The Shadow Project: dentro e fuori il ring | Intervista

The Shadow Project: combattere dentro e fuori il ring | Intervista
  • The Shadow Project: combattere dentro e fuori il ring | Intervista

The Shadow Project è il nome dell’organizzazione nata nel 2020 dall’idea della campionessa mondiale di kickboxing Gloria Peritore, supportata nel corso del tempo da fighters, coach e appassionati. Il loro obiettivo è promuovere il miglioramento della vita delle persone e contrastare la violenza attraverso l’impiego degli sport da combattimento. Noi di Eroica Fenice, siamo stati colpiti da quest’iniziativa e abbiamo cercato di scoprire qualcosa in più. Cosa possono dirci i fondatori?

Intervista alla fondatrice di The Shadow Project Gloria Peritore

Dopo molti anni dedicati alla pallamano, cosa l’ha spinta ad avvicinarsi al mondo della kickboxing, uno sport da combattimento, all’età di ventuno anni? 

A quell’età mi sentivo molto bloccata, debole, venivo da anni difficili in cui avevo sofferto molto il peso di una di pressione psicologica data da una relazione tossica. La mia vita era segnata fortemente da attacchi di ansia, di panico. Ho voluto provare uno sport che mi facesse paura, era come se sentissi il bisogno di mettermi alla prova, soprattutto emotivamente. Non so spiegarvi bene da cosa fui spinta, ma mi ritrovai a cercare su Google “sport da combattimento Firenze” e fu così che trovai una palestra vicino casa e andai a provare. La prima volta fallii, tornai indietro in preda a una crisi di panico e non entrai nemmeno in palestra. La seconda volta, dopo aver chiesto aiuto ad una mia amica, finalmente riuscii a varcare la porta della palestra e la mia vita cambiò.

Come è nata l’idea di creare l’organizzazione The Shadow Project dopo una carriera così importante e ricca di successi? Quanto c’è di personale in questa scelta? 

“The Shadow Project” è nata in primis per creare una community che condividesse i valori degli sport da combattimento, il rispetto, la disciplina, il coraggio di seguire i propri obiettivi e di esprimere se stessi. Le persone che inizialmente hanno fondato con me The Shadow Project provengono tutte da ring, gabbia e tatami, abbracciando – in tutta Italia – la mission dell’organizzazione. La persona che mi fece immaginare per la prima volta questo progetto fu Manuele Raini. A seguito di un mio periodo buio fu lui a sensibilizzarmi a costruire qualcosa di concreto in tal senso. E così è nata l’organizzazione, che poi si è specializzata nel contrasto alla violenza. Ha preso forma #FightTheviolence, che, unendo la pratica sportiva alla divulgazione e prevenzione della violenza, propone la pratica degli sport da combattimento non più come strumento di difesa personale ma come momento di aggregazione che favorisce la parità di genere tramite gli allenamenti tra uomini e donne. Sport che si praticano abituando le persone ad uno “scambio” nel rispetto delle regole e delle differenze fisiche, ma anche emotive. Di personale c’è molto. Questo sport mi ha salvato la vita e io farò di tutto affinché le persone possano conoscerne la bellezza.

Intervista al direttore sportivo Manuele Raini

Quali sono le principali attività di cui si occupa The Shadow Project

Tutto gira intorno allo sport che pratichiamo e insegniamo: la kickboxing e il pugilato che sono discipline da contatto altamente educative dove gruppi di persone composte da uomini e donne condividono tramite l’allenamento i valori che questo sport insegna. Alla base ci sono il rispetto, la condivisione, la disciplina e il coraggio, che aiutano le persone a stare bene psicologicamente e fisicamente. Incrementano l’autostima e stimolano chi pratica ad essere più coraggiosi e consapevoli, danno ai giovani un punto di riferimento da seguire. Da qui nascono eventi ed attività gratuite per avvicinare le persone allo sport. Parallelamente abbiamo il progetto #FightTheViolence, nato per contrastare la violenza, in particolare quella sulle donne e tra i giovani. L’obiettivo è arrivare nelle maggiori regioni italiane e creare un network solido di palestre e associazioni che abbracciano la nostra mission.

A questo proposito, cos’è il progetto #FightTheViolence e per quale scopo è nato?

È la parte dell’organizzazione orientata all’antiviolenza, con la quale vogliamo promuovere la parità di genere e attivare percorsi di prevenzione. In tal senso abbiamo anche uno sportello gratuito di orientamento guidato da uno psicologo che si occupa di dare delle prime informazioni a chi si trova in difficoltà e non sa cosa fare, oltre che a un primo supporto psicologico. Si accede scrivendo alla mail: [email protected] per poi continuare eventualmente tramite telefono e Skype. Ci appoggiamo ad associazioni antiviolenza con cui abbiamo dei protocolli d’intesa in corso e alle quali indirizziamo le persone che necessitano di aiutano. 

