Starbucks tra storia, curiosità e l’apertura dello store milanese

Starbucks Milano

Dopo le tante voci di corridoio e le altrettante contrattazioni, è stata, finalmente, fissata per il 6 settembre 2018 l’inaugurazione del primo punto Starbucks in Italia. La città fortunata? Nonostante la più quotata fosse la capitale, sarà Milano a vantare la presenza del primo negozio Starbucks italiano, che funzionerà a pieno regime dal 7 settembre. Starbucks Milano, situato in piazza Cordusio, non sarà una semplice caffetteria, o meglio, non sarà come la maggior parte di quelle che siamo abituati a trovare in giro per il mondo. Un Paese come il nostro, nel quale si tramanda una vera e propria cultura del caffè, è risultato ideale per l’apertura della terza Reserve Roastery del gruppo (le altre due sono a Seattle e a Shanghai): oltre allo storico bancone delle ordinazioni, al vostro nome scritto con alta probabilità male dal cameriere e al salvifico wi-fi, in questo tipo di negozio troveremo anche laboratori di torrefazione a vista, spazi per la degustazione e per la produzione di caffè artigianale in edizioni limitate. Inoltre, la già di per sé appetitosa vetrina di prodotti da forno, che vanta dai muffin ai cookies, dalle fette di torta ai brownies al cioccolato, si arricchirà nel negozio italiano delle squisitezze della storica panetteria milanese Princi, che conta un punto vendita anche a Londra e che, secondo gli accordi conclusi proprio con Starbucks, venderà le sue creazioni anche nelle altre Reserve Roastery del colosso americano.

Tra la curiosità e il richiamo della mondanità, non ci resta che visitarlo di persona (con poche pretese relative al gusto dell’espresso). Prima di organizzare la gita da Starbucks Milano, però, facciamo un po’ di storia su una delle catene di caffè più famose del globo.

Dalla torrefazione di provincia allo Starbucks fenomeno mondiale

Tutto iniziò il 31 marzo del 1971, quando un insegnante di inglese (Jerry Baldwin), un professore di storia (Zev Siegl) e uno scrittore (Gordon Bowke) aprirono a Seattle una piccola torrefazione, di nome Starbucks. No, non è né l’inizio di una barzelletta né un sintetico racconto fine a se stesso: è l’incipit della storia di quello che diventerà il colosso che nel 2017 ha fatturato 22,3 miliardi di dollari.

Lo Starbucks delle origini era però lontano anni luce dalla caffetteria di tendenza che conosciamo oggi. Infatti, l’azienda produceva soltanto chicchi di caffè interi, non vendeva caffè né offriva la possibilità di fare colazione. La svolta ci fu con l’incontro con l’uomo d’affari a cui Starbucks deve molto, anzi tutto: Howard Schultz. Al tempo manager di una compagnia svedese di produzione di prodotti in plastica, Schultz vede del potenziale nella piccola torrefazione di Seattle: dopo un viaggio proprio nella nostra Milano, pensò di replicare anche in America, partendo dalla piccola realtà di Starbucks, il modello della caffetteria italiana che aveva avuto modo di vedere e sperimentare. Dopo la risposta negativa dei tre fondatori alla sua proposta, l’imprenditore provò a realizzare l’ambizioso progetto da solo, sotto il nome de “Il Giornale”. L’iniziale sfiducia da parte dei papabili investitori stava per porre fine al sogno di Shultz, che però non si diede per vinto: dopo due anni di attività, raccolte le risorse necessarie, Il Giornale acquisisce le caffetterie Starbucks per 3,8 milioni di dollari e Schultz ne diventa amministratore. Dopo appena cinque anni, Starbucks conta più di 160 caffetterie e sbarca a Wall street: senza dubbio, Shultz aveva vinto la sua scommessa.

Oggi Starbucks, però, non è soltanto caffellatte e frappuccini, è soprattutto un marchio dalla rinomanza internazionale: nelle caffetterie è possibile acquistare le diverse miscele di qualità Starbucks e gadget di ogni tipo, tazze, thermos, fino ai portachiavi e ai giochi da tavolo. Insomma, ha avuto la sua fortuna quella donna colorata di bianco su sfondo verde, ma vi siete mai chiesti chi o cosa rappresenti? Si tratta di una sirena a due code, essere mitologico più unico che raro: e come la sirena seduce i marinai che non riescono a resistere al suo canto, così chi assaggia un caffè Starbucks difficilmente riuscirà poi a farne a meno. Il logo originale è stato concepito negli anni ’70, prendendo ispirazione da un’incisione nordica del XV secolo raffigurante, appunto, una sirena, ma è stato più volte “ritoccato” prima di assumere i contorni che conosciamo oggi: prima dell’acquisizione di Shultz, lo sfondo infatti era color marrone caffè (il colore verde, invece, era quello del logo de Il Giornale) e la sirena era raffigurata con i seni nudi scoperti, solo successivamente le sono stati allungati i capelli fino a coprirli interamente. L’ultimo cambiamento c’è stato nel 2011, quando è stato rimosso il nome del brand: la sirena di Starbucks era diventata così famosa da rendere ormai inutile puntualizzarne l’appartenenza.

Starbucks Milano, siete pronti?

A proposito di Ilaria Iovinella

Premessa: mai stata di poche parole, eterna nemica dell'odioso "descriviti in tre aggettivi". Dovessi sintetizzarmi, direi che l'ossimoro è una figura retorica che mi veste bene. Studio giurisprudenza alla Federico II, ma no, da grande non voglio fare l'avvocato. Innamorata persa dell'arte e della letteratura, dei dettagli e delle sfumature, con una problematica ossessione per le storie da raccontare. Ho tanto (e quasi sempre) da dire, mi piace mettere a disposizione di chi non ha voce le mie parole. Insomma, mi chiamo Ilaria e sono un'aspirante giornalista, attualmente impacciata sognatrice con i capelli corti.

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