Interstellar e la sua scienza: Nolan e Thorne

Thorn e Nolan: la scienza di Interstellar

Interstellar è un film diretto da Christopher Nolan, uscito nelle sale cinematografiche nel 2014. Narra di un mondo utopico, precisamente nell’anno 2067, dove la popolazione globale è stata colpita da una grave carestia dovuta alla peronospora. La trama del film, si incentra principalmente sulla missione spaziale effettuata dal protagonista Cooper (Matthew McConaughey), un ex-astronauta costretto a fare l’ agricoltore, padre di due bambini, e di una crew di scienziati e fisici appartenenti a quella che una volta era la NASA. Lo scopo finale della missione è di trovare un pianeta abitabile per riuscire a salvare la specie umana dall’estinzione. I pianeti identificati, molti anni prima, sono 3, posizionati all’interno di quello che viene definito come wormhole, ovvero un tunnel spazio-temporale che conduce in questo caso in un’altra galassia in brevissimo tempo, comparso vicino Saturno. Una delle caratteristiche fondamentali della trama di questo film, va a ricadere nel tempo come misura a noi conosciuta, scandita da secondi minuti e ore, che nel caso della crew in missione scorre in modo totalmente differente, nel momento in cui si trovano nel primo pianeta che decidono di visitare. Oltre questo ritroviamo Gargantua, il buco nero su cui due dei tre pianeti scoperti orbitano e poi il concetto di wormhole e iperspazio.

Ma quanto di vero possiamo riscontrare all’interno di questo film nell’ambito scientifico? Andiamo ad analizzare fenomeno per fenomeno insieme.

Innanzitutto bisogna precisare che l’idea di Interstellar è partita da un noto fisico, ovvero Kip Thorne, il quale ha fatto da consulente scientifico a Nolan durante l’elaborazione del film. Tra l’altro, nel 2017, Thorne ha ricevuto il premio Nobel per la fisica per il rilevamento delle onde gravitazionali.

Il wormhole

All’interno di Interstellar stesso, c’è uno scambio di battute tra Cooper e Romilly (un membro dell’equipaggio) dove quest’ultimo va a spiegare in maniera elementare cosa sia effettivamente un wormhole utilizzando un semplice foglio di carta: se lo spazio avesse solo due dimensioni, e ci fosse un essere confinato sul foglio, anch’esso bidimensionale, il percorso per andare dal punto A al punto B sarebbe un percorso lineare. Ma, nel momento in cui il foglio si piega in una terza dimensione che non fa parte dello spazio bidimensionale del foglio e dell’essere al suo interno, si andrà a creare un passaggio, un  buco, e si potrebbe andare istantaneamente dal punto A al punto B senza ricorrere al percorso bidimensionale. Quindi, il wormhole è una scorciatoia, un tunnel con due imboccature che in due dimensioni sono rappresentate come un cerchio, chiaramente, mentre nel mondo tridimensionale in cui viviamo, il cerchio è effettivamente una sfera tridimensionale ed infatti in Interstellar lo vediamo rappresentato come tale, in modo scientificamente corretto. Notiamo, inoltre, che guardando all’interno della sfera tridimensionale, si vede quello che risiede al lato opposto del wormhole una volta oltrepassato, ovvero una regione tridimensionale dello spazio molto lontana da quella in cui gli astronauti all’interno dell’Endurance si trovano. Un’altra cosa che possiamo notare all’interno del wormhole, è il fatto che le immagini delle stelle che ritroviamo dentro ed attorno ad esso sono completamente distorte, poichè lo spazio è curvato dalla presenza del wormhole e quindi anche la luce che sta dall’altro lato viene deviata passando dal tunnel che collega le due imboccature. Il tunnel stesso ha tre dimensioni, come lo spazio ordinario che conosciamo noi, quindi l’Endurance può attraversarlo tranquillamente, l’unica differenza che notiamo è che, esattamente come spiegato nell’esempio del foglio, dove si passa da una bidimensionalità ad una tridimensionalità nel momento in cui il foglio si piega e va a creare un varco per un passaggio diretto da un punto ad un altro punto lontano, allo stesso modo vediamo all’interno del film la presupposizione di una quarta dimensione che non è accessibile normalmente. Nella versione italiana del film, vediamo che questa quarta dimensione viene denominata “iperspazio”, mentre in inglese viene tradotto come “bulk”. Naturalmente, l’idea dell’esistenza di una quarta dimensione, quindi una dimensione aggiunta, è totalmente ipoitetica e non abbiamo fondamenti scientifici per sostenere questa tesi, anche il modo in cui il tunnel è stato attraversato all’interno del film è totalmente immaginario, ma questo perchè chiaramente nessuno per il momento ha attravesato un wormhole.