Lo sport sembra non avere nulla a che fare con la necessità di un supporto psicologico, tuttavia le due cose possono essere legate. Per questo motivo è importantissimo lo sportello di ascolto che avete messo a disposizione. Che tipo di aiuto fornite?

L’aiuto che forniamo è sia a livello pratico, di consulenza con il nostro psicoterapeuta, sia di incoraggiamento tramite i nostri open talk, eventi e soprattutto comunicazione social. Mediante questi canali cerchiamo di incoraggiare le persone a non mollare davanti a una situazione dolorosa, a fare uno sport che possa aiutare anche fuori dal ring a sentirsi più forti, e che chiedere aiuto non è sinonimo di debolezza. Ma soprattutto, cerchiamo di far sentire le persone meno sole in questo senso, fornendo una prima spalla, totalmente in forma anonima e gratuita. Sappiamo bene quanto sia difficile denunciare o anche solo ammettere a se stessi di star subendo una violenza.

In cosa consiste la vostra modalità di allenamento, il Fightwork?

Il Fightwork è il metodo di allenamento che io e Gloria abbiamo studiato, testato e poi usato sia nelle aziende che in altre realtà, oltre che durante i nostri eventi. Permette di allenarsi con la stessa intensità dei fighter agonisti ma senza un contatto eccessivo, concentrandosi sulla tecnica. In questo modo diventa più accessibile anche a chi è dubbioso rispetto a questi sport o semplicemente ha paura di praticare; come spesso può succedere ai soggetti considerati deboli o sensibili al contatto. 

Nel 2024, quanto è ancora radicata l’idea che una donna non sia adatta a praticare uno sport da combattimento, e quali sono le strategie che mettete in atto per cercare di annientare questo pregiudizio?

Esiste ancora questa proiezione, ma qualcosa sta cambiando grazie anche a Gloria Peritore e ad altri personaggi pubblici come Elisabetta Canalis, appassionata e praticante di kickboxing e come Michelle Hunziker, cintura blu di karate, che supportano il nostro progetto #Fightheviolence. Grazie alla loro popolarità stanno facendo conoscere a moltissime persone, soprattutto donne, quanto gli sport da combattimento facciano bene alla salute mentale e fisica. Attraverso questo importante lavoro di sensibilizzazione oggi possiamo dire che il genere femminile è sempre più numeroso negli sport da contatto, ma non bisogna fermarsi perché c’è ancora tanta strada da fare.

Quanto può aiutare lo sport per le donne che hanno subito violenze? 

Lo sport in quest’ottica è fondamentale, in particolare quelli da combattimento perché a differenza di altri, che sono di genere solo maschile o femminile (calcio, pallavolo, basket etc.), si praticano assieme. Pensiamo possa avere un ruolo importante perché lo sport arriva dove a volte le parole non riescono. Può aiutare a ritrovare quella consapevolezza e quella forza che può venire meno quando si vivono delle situazioni traumatiche o dolorose. E per farlo, a mio avviso, le donne devono trovare un ambiente consono e favorevole, magari con altre donne presenti.

Durante la vostra attività di open talk, ci sono state esperienze che vi hanno colpito di più? 

Ci sono state molte testimonianze importanti, tra cui l’assessore ai Grandi Eventi, Turismo e Moda di Roma Capitale, che per l’occasione del nostro evento pubblico ha confermato di credere nel nostro progetto. La medaglia d’Oro olimpica Luigi Busa, nostro Ambassador, ha parlato del suo impegno attraverso lo sport alla lotta contro il bullismo e la violenza di genere. E ancora, l’artista Sira Iacono che ha emozionato il pubblico raccontando come ha trasformato in un dipinto un’aggressione subita. A seguire, l’intervento del campione mondiale di kickboxing Mattia Faraoni e quello di Laura De Dilectis, fondatrice della famosa associazione “DonneXStrada” che ha raccontato di come assieme al suo staff sta contribuendo al contrasto della violenza contro le donne. La standing ovation è andata all’organizzatrice e presentatrice dell’evento Gloria Peritore, che ha saputo arrivare al cuore dei presenti raccontando grazie al suo coraggio, e senza vittimismo, cosa sta facendo per abbattere la piaga della violenza.

 

Fonte immagine in evidenza: sito ufficiale The Shadow Project 

A proposito di Ilaria Panaro

Laureata in lingue e letterature europee, il mio amore per la parola scritta ha guidato ogni passo della mia formazione e carriera. Appassionata di letteratura, mi sono dedicata allo studio delle lingue alla scoperta delle sfumature culturali che permeano le letterature e le culture. Questa passione si riflette anche nel tempo libero poiché sono solita immergermi in opere letterarie di vario genere e periodo. La mia vita è una fusione tra l'amore per le lingue, la dedizione alla letteratura e la gioia della lettura e scrittura.

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