Il napoletano è una lingua ricca di passione e significato, con alcune parole erroneamente tradotte, altre invece intraducibili. Ciò non toglie che alcune, senza le quali è più complicato intendere lo stile di vita dei partenopei, vanno capite, spiegate ed assimilate, così come la pucundria. Scopriamo insieme questo sentimento agrodolce che, almeno una volta nella vita, ha accompagnato ogni napoletano.
Cos’è la pucundria: etimologia e significato
Così come una gran parte delle parole napoletane deriva dal greco antico, complice la dominazione ellenica sul golfo prima dell’arrivo dei romani, anche la pucundria affonda le sue radici nella lingua balcanica, precisamente da ypochondrios. Come può aver suggerito la parola, questo termine offre la medesima derivazione alla parola italiana ipocondria, anche se il significato è totalmente diverso. La pucundria, infatti, è estremamente simile alla nostalgia, ma con alcune dovute differenze.
Un modo diverso di vedere la nostalgia
Quante volte per semplificare è stato detto che la pucundria si traduce con la nostalgia, in maniera totalmente sbagliata. Per capirne di più vediamo il significato della parola italiana secondo la Treccani:
«stato d’animo melanconico, causato dal desiderio di persona lontana (o non più in vita) o di cosa non più posseduta, dal rimpianto di condizioni ormai passate, dall’aspirazione a uno stato diverso dall’attuale che si configura comunque lontano: n. degli amici, dell’affetto materno; n. della giovinezza lontana; n. dei tempi passati»
La nostalgia è dunque un sentimento totalmente negativo che può diventare straziante e logorante per l’anima di chi ne soffre. La pucundria, invece, è una doppia condizione coesistente tra la mancanza di un affetto, un luogo o una condizione passata e la piacevolezza del ricordo stesso. Questo sentimento riflette esattamente il modo in cui napoletani vivono, sapendo mischiare i sentimenti negativi a quelli positivi, vivendo le situazioni difficili in maniera agrodolce. Per capire meglio di cosa si tratta il consiglio è quello di ascoltare la canzone di Pino Daniele “Appocundria” immergendosi nella musica dell’artista partenopeo che è riuscito a mischiare parole nostalgiche all’allegria della sua chitarra.
Possibili traduzioni di pucrundria
Per trovare una traduzione dobbiamo ricercarla in due lingue entrate in contatto con la cultura napoletana nel corso dei secoli. La prima, quella più conosciuta, è la saudade brasiliana, che trova nella pucundria una perfetta corrispondenza di significato. La seconda, meno conosciuta e più distante dalla lingua neolatina, è la parola giapponese natsukashii che significa nostalgia dei momenti felici del passato, diventandone quindi una traduzione più che correlata alla parola napoletana. Per essere scrupolosi bisognerebbe citare anche la Sehnsucht tedesca, altra cultura che è entrata in contatto con la gente del Vesuvio. Nonostante si avvicini molto alla pucundria, la Sehnsucht viene intesa come dolore per la vicinanza del lontano, una brama per il futuro proiettata in un sentimento passato. La differenza tra questi due termini è proprio nell’assenza dell’aspetto positivo e allegro del termine che regala ai tedeschi una visione più negativa rispetto a quella napoletana.
Fonte immagine: Wikimedia Commons, Porfirio