Storia di chi fugge e di chi resta. Il terzo capitolo de L’amica geniale sugli schermi

Storia di chi fugge e di chi resta. Il terzo capitolo de L’amica geniale sugli schermi

Dopo ben due anni debutta su Rai1 il 6 febbraio 2022 l’attesissimo terzo capitolo de L’amica geniale. È Storia di chi fugge e di chi resta, tratto dall’omonimo romanzo della quadrilogia di Elena Ferrante. In collaborazione con Rai Fiction, la serie, che si compone di quattro puntate di due episodi ciascuna, al pari del successo letterario, diviene ormai un fenomeno internazionale, complice il riuscitissimo lavoro del nuovo regista Daniele Luchetti e l’indiscusso talento dell’intero cast, a partire proprio dalle giovani protagoniste Margherita Mazzucco e Gaia Girace.

Lenù e Lila tornano con maggior vigore ad affascinare e rapire occhi e cuori dei telespettatori, in un crescendo di bravura e sorprese, sullo sfondo di un’Italia magnifica e complicata, quella degli anni Settanta, con tutto il dinamismo che la connota.

Anche le location non restano statiche e impantanate, in quanto le scene saltano da Napoli a Firenze, lavorando nel centro storico tra Piazza della Signoria, Piazza Santa Croce, Piazza Santissima Annunziata, Palazzo Vecchio fino all’estiva Versilia.

Storia di chi fugge e di chi resta. Trama

Anche la fiction, così come il romanzo, prosegue la narrazione delle vicende da dove si è interrotta con Storia del nuovo cognome, concentrando la terza stagione sulla progressiva e matura crescita delle protagoniste Lenù e Lila, focalizzando l’attenzione sul passaggio dall’adolescenza all’età adulta, e scegliendo di separare geograficamente e poi emotivamente le protagoniste: Lenù che lascia il rione per trasferirsi a Firenze, prossima alle nozze con il giovane professore universitario Pietro Airota (Matteo Cecchi), e Lila che resta a Napoli alle prese con il sostrato socio-culturale soffocante della sua terra.

Dopo la laurea in Lettere alla Normale di Pisa, Elena pubblica il suo primo romanzo, che le arreca un discreto successo, ma che desta anche non poche polemiche per gli argomenti trattati, espliciti e scomodi per quei tempi. Siamo negli anni Settanta, sullo sfondo di un’Italia in crescente tumulto per il divario tra classi, le contestazioni sociali, la rivoluzione e l’avvento del femminismo e del terrorismo. E la storia riprende proprio con Lenù che è a Milano per presentare il suo libro, imbattendosi nel suo grande amore Nino Sarratore (Francesco Serpico), che la difende dalle aspre critiche di un giornalista lì presente.

Intanto Lenù fa ritorno a Napoli per far conoscere Pietro ai suoi genitori, facendo nuovamente i conti con quell’ambiente ritroso e anacronistico, che tra l’altro sembra voler inghiottire senza scampo la sua storica amica, da un lato, e sua sorella minore, dall’altro, che intanto con l’entusiastico appoggio familiare lega con i Solara. Qui, attraverso gli amici d’infanzia Pasquale (Eduardo Scarpetta) ed Enzo (Giovanni Buselli), Elena viene a conoscenza della precaria situazione salutare di Lila, sfruttata nel salumificio del viscido Bruno Soccavo (Francesco Russo) fino al deperimento fisico. Ma stanca dell’insostenibile situazione si ribellerà, lasciando il duro lavoro malpagato, incitata anche da Pasquale e Nadia (Giorgia Gargano) – la figlia della professoressa Galiani ed ex ragazza di Nino – a iscriversi al partito comunista per denunciare il maltrattamento lavorativo fino agli abusi di Bruno. In questo periodo, Lila si avvicina ad Enzo, e insieme, studiando di notte per prepararsi, cominceranno a guadagnare stipendi migliori, lavorando come programmatori per l’IBM, e permettendosi in questo modo uno stile di vita più dignitoso e garantendo al piccolo Gennaro (Salvatore Tortora), figlio di Lila, un futuro più concreto.