Gargantua

Gargantua è il nome del buco nero che ritroviamo rappresentato all’interno di Interstellar, attorno cui ruotano i due pianeti: Miller’s planet e Mann’s planet. Secondo Thorne, Gargantua ha una massa cento milioni di volte superiore a quella del sole e con questa massa, si può calcolare che il raggio dell’orizzonte è piu’ o meno quanto la distanza tra il sole e la terra, quindi 150 milioni di km. Anche qui, come nel caso del wormhole, la rappresentazione del buco nero all’interno del film è estremamente realistica e coincide con le previsioni della relatività generale. Di nuovo, nessuno ha mai visto un buco nero così da vicino come ci viene fornito dalla pellicola cinematografica, ma coincide in maniera molto similare alle simulazioni scientifiche effettuate. A detta di Thorne, però, la realizzazione su schermo di Gargantua non è del tutto realistica per quanto riguarda le dimensioni comparate, ad esempio a quelle dell’Endurance,  poichè doveva essere molto piu’ grande. Una cosa importante da notare delle caratteristiche di Gargantua, è che il disco di accrescimento intorno a Gargantua contiene poco “materiale” e questo accade quando un buco nero di dimensioni cosi grandi non ingloba nessuna stella da milioni di anni. Vediamo che, appunto, è quello che va ad accadere a Gargantua, e questa condizione del disco di accrescimento fa si che esso non sia eccessivamente caldo e non emetta grandi quantità di radiazioni, quindi che non si venga carbonizzati nel momento in cui ci si avvicina ad esso.  Allo stesso tempo, però, vediamo che Gargantua, nonostante questa condizione, sia sufficientemente caldo da poter alimentare i pianeti che gli ruotano attorno. Un’altra caratteristica di Gargantua è la sua rapidità di rotazione che ha delle conseguenze sullo spazio circostante: vicino all’orizzonte lo spazio viene trascinato a velocità prossime a quelle della luce; l’astronave Endurance, infatti, si parcheggia in un’orbita molto distante, circa 10 volte dal raggio dell’orizzonte, dove può stare al sicuro e non risentire di un effetto di dilatazione temporale troppo grande.

Il pianeta di Miller

Il pianeta di Miller, quello coperto completamente d’acqua, si trova nell’orbita stabile più vicina a Gargantua. Siccome il pianeta è vicino al buco nero, per gli astronauti il tempo scorre molto più lentamente rispetto a chi è rimasto sull’Endurance e questo lo vediamo, in Interstellar, nel  momento in cui Romilly decide di restare nella navicella per studiare al meglio le proprietà del buco nero; quando  Cooper e Brand (Anne Hathaway) ritorneranno nella stazione spaziale, per Romilly saranno passati ben 23 anni. Infatti, la dilatazione temporale calcolata è di 7 anni terrestri per ogni ora passata sul pianeta: per ottenere questo effetto richiesto dal regista, il pianeta deve orbitare vicinissimo all’orizzonte. Per rendere possibile questa cosa Thorn ha immaginato che Gargantua ruoti su se stesso ad una velocità enorme, la massima consentita dalla relatività generale. Per chi lo osserva da lontano, il pianeta di Miller effettua un’orbita attorno a Gargantua in circa due ore, ciò significa che si muove a circa metà della velocità della luce. Però, a causa della dilatazione temporale per chi sta sul pianeta, l’orbita avviene in un decimo di secondo. Inoltre, il pianeta di Miller è deformato e mostra sempre la stessa faccia al buco nero; questo è un fenomeno che possiamo riscontrare anche nella nostra luna, la quale mostra sempre la stessa faccia alla terra perché gira su sé stessa nello stesso tempo in cui compie un’ orbita completa. Vediamo, quindi, che il pianeta di Miller gira su sé stesso e contemporaneamente orbita ad una velocità impressionante. L’unica ragione per cui non va in pezzi è dovuta al fatto che anche lo spazio circostante viene trascinato alla stessa velocità dalla rotazione del buco nero. Una cosa curiosa che possiamo notare nella scena del film dove atterrano sul pianeta di Miller, è il fatto che c’è un ticchettio persistente di fondo e ognuno di esso corrisponde ad un giorno intero passato sulla terra.

Il finale – L’entrata di Cooper all’interno di Gargantua

Il finale di Interstellar è sicuramente la parte più complicata da capire ed assimilare del film, infatti Cooper decide di entrare all’interno di Gargantua. I motivi per il quale decide di fare questa scelta sono fondamentalmente 2:  per salvare Brand che altrimenti non ce la farebbe a sfuggire se dovesse portarsi dietro anche il peso di Cooper e perché l’interno del buco nero potrebbe avere informazioni sulla gravità quantistica che servirebbero a completare le equazioni del professore Brand permettendo all’umanità di conquistare la gravità e lasciare la terra. Vediamo innanzitutto come Brand non vede mai Cooper entrare nell’orizzonte, come è corretto che sia,  Cooper, invece, non solo continua a ricevere segnali da Brand ma non nota niente di particolare nell’attraversare l’orizzonte e anche questo è corretto. Ma la domanda che chiunque abbia visto il film si è posta è: entrando nel buco nero, Cooper non dovrebbe morire? Limitandoci alla descrizione dell’interno di un buco nero che ci offre la relatività generale la risposta è sì, perché nel centro del buco nero dovrebbe esserci una regione di densità infinita e sarebbe inevitabile raggiungerla; ma qui vediamo come il film sfrutta idee teoriche che permettono a Cooper di sopravvivere. Queste sono teorie che nascono dai tentativi di trovare una descrizione quantistica della gravità, ipotizzando che l’universo abbia più dimensioni di quelle che conosciamo. Il nostro universo ha quattro dimensioni: tre spaziali, più una temporale. Interstellar Immagina che ci sia una dimensione spaziale in più, esattamente come il concetto del wormhole poco prima descritto. Inoltre, nella funzione del film, esistono esseri in grado di muoversi anche nella quarta dimensione spaziale e saranno loro poi a salvare Cooper. Al termine di questo viaggio per raggiungere il centro di Gargantua,  Cooper si ritrova a osservare la stanza della figlia sulla terra. Bisogna innanzitutto tenere presente che gli esseri che hanno creato il tesseract, quindi questo cubo quadridimensionale,  possono vedere il tempo come se fosse un’altra dimensione fisica e quindi non temporale. Cooper si trova avanti a sè la stessa stanza, vista però in tempi diversi, e capisce che può spostarsi lungo la dimensione temporale balzando da un tempo all’altro. Cooper non si trova fisicamente nello stesso spazio dove si trova la figlia poichè è intrappolato in una delle facce di questo ipercubo quadridimensionale. Egli può vedere la figlia perchè secondo le idee teoriche su cui è basata questa sequenza, tutte le interazioni e le particelle che conosciamo vivono nello spazio tridimensionale, ma possono anche propagarsi attraverso le facce dell’ipercubo. Quello che non può succedere però è che queste interazioni ordinarie possano propagarsi all’indietro nel tempo, quindi Cooper non solo è intrappolato e non può tornare fisicamente nel passato della figlia, ma non può neanche comunicare attraverso la luce o attraverso le normali particelle elementari. L’unica interazione che può viaggiare nell’iperspazio e raggiungere Murph, la figlia di Cooper,  è la gravità. Quindi vediamo come la gravità non solo può attraversare il bulk e la quarta dimensione, ma può anche farlo avanti e indietro nel tempo. Nel momento in cui Cooper capisce questa teoria, comprende che creando delle perturbazioni gravitazionali può comunicare con Murph e lo fa spostando libri della biblioteca, la polvere e le lancette dell’orologio. Vediamo infine, quindi, come Cooper riesce a comunicare i dati raccolti all’interno di Gargantua a sua figlia nel passato e lei riesce a risolvere le equazioni della gravità quantistica e questo dà all’umanità la possibilità di manipolare la gravità e di viaggiare nello spazio.

Insomma da questo, abbiamo ben compreso che Interstellar ha un’ottima base scientifica e che sia uno dei pochi film in assoluto che rispecchia fedelmente le leggi della fisica quantistica. 

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Fonte immagine Thorn e Nolan: la scienza di Interstellar: Pixabay

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