Una donna promettente (2021) – Riflessioni femministe

Una donna promettente (2021) - Riflessioni femministe

Una donna promettente (2021) – Riflessioni e considerazioni femministe – Le donne si salvano da sole?

Se cercate un po’ di redenzione dal mondo che vi circonda, in cui spesso appena aperto il vostro social di fiducia, si viene a contatto con una realtà maschilista, patriarcale e semplicemente anti-donna, beh il film Una donna promettente fa per voi. Vi farà incredibilmente incazzare, ma alla fine e solo alla fine, riuscirà a regalarvi una piccola gioia, enorme metafora dell’immensa esistenza umana e della minuscola importanza che viene data ai diritti delle donne.

Una donna promettente è un film del 2021 e prodotto da una regista già ampiamente acclamata per Killing Eve, Emerald Fennell, la quale torna alla riscossa attraverso un film che va a toccare tematiche incredibilmente delicate e sempre troppo sottovalutate, se non addirittura schernite.

Il warning è però d’obbligo: se siete deboli di stomaco, evitatelo. Se siete facilmente agitabili, guardatelo sorseggiando due litri di camomilla. Se avete subito una qualsiasi tipo di violenza o molestia, questo film potrebbe darvi sia un po’ di sollievo che una ennesima delusione. Se siete in vena di un film femminista ma senza troppe pretese, passate oltre. Se siete una persona che incarna tutti i trope di base del maschilismo e che ha sicuramente pronunciato o pensato almeno una volta nella vita una di queste frasi “se l’è cercata / sì, ma com’era vestita? / non avrebbe dovuto bere così tanto / perché ci è andata da sola?”, attenzione, questo film ti prenderà a schiaffi in faccia. Sicuramente, però, non è oro tutto ciò che luccica e questo articolo non vuol assolutamente essere un mezzo per inneggiare alla violenza e alla vendetta (anche se talvolta esse sembrano essere le uniche vie percorribili): anche nelle migliori, crude e veritiere opere vi è sempre un margine di miglioramento. 

Trama di Una donna promettente

Il focus di Una donna promettente è su una donna avvenente, Cassandra – Carey Mulligan (Drive, Il grande Gatsby), che ha tagliato bruscamente con il college, che ha rinunciato al suo futuro di medico e che passa i suoi giorni dedicandosi ad un lavoro che palesemente odia, in una caffetteria che sembra uscita dalla mente di un Wes Anderson un po’ brillo, e le sue notti ad adescare uomini, fingendosi ubriaca.
Per tutto il film ci si chiede inconsciamente e costantemente il perché di ciò alternando questo pensiero al classico pensiero che l’uomo medio, sin dal Medioevo, fa riguardo alle incandescenze femminili, ossia che questa donna è pazza, ma si viene lentamente a contatto con la verità. La verità nuda e cruda è che la migliore amica d’infanzia, Nina, è stata stuprata ad una festa studentesca, in cui si è ritrovata da sola circondata da un branco di coetanei e studenti che hanno abusato di lei. Nina, non viene mai mostrata se non in una foto, semplicemente perché Nina, oltre al pensiero di Cassandra e quello dei famigliari, non esiste più. Presumibilmente dopo questo stupro e dopo tutto ciò che ne scaturisce – la denuncia e le accuse fatte ai diretti interessati – Nina si è infine tolta la vita. La protagonista quindi cerca di redimere la memoria della sua cara amica attraverso questi adescamenti che, però finiscono solo con uno spaventare e ammonire gli adescatori, nel momento in cui tentano di stuprarla in seguito ad una (finta) perdita di sensi.

Tutto cambia nel momento in cui, attraverso l’incontro con un suo ex compagno di studi, Ryan – Bo Burnham, il quale si presenta alla caffetteria dove Cassandra lavora e tra una avance ed un’altra, la riporta a quei tempi andati, al college e a Nina, a quella notte e ad Al Monroe – Chris Lowell, il principale fautore dello stupro. Nel momento in cui la donna viene informata che Al è tornato in zona per il suo matrimonio, tutta la rabbia che da anni aveva covato, si trasforma in un piano psicotico, ma ben curato, per buttare a terra tutti i soggetti coinvolti nella morte dell’amica.

Sull’agenda segreta, la stessa sulla quale appuntava i nomi e le quantità di uomini molestatori incontrati, lì Cassandra scrive il suo piano di rivalsa e vendetta: cinque punti, indicati con la conta che similmente usavano i prigionieri per contare il passare dei giorni, quattro barre verticali e la quinta in orizzontale, a sbarrarle tutte. Cinque obiettivi, cinque persone da affondare, da far soffrire e da far sentire minuscoli davanti all’impotenza e al menefreghismo di chi invece avrebbe dovuto smuovere mari e monti per aiutare una ragazza stuprata.

I

L’ex compagna di corso, Madison – Alison Brie, persona con cui Cassandra si confidò e che restò impassibile, addirittura trattenendo un video compromettente, girato quella stessa sera e che consegnerà finalmente alla protagonista solo dopo aver creduto di essere stata stuprata a sua volta, grazie ad un piano ben studiato di Cassandra.