Elena intanto cerca di aiutare la sua amica scrivendo un articolo di denuncia per l’Unità, che le apre anche le porte nei circoli giornalistici. Incrementa poi la sua ascesa sociale grazie al matrimonio con Pietro, già figlio d’arte, entrando a far parte di un ambiente intellettuale che l’allontana sempre più dall’ingombrante passato familiare e sociale. Ma la sua nuova vita la deluderà presto, sentendosi intrappolata in un matrimonio con risvolti inaspettati, e travolta dall’impegnativo ruolo di madre di Adele, soprannominata Dede (Sofia Luchetti), ed Elsa. A complicare poi un già precario equilibrio familiare, interviene Nino, che attraverso la sua amicizia accademica con Pietro, irrompe nuovamente nella vita di Elena, stavolta con autentica determinazione. Lenù, dal canto suo, comincerà a porsi mille domande sulla sua vita, sulla direzione che sta prendendo, sull’aridità dell’ispirazione letteraria, e mettendo in discussione il rapporto con suo marito.

Storia di chi fugge e di chi resta. La nuova straordinaria regia di Daniele Luchetti

Daniele Luchetti prende il testimone da Saverio Costanzo e Alice Rohrwacher, e lo fa più che egregiamente, raccontando gli sviluppi verso la maturità delle protagoniste Elena e Lila, mostrando con dovizia di dettagli e competenza un periodo storico che conosce bene, avendolo già rappresentato al cinema in film come Mio fratello è figlio unico (2007). Nell’accettare la regia del terzo capitolo della serie più seguita e lodata degli ultimi anni, Luchetti si muove con rispetto, in punta di piedi, ma anche con la consapevolezza di riuscire a creare un bellissimo rapporto con gli attori e un valido connubio tra eredità e innovazione.

Il successo maggiore per Storia di chi fugge e di chi resta arriva dal fatto che Luchetti non è solamente un regista per il cast di attori, bensì maestro, amico ed esperto degli eventi del periodo narrato: fornisce suggerimenti e informazioni sui più minuziosi dettagli delle scene da girare. Inoltre anima le giovani comparse, spiegando loro con fervore per cosa stessero manifestando, perché in molti non conoscono il significato degli slogan che urlano sul femminismo, la rivoluzione e l’occupazione, generando entusiasmo e donando vivacità ed esaltazione alle scene politico-sociali.

Luchetti guida sapientemente le protagoniste all’introspezione del proprio personaggio, e riuscendo così, nonostante la loro giovanissima età, ad entrare in simbiosi con coloro che interpretano, a far crescere notevolmente il proprio personaggio, facendo i conti anche con un dualismo dialettico che spesso lo connota.

Un ulteriore aspetto a favore della nuova regia risiede nella scelta consapevole di mantenere lo stesso cast, dunque anche le protagoniste, delle prime due serie. Lenù e Lila diventano donne, e lo fanno senza affidarsi a volti più maturi o ad un invecchiamento suggerito dal trucco. Puntano tutto sul loro talento, divenendo quasi una scommessa. Si percepisce una maturità visibile tanto nelle espressioni quanto negli atteggiamenti di Margherita e Gaia. A tal proposito, la scelta di Luchetti non consiste in una volontà conservatrice o nel timore del cambiamento radicale. Piuttosto è meditata e fortunata, scava in profondità, perché gli attori e le attrici crescono davanti agli occhi increduli dei telespettatori, capitolo dopo capitolo, scena dopo scena. Luchetti racconta i cambiamenti intimi, e non, di Elena e Lila, e lo fa analizzando contemporaneamente i cambiamenti sociali, ideologici e politici che si muovono con loro, con le loro ambizioni e le loro lotte.

Una regia per nulla flebile, ma dirompente, sicura, senza risparmio di energia e verità, e lo fa puntando alla chiarezza espositiva, sia nella forma (nonostante e grazie all’immancabile contributo dialettale) che nei contenuti. Luchetti evita lo stile caricaturale, edulcorato ed eccessivamente romantico, per raccontare invece tutta la crudezza e la sofferenza fisica e psicologica che comportano i cambiamenti e la crescita in un periodo storico che non fa sconti al timore, dove la tragica realtà degli eventi fa da protagonista, dove violenza, abusi e sfruttamento costituiscono il movente fondamentale per il riscatto femminile ed operaio. Niente filtri, solo una recitazione d’impatto, autentica e senza fronzoli, con la volontà di essere più fedele possibile al romanzo.

Storia di chi fugge e di chi resta. La lotta per l’indipendenza sullo sfondo di un’Italia in fermento

Storia di chi fugge e di chi resta non è il semplice racconto di un’amicizia che resiste al tempo. Il terzo capitolo è una fotografia che immortala la storia intima intrecciata alla storia d’Italia negli anni Settanta, che dal rione raggiunge le piazze della contestazione studentesca e operaia, delle occupazioni universitarie, degli scontri tra comunisti e fascisti, del terrorismo e al centro la lotta per l’emancipazione femminile, questo a Milano, a Firenze, nell’Italia tutta, vedendo in Lenù e Lila i due poli che in maniera diversa ne mostrano l’evoluzione. Dopo i colori pastello e il boom economico degli anni Sessanta, seguono appunto gli anni di piombo, che prendono vita in tutta la loro dirompenza attraverso le scelte e le lotte intime ed estroverse delle protagoniste. Le parole lette nel romanzo divengono dialoghi avvincenti e sfrontati, sullo sfondo di eventi rivoluzionari, sanguinosi e potenti.

