Il mondo dei videogiochi è stato a lungo considerato un universo prettamente maschile, ma i dati raccontano una realtà diversa. Secondo il report 2023 di IIDEA, in Italia il 42% dei videogiocatori è donna. Eppure, nonostante questa crescente presenza, il rapporto tra donne e gaming rimane complesso, segnato da stereotipi, discriminazione e tossicità.
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Gli stereotipi: la “gamer girl” e il sessismo a due facce
Un ostacolo fondamentale è la persistenza di stereotipi. Nei videogiochi, i personaggi femminili sono spesso ridotti a due archetipi: la ragazza ingenua o la donna ipersessualizzata. Questo si riflette sui pregiudizi verso le giocatrici reali, etichettate come “gamer girl” e considerate diverse dai videogiocatori “veri”. Il sessismo si manifesta in due modi principali.
Tipologia di sessismo | Descrizione e esempi |
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Sessismo ostile | Aggressione diretta: insulti, minacce, sminuimento delle abilità di gioco (“le donne non sanno giocare”, “torna in cucina”). |
Sessismo benevolo | Atteggiamenti apparentemente positivi ma paternalistici: offrire aiuto non richiesto (boosting), regalare contenuti di gioco o iper-proteggere la giocatrice, considerandola bisognosa di tutela e non un pari. |
Le dinamiche di esclusione: gatekeeping e mancanza di solidarietà
Il “sessismo benevolo”, seppur mascherato da cortesia, alimenta l’idea che le donne non siano giocatrici competenti. A questo si aggiunge il fenomeno del gatekeeping (letteralmente “fare da guardiano al cancello”): una parte della community “nerd” storica, sentendosi “invasa” dalla popolarità mainstream del gaming, cerca di escludere i “nuovi arrivati”, in particolare le donne, accusandole di fingere interesse per ottenere attenzioni.
Sorprendentemente, la solidarietà femminile è spesso assente. Alcune giocatrici, per essere accettate dalla community maschile, finiscono per interiorizzare e perpetuare gli stessi stereotipi, prendendo le distanze dalle “altre gamer” per dimostrare di essere “diverse”.
La tossicità del gaming online: un problema per tutti
Bisogna considerare che il gaming online presenta un alto livello di tossicità generale. L’anonimato dello schermo incoraggia aggressioni verbali che nella vita reale verrebbero represse. Questo si traduce in insulti razzisti, omofobi e, ovviamente, sessisti, spesso normalizzati come “parte dell’esperienza di gioco”, come nel caso della celebre community di League of Legends.
Prospettive future: verso un gaming più inclusivo
Nonostante il quadro attuale, ci sono segnali positivi. La crescente presenza femminile sta portando a una maggiore consapevolezza del problema. Sempre più giocatrici denunciano gli abusi e chiedono un cambiamento. Le aziende del settore stanno iniziando a implementare sistemi di segnalazione più efficaci e campagne di sensibilizzazione. La nascita di community e spazi online dedicati alle donne gamer contribuisce a creare un ambiente più sicuro e accogliente.
La strada verso un mondo del gaming realmente inclusivo è ancora lunga, ma la crescente consapevolezza è un segnale incoraggiante. Solo con un impegno collettivo si potrà arrivare a un futuro in cui la passione per i videogiochi possa essere condivisa senza discriminazioni.