II

La preside del college, la quale aveva rifilato a Nina e Cassandra tutte le frasi di rito che si dicono alle vittime di stupro e, che fra victim blaming e insensibilità generale, aveva nascosto  tutto sotto il tappeto per non infangare la reputazione immacolata dell’ennesimo ragazzo ricco e di successo. Le sue scuse arriveranno solo dopo che la protagonista fingerà il rapimento della figlia della Preside e il seguente rilascio in stanza di una delle confraternite maschili del college. La preside, davanti alla possibilità di un sicuro ed imminente stupro della figlia da parte di quei ragazzi che lei aveva tanto difeso e onorato con le sue gesta, crolla davanti alla realtà dei fatti.

III

L’avvocato difensore, ormai ritiratosi, in preda a crisi nervose, quasi psicotiche, per via di tutta una carriera dedicata a difendere quei ragazzi ricchi, colpevoli di stupri ed altre atrocità indicibili. Cassandra lo risparmia da una probabile tortura, commissionata da lei stessa, per mano di un tipo losco, in quanto consapevole che la vita dell’uomo è ormai una gabbia e ogni giorno vissuto sarà la sua punizione karmica.

IIII

Il quarto punto era lo sposo, ma il piano subisce una leggera variazione, a cui segue un montage romantico della vita di Cassandra, la quale finalmente sembra prendere la piega giusta: dopo essersi finalmente fatta forza e aver accettato le avance di Ryan, dopo essersi lasciata andare all’amore, al canticchiare Paris Hilton in una drogheria, all’aver presentato quest’uomo fantastico alla sua famiglia e, infine, dopo aver confessato – probabilmente per la prima volta in vita sua – di essere innamorata a quest’uomo, viene investita tristemente dalla verità. Il video di Madison rivela che anche Ryan era lì quella sera, a guardare impassibile la scena, a ridacchiare insieme al gruppo, mentre Al perpetrava la sua orribile violenza.

Il quarto punto resterà quindi lo sposo, ma il quinto sarà il portare giù nell’oblio delle accuse anche tutti coloro che erano presenti allo stupro.

IIII

Cassandra elabora quindi un piano folle, diabolico, ma anche ovviamente suicida. Si finge stripper-infermiera e si presenta all’addio al celibato di Al, che avviene in uno chalet in montagna. La scena in cui lei è lì, da sola, in vestito succinto e circondata da un branco di uomini ubriachi, rabbiosi e alterati dalla situazione, ha dato i brividi. Ma forse era questo lo scopo: farti sentire a disagio in una situazione che, da donna, sai bene che non finirà nel migliore dei modi. 
Cassandra droga tutti con della vodka, abbeverando lei stessa, ad uno ad uno, gli uomini vogliosi del branco in una specie di gioco erotico. A questo punto è il turno di Al Monroe, che portato in una camera al piano superiore viene legato al letto e messo finalmente davanti alla realtà: la verità è che la stripper è in realtà la migliore amica di Nina, Cassandra tornata dal dimenticatoio collettivo per vendicarla.

L’uomo legato al letto è impaurito, piange, si dispera, confessa ovviamente e alla confessione allega mezze scuse sormontate prontamente dalle classiche giustificazioni date in queste circostanze (“Ero solo un ragazzino / non sapevo quello che facevo / lei sembrava divertirsi / è capitato”).

Cassandra è pulsante di una rabbia vivida ed incandescente e vuole vendicare il nome della sua amica, rendendolo immortale attraverso una incisione permanente sul corpo del suo carnefice, ma il tutto degenera.
Ancora adesso ci si chiede se lo sganciarsi di una delle due manette di Al sia stato un banale incidente o un altro dettaglio ben studiato e previsto dalla cara Cassandra, la quale, consapevole di ciò che sarebbe successo (la sua inevitabile morte) e consapevole della natura orribile degli uomini (occultamento di cadavere), si immola come una moderna Giovanna d’Arco sul rogo, per un bene superiore: portare alla luce la verità e dare finalmente giustizia alla sua amica. 
Cassandra viene soffocata a morte da Al, con l’aiuto del suo fidatissimo compare insabbiano il tutto bruciando il corpo della nostra Jeanne D’Arc e proseguono col matrimonio in una completa (o quasi) tranquillità.

Il finale – Il quinto punto sulla lista

Il cellulare spento di Cassandra fa sorgere dubbi ai genitori, la scomparsa viene denunciata e, nel giro di qualche ora, viene interrogato Ryan, il quale è stato l’ultimo a vedere una Cassandra spudorata e senza più freni inibitori. A lui aveva confessato il suo piano, non prima di avergli estorto il luogo dell’addio al celibato minacciandolo col video. Ma la frase cult è quella che ogni piano diabolico deve portare con sé: “Se io scompaio, questo video verrà reso pubblico”.