Tanto Lenù quanto Lila cercano di affermarsi, anche sulla scia degli eventi, in un contesto dinamico e caotico, come donne libere e indipendenti. Desiderano a tutti i costi emanciparsi dalla tradizione patriarcale, che le vede fino a quel momento cristallizzate in determinati ruoli richiesti da altrettanto determinati contesti sociali e familiari. Un percorso fatto di scelte tormentate, di traumi e delusioni. Ma la loro tenacia cambia le rispettive esistenze, talvolta ravvicinandosi, altre allontanandosi l’una dall’altra. Per entrambe sussistono risvolti determinanti, linee d’ombra e luce che segnano il passaggio dall’adolescenza all’età adulta. La vita le costringe a crescere in fretta.

Elena si laurea e lascia il rione, fugge da quel contesto bigotto ed ingombrante. Realizza il suo sogno di scrittrice ed entra a far parte di un contesto ideologico e culturale finalmente all’altezza delle sue aspirazioni. Firenze sembra offrirle un’ottima opportunità, personale e professionale. Ben presto tuttavia le speranze vengono disilluse, ritrovandosi a lottare contro il forte accademismo del marito e i fantasmi interiori che si trascina dietro sin dall’adolescenza: l’amore mai eclissatosi per Nino e la consapevolezza sempre più vivida che le donne siano plasmate dal successo, dal piacere e dal volere degli uomini. Dal rione a Firenze, dalla famiglia al marito, gli sviluppi sembrano reiterarsi nel medesimo meccanismo perverso di un maschilismo senza soluzione: Pietro, nonostante sia capace di pensiero autonomo e progressista, dimostra all’interno del rapporto di coppia e familiare poco entusiasmo alla scintilla intellettiva e culturale di Elena e all’idea che lavori, assegnandole implicitamente il ruolo di moglie e madre “tradizionale”, dedita esclusivamente alla cura del marito, delle figlie e della casa. Emblematica a tal riguardo l’espressione che utilizza Elena, rivolgendosi al marito per spiegargli le sue impressioni e percezioni, precisa e schietta: «’Ncap a tte a schiava avess essere je?» (Per te dovrei essere io la schiava?). Ecco che il matrimonio si trasformerà presto per Elena in una sorta di gabbia dorata borghese, apparentemente perfetta, ma strenuamente soffocante. Leggerà libri sulla condizione della donna nella società, apprenderà degli innovativi metodi anticoncezionali, parteciperà alle manifestazioni di piazza per l’emancipazione femminile e si costruirà idee precise su ciò che è e ciò da cui intende liberarsi. Non ha lasciato il rione per entrare in una nuova realtà fatta di limitazioni e pregiudizi, seppur ammantata di fascino e perbenismo. Lenù sogna la libertà e intende a tutti i costi trovare ed affermare la vera sé, recuperare l’ispirazione letteraria assopita ed ascoltare la voce interiore del vero amore che da sempre la lega a Nino Sarratore.

Anche Lila, seppur in maniera più estroversa e meno riflessiva dell’amica, conduce una lotta personale per liberarsi dai grovigli familiari. Lascia il marito Stefano e decide di allevare da sola il figlio Gennarino, pur potendo contare sull’aiuto di Enzo, al quale si legherà progressivamente. Lila porta avanti, pur non conoscendone fino in fondo il significato, una lotta politica, per denunciare le deleterie condizioni di lavoro in cui versa al salumificio di Soccavo e gli abusi da questo intimati in cambio di salari da fame. Pur smunta e consumata dai laceranti ritmi di fabbrica, Lila non perde il suo acume, studiando di notte con Enzo per ambire a qualcosa di migliore e lasciando definitivamente il lavoro al mattatoio. Anche Lila intende finalmente dare un degno senso alla sua vita e a quella di suo figlio, liberandosi dalla spirale della dominazione di uomini autoritari, fascisti e schifosamente maschilisti, tanto da considerare le donne alla stregua di “animali da domare”, buone solo a servire e compiacere il loro ego.

Emerge in Elena e Lila tutto il coraggio di chi, stanco di una realtà oppressiva e decrepita, prova a forzare le barriere di una società che le vuole chiuse in un destino di miseria, ignoranza e sottomissione.

