Mo Yan è uno scrittore e autore di saggi cinese, celebre per essere stato il primo intellettuale Cinese vincitore del premio Nobel per la letteratura. Fondatore del movimento letterario “letteratura delle radici“, è riconosciuto come il più influente scrittore cinese contemporaneo. Attraverso la sua prosa suggestiva e incisiva, emerge l’essenza atemporale della tradizione cinese, permeata di poesia, di tensione e di emozioni primordiali. Tra le sue opere più famose troviamo Sorgo Rosso (1896), fonte di ispirazione per l’omonimo film di Zhang Yimou e che renderà noto l’autore a livello internazionale. Il movimento letterario “La ricerca delle radici” è caratterizzato dal tentativo di recuperare e riutilizzare il patrimonio culturale e letterario cinese nella sua totalità, in parte è una reazione all’Occidentalizzazione che avviene in Cina negli anni 80’, dopo la morte di Mao Zedong e dall’altra al cambiamento di rotta del Partito comunista. A livello di contenuti, gli scrittori del movimento descrivono i modi di vivere tipici della Cina tradizionale con i relativi valori culturali, prendendo ispirazione dalla letteratura nativista della prima metà del 900’. In particolar modo, Mo Yan presterà molta attenzione al suo luogo natio, una provincia a nord-est dello Shangdong, Gaomi, dove la maggior parte delle sue opere sono ambientate, compreso il romanzo “Le Rane”. Il suo pseudonimo, Mo Yan, in cinese significa “non parlare”; la scelta di questo nome deriva dalle parole del padre, come dichiara l’autore, il quale temeva che la sua eloquenza lo avrebbe potuto mettere in difficoltà un giorno. Ciò che Guan Moye (il vero nome dello scrittore) non è riuscito a dire durante l’infanzia lo scrive, lo spiega e lo urla attraverso le sue opere che hanno una risonanza globale. Ma i giochi di parole non ricorrono solo nello pseudonimo dell’autore, ma anche nei suoi testi, come il romanzo del 2009 “Le Rane”. In cinese il titolo è Wā 蛙, che è omonimo anche di bambino (娃 wá) ed è l’onomatopea del vagito dei neonati. Cosa è che hanno in comune le rane e i neonati nel romanzo Le Rane di Mo Yan?
La trama dell’opera
Il narratore delle Rane di Mo Yan, Girino, è il nipote della protagonista Wan Xin (Wan “il cuore”), che attraverso lettere di corrispondenza racconta la storia di sua zia, con lo sfondo di una Cina rurale, in un arco di 50 anni. Scrive sulla povertà sofferta negli anni della rivoluzione culturale, della propaganda maoista, del partito comunista, delle pratiche disumane di aborto date dalla politica del figlio unico e del cambiamento della Cina con l’occidentalizzazione degli anni 80’-90’. Wan Xin è una ostetrica molto preparata che si oppone alle tecniche rudimentali e “magiche” delle mammare, tradizionali figure sciamaniche di levatrici. La narrazione della levatrice Wan assume, nel corso della storia de “Le rane” di Mo Yan, una tonalità drammatica, con l’implemento da parte del governo della politica di controllo delle nascite a metà degli anni Sessanta. La sua devozione verso il Partito la porterà a diventare lo strumento esecutivo della volontà dello Stato: contraccezioni, vasectomie e aborti forzati le causeranno tante perdite tra cui, alla fine, il suo stesso smarrimento. “Procrastinare, allungare, ridurre” (晚稀少 wan, xi, shao) era lo slogan usato per evitare si facessero troppi figli a poca distanza l’uno dall’altro, si sente sovente la presenza dello spettro del partito, con canzoni, motti e propagande simili.
Angelo della vita / angelo della morte
La reputazione della protagonista de “Le Rane” di Mo Yan passa da angelo della vita, colei che aveva assistito e fatto nascere tutta la generazione del narratore, ad angelo della morte. Le donne che all’epoca erano tanto desiderose di avere figli, erano profondamente attaccate alla mentalità confuciana, basata sull’importanza della famiglia e sull’importanza dell’avere una prole numerosa. Le Rane di Mo Yan, infatti, vuole sottolineare anche l’attaccamento alle radici, alla cultura tradizionale: secondo Confucio infatti la più grave trasgressione della pietà filiale è la mancanza di un figlio maschio che possa compiere i riti funebri in onore dei genitori. Le bambine sarebbero state invece destinate a far parte della famiglia del marito, staccandosi dal loro nucleo originario: proprio per questo le famiglie cinesi erano ossessionate dal voler avere un erede maschio. La stessa politica fu infatti cambiata per le famiglie che avevano avuto una sola figlia, dopo un periodo di tempo di circa 5 anni avrebbero potuto