E questo accade, non si sa chi o come Cassandra abbia fatto a mettere online il video e a scrivere gli ultimi messaggi a Ryan, ma il finale è una concatenazione di eventi e di soddisfazioni. Il video è reso pubblico, Al viene arrestato, il corpo di Cassandra viene ritrovato grazie ai cani della polizia e riconosciuto grazie al ciondolo, a forma di cuore spezzato, di Nina. L’ultima azione di Cassandra, proprio come Giovanna d’Arco, è stato immolarsi per ciò che ormai era l’unico senso della sua vita.

Considerazioni

La morte della protagonista è rara al cinema, ma credo che in questo caso fosse davvero necessaria a dimostrare due cose: una persona orribile continuerà a fare cose orribili e nessuno si salva da solo.

Ovviamente vi sono degli spunti innovativi ed interessanti, ma credo sia giusto anche rivolgere delle critiche ad alcune situazioni descritte in Una donna promettente che potevano essere gestite in maniera più realistica e non per forza attuare una classica caccia alle streghe che non fa altro che rinforzare un vecchio stereotipo duro a morire: le donne femministe odiano gli uomini.

  1. La relazione con Ryan, vedere la protagonista, bloccata in un loop incessante di brutti pensieri e costretta immobile da una passata ingiustizia, lasciarsi andare finalmente all’amore è stata una bella sensazione. Ma, la scelta di rendere anche Ryan un complice della violenza, ha deluso. Lui avrebbe dovuto rappresentare il “not all men”, doveva essere l’altra faccia di una stessa medaglia, doveva essere il bene che ti solleva dal male e non solo in un senso cinematografico, ma anche in un senso realistico. A fine film, ogni donna o ragazza, penserà adesso che sì, tutti gli uomini sono uguali e tutti gli uomini fanno schifo. Ma no, non è così e quest’opera non partecipa all’abolizione di stereotipi medievali.
  2. La rassegnazione irrealistica della madre di Nina. Molti di noi non siamo genitori, non abbiamo idea di cosa possa passare nella testa di una madre che vede la figlia camminare letteralmente nell’inferno che è diventata la sua vita, per via di un incidente che non sarebbe mai dovuto capitare, ma siamo abbastanza sicuri che nessuna si darebbe pace. Nessuna sarebbe così insensibile come lei di fronte al declino di Cassandra e nessuna direbbe mai frasi come “Devi andare avanti e voltare pagina”.
  3. Oltre la legge, c’è Cassandra. Ogni mossa che ha compiuto era vagamente illegale, ogni persona che ha ferito, menato o minacciato, avrebbe sporto denuncia o avrebbe sicuramente fatto qualcosa per via legale. Insomma, Cassandra è sicuramente l’eroina ideale, al di sopra di ogni ammonizione.

Una delle considerazioni ovvie ed inevitabili è che se tutta la storia di Nina fosse stata doverosamente affrontata, trattata e perseguita, si poteva evitare il male di molte persone e la morte di due donne. Ma ovviamente così non ha senso, non ha senso affrontare i ma e i se di un film, quindi proviamo a dare un contesto reale:

Cassandra è il frutto di un trauma subito in età adolescenziale, che non ha mai ricevuto l’aiuto adatto, sia umano che professionale per elaborare un evento orribile, che non solo sarebbe potuto capitare a lei, ma che può capitare ogni giorno della propria vita a chi ha la sfortuna di nascere  donna. È stata quindi lasciata a sé stessa, a sguazzare in una pozza poco profonda di rabbia, risentimento e ingiustizia. 

Al Monroe è il frutto di una società che continua incessantemente a non dare valore al rispetto verso l’altro, al consenso e al corpo di una donna, cose che dovrebbero essere imprescindibilmente inviolabili.

Madison e Ryan sono il frutto dell’omertà degli adulti, dell’adolescenza spezzata da un evento ignobile che porta inevitabilmente ad una mancanza di coraggio, davanti a cose che sono palesemente più grandi di te.

L’avvocato è il denaro che compra tutto e che annulla automaticamente ogni diritto.

La preside è l’istituzione che se ne lava le mani perché ha paura dei potenti e, per questo, rifila il solito trito e ritrito victim blaming che fa a sua volta più danni della violenza subita.

I genitori di Cassandra sono persone con una intelligenza emotiva atrofizzata, che insultano o ignorano le sofferenze della figlia, ormai adulta, che continua a non riuscire ad andare avanti con una vita che ormai non riacquisterà più un senso. 

La madre di Nina è a sua volta una persona che non risponde alle grida d’aiuto di Cassandra, la quale continua a tornare da lei per un conforto, per sentire ancora forte il ricordo della sua amica, per cercare redenzione dal fatto di non essere stata con lei quella sera.

Conclusione per Una donna promettente

La scena iniziale, una volta giunti alla fine di Una donna promettente, sembra un lontano ricordo, un ricordo quasi banale rispetto a tutta la verità che ci è stata lentamente dispiegata davanti agli occhi. La protagonista è morta, giustizia è stata finalmente fatta, sicuramente non grazie all’aiuto di autorità e istituzioni, ma grazie alla determinazione di una donna.
Le donne si salvano da sole, perché è così che vengono cresciute ed abituate, ma se ci riescono, sistemano anche i conti col passato.

Fonte immagine per Una donna promettente (2021) – Riflessioni femministe: Wikipedia

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