Storia di chi fugge e di chi resta. I risvolti di un’amicizia inedita

Ma il fulcro assoluto, il centro di gravità de L’amica geniale, ancora in Storia di chi fugge e di chi resta, si rinviene nell’inedito e a tratti torbido rapporto d’amicizia tra le protagoniste. Un rapporto insolito, un legame fortissimo e ambivalente, ancor più evidente nell’alternanza di esplosioni violente di opinioni reciproche. Un rincorrersi a vicenda e sfidarsi continuamente per una crescita personale. Due esistenze ormai sempre più distanti per aspirazioni e realtà, eppur riunite puntualmente da un destino che ne incrocia nuovamente le strade, come per sciogliere dei nodi, come se non potessero fare a meno l’una dell’altra, e poi proseguire ciascuna lungo il proprio percorso.

Lenù e Lila sono senza dubbio due figure agli antipodi, ma capaci di completarsi, tra la contemplazione silenziosa e riflessiva di una e l’impulsività dell’altra. Lila vede in Elena ciò che avrebbe potuto essere, ma che non è riuscita a diventare perché intrappolata nelle soffocanti dinamiche familiari prima e in un matrimonio infelice poi, priva di soddisfazioni e colma di frustrazione per una vita che non ha potuto meritare, gettata “fuori” da un mondo possibile ma sempre più inarrivabile: «Chi sono io se tu non sei brava?», comunica Lila a Lenù in uno dei dialoghi più intensi della stagione. Ed ecco che a tratti Lila sembra scagliare tutto il suo piglio crudele ed invidioso su Lenù. Le dà della “cretina”, solo perché lascia il marito, una persona perbene e intelligente, per seguire Nino. Sembra riversare in lei tutte le sue speranze disattese di una vita migliore, ma in realtà Lila non conosce più così bene Lenù, non sa cosa prova e quali sentimenti e idee matura negli anni, ignora a tratti la sua autentica personalità, pur riconoscendo una grande verità: Elena è la più forte tra le due, è lei che ce l’ha fatta, pur tra rose e spine.

Dal canto suo Lenù è da sempre consapevole del grande potenziale di Lila, arrivando ad infangare il proprio, a sottovalutare il personale acume e valore. L’unica recensione del romanzo che le interessa è proprio quella di Lila. Così si spiega l’opinione ambivalente che nutre per lei, ora ammirandola, ora arrivando a disprezzarla, per il suo istinto talvolta grottesco, per averle rubato Nino, per le inaspettate invadenze ammantate di schiettezza e per la scarsa attenzione prestata alle sue vicende interiori. Invidia e rabbia si scontrano, dissolvendosi poi seraficamente in un abbraccio che sembra cancellare l’odio che serpeggia in quel loro rapporto così inedito. Quell’irrisolvibile grumo di affetto e rivalità, competizione, il darsi forza l’un l’altra per poi sfidarsi, quel sentimento dialettico che le denota fin dal primo giorno della reciproca conoscenza.

Lenù/Elena tra forza e determinazione

Ma la vera rivelazione del terzo capitolo de L’amica genialeStoria di chi fugge e di chi resta è Elena, sempre più forte, determinata e sicura di sé e di ciò che non desidera e che reputa violenza e veleno per i suoi desideri e le sue aspirazioni.

Intanto irrompe nuovamente nella sua vita Nino Sarratore, come una fiamma che divampa senza mai morire. Attesissimo quest’amore finalmente consumato, pur destando ancora dubbi in Elena circa la sua condotta di rubacuori, e concependo figli che poi abbandona. Sembra ripercorrere suo malgrado le orme del padre Donato, colui che si approfitta della giovanissima Lenù appena adolescente. Eppure gli eventi del terzo capitolo sembrano remargli a favore. Forse Nino ama davvero Lenù.

Nonostante il grande amore per Nino, riesce a tenergli testa, a voler vedere chiaro e rispettare se stessa con tutta la sua determinazione. Una forza che adesso mostra nell’amicizia con Lila, nella vita familiare e per se stessa, a cominciare dal suo look, che migliora in un’escalation di acquisita bellezza ed eleganza sempre più mature. Il migliorato aspetto esteriore lascia intravedere la crescita di Elena e il vivo desiderio di emancipazione, persino dalla propria adolescenziale timidezza. Gli ampi maglioni che la infagottano in atteggiamenti estremamente remissivi e concessivi, i grandi occhiali da vista, l’acne vistoso, i capelli sempre raccolti in una triste e insulsa coda, lasciano il posto ad una giovane donna, che sboccia in tutta la sua genuina bellezza, in tutta la sua femminilità e sicurezza, sempre più lontana ormai dalla timida bambina e ragazzina demi ombra di Lila. Dagli abitini alla Grace Kelly degli anni Sessanta ai completini con pantaloni a palazzo, chioma fluente, vaporosa e molto curata propri degli anni Settanta, Elena diviene una giovane donna raffinata, intelligente e all’altezza di qualsiasi nuova situazione.

A differenza di Lila, che appare nella terza stagione con look trasandato e capelli in disordine, rispecchiando la drammatica realtà in cui continua a versare prima dei futuri risvolti.

Altro che ombra di Lila! Lenù crede d’esserlo solo perché non nutre inizialmente abbastanza fiducia in sé. Come del resto Lila stessa riconoscerà, è Lenù quella forte, colei in grado di cambiare il corso degli eventi e di piegare anche un destino e un futuro sicuri ai suoi reali desideri, e soprattutto senza più alcun timore di se stessa. Perché Lenù diviene Elena. La bambina che rinfaccia «ciò che fai tu, lo faccio io», rivolgendosi a Lila, è lei stessa artefice della propria esistenza, pronta a sconvolgere i precari equilibri familiari, a mettersi in gioco e a prendere decisioni determinanti senza più voltarsi indietro. Guardando solo avanti, sicura di ciò che intende essere e raggiungere.

Sarà lei la vera amica geniale? Lei che fugge da un passato intriso di pochezza, dirigendosi verso un futuro colmo di bellezza e potenzialità!

 

Foto di: WebMagazine24

A proposito di Emilia Cirillo

Mi chiamo Emilia Cirillo. Ventisettenne napoletana, ma attualmente domiciliata a Mantova per esigenze lavorative. Dal marzo 2015 sono infatti impegnata (con contratti a tempo determinato) come Assistente Amministrativa, in base alle convocazioni effettuate dalle scuole della provincia. Il mio percorso di studi ha un’impronta decisamente umanistica. Diplomata nell’a.s. 2008/2009 presso il Liceo Socio-Psico-Pedagogico “Pitagora” di Torre Annunziata (NA). Ho conseguito poi la Laurea Triennale in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” nel luglio 2014. In età adolescenziale, nel corso della formazione liceale, ha cominciato a farsi strada in me un crescente interesse per la scrittura, che in quel periodo ha trovato espressione in una brevissima collaborazione al quotidiano “Il Sottosopra” e nella partecipazione alla stesura di articoli per il Giornalino d’Istituto. Ma la prima concreta possibilità di dar voce alle mie idee, opinioni ed emozioni mi è stata offerta due anni fa (novembre 2015) da un periodico dell’Oltrepo mantovano “Album”. Questa collaborazione continua tutt’oggi con articoli pubblicati mensilmente nella sezione “Rubriche”. Gli argomenti da me trattati sono vari e dettati da una calda propensione per la cultura e l’arte soprattutto – espressa nelle sue più soavi e magiche forme della Musica, Danza e Cinema -, e da un’intima introspezione nel trattare determinate tematiche. La seconda (non per importanza) passione è la Danza, studiata e praticata assiduamente per quindici anni, negli stili di danza classica, moderna e contemporanea. Da qui deriva l’amore per la Musica, che, ovunque mi trovi ad ascoltarla (per caso o non), non lascia tregua al cuore e al corpo. Adoro, dunque, l’Opera e il Balletto: quando possibile, colgo l’occasione di seguire qualche famoso Repertorio presso il Teatro San Carlo di Napoli. Ho un’indole fortemente romantica e creativa. Mi ritengo testarda, ma determinata, soprattutto se si tratta di lottare per realizzare i miei sogni e, in generale, ciò in cui credo. Tra i miei vivi interessi si inserisce la possibilità di viaggiare, per conoscere culture e tradizioni sempre nuove e godere dell’estasiante spettacolo dei paesaggi osservati. Dopo la Laurea ho anche frequentato a Napoli un corso finanziato da FormaTemp come “Addetto all’organizzazione di Eventi”. In definitiva, tutto ciò che appartiene all’universo dell’arte e della cultura e alla sfera della creatività e del romanticismo, aggiunge un tassello al mio percorso di crescita e dona gioia e soddisfazione pura alla mia anima. Contentissima di essere stata accolta per collaborare alla Redazione “Eroica Fenice”, spero di poter e saper esserne all’altezza. Spero ancora che un giorno questa passione per la scrittura possa trovare concretezza in ambito propriamente professionale. Intanto Grazie per la possibilità offertami.

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