinito che si cela l’essenza del progetto. È un album coraggioso, che, rappresentando autenticamente la rabbia, il dolore, il senso di sconfitta ma anche la speranza, riesce a smuovere sentimenti profondi nell’animo di chi sa ascoltare. Mettendosi a nudo come mai prima d’ora, Halsey si riconferma essere una delle artiste più versatili e genuine degli ultimi decenni.
Fonte immagine in evidenza: Spotify