Lucy Salani, l’unica donna italiana transgender sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti, è stata ricordata alla Pride Croisette con la presentazione del documentario a lei dedicato C’è un soffio di vita soltanto.
Dal 28 maggio al 14 giugno 2025, la Pride Croisette ha in serbo un fitto programma di eventi, spettacoli, talk per celebrare il mese del pride. Tra questi, si è tenuto il talk Lucy. Una testimonianza di resistenza, a cura di Popcorn & Podcast. Il duo ha intervistato Daniele Coluccini, il regista (insieme a Matteo Botrugno) del documentario C’è un soffio di vita soltanto. Un documentario che racconta la vita di Lucy Salani, una donna transgender che con tenacia non si è arresa alle sfide che la vita le ha posto davanti.
Lucy Salani, un’identità che resiste
Scomparsa nel 2023 all’età di 98 anni, Lucy Salani è considerata l’unica donna italiana transgender sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti. È nata come Luciano Salani ed è cresciuta in un periodo storico in cui essere trans era qualcosa di assolutamente inconcepibile, oltre che impensabile.
Nel 1944, è stata deportata nel campo di Dachau, in quanto disertrice dell’esercito tedesco, al quale era stata costretta ad unirsi anni prima. Qui, riesce a sopravvivere per sei mesi, fino alla liberazione americana avvenuta nel 1945.
La sua storia è abbastanza conosciuta nell’ambiente bolognese, dove è tornata a vivere negli anni Ottanta, fino alla sua morte. Ma è una storia che ha avuto maggiore rilievo anche grazie al lavoro della scrittrice e regista Gabriella Romano, che alla vita di Lucy Salani ha dedicato un libro, Il mio nome è Lucy. L’Italia del XX secolo nei ricordi di una transessuale, e un documentario, rimasto però ancora inedito.
C’è un soffio di vita soltanto
Riprendendo nel suo titolo la frase finale di una poesia che Lucy aveva scritto all’età di 14 anni, il documentario indipendente di Daniele Coluccini e Matteo Botrugno è nato con l’intento di raccontare la storia dell’unica donna italiana transgender sopravvissuta a Dachau. Il progetto iniziale si è trasformato, però, in quello che Coluccini ha definito “il più grande impegno umano e cinematografico fatto fino ad ora”. Questo perché C’è un soffio di vita soltanto è il risultato della vera e propria amicizia che si è instaurata tra Lucy e i due registi.
È un progetto che è stato stravolto anche dall’arrivo della pandemia di Covid-19 e dalle sue restrizioni. Pandemia che ha cambiato i programmi per il 75° anniversario della liberazione di Dachau, a cui la stessa Lucy era stata invitata, in quanto sopravvissuta agli orrori di quel luogo. Per la prima volta dopo anni il campo era completamente vuoto e qui Lucy vi ha potuto trovare una calma assoluta, tanto da riuscire a fare pace con quel posto, come ha detto lei stessa.
Si tratta di un documentario che, da un lato, parla di resistenza e positività, ma dall’altro, ci permette di notare i segni degli orrori di quel periodo, rimasti sul corpo e nella mente della protagonista. Segni che la stessa Lucy ci vuole mostrare per non dimenticare e per permettere alla sua storia di essere tramandata.
Una storia a cui Coluccini e Botrugno cercano di dare quasi una lettura cosmica, attraverso immagini di repertorio del mondo naturale e della biologia. Un modo per rappresentare al meglio Lucy, che era una grande appassionata di fantascienza, una persona che sembrava andare oltre la realtà con una spiritualità tutta sua e che credeva che alla fine di tutto c’è solo un soffio di vita soltanto.
Fonte immagine: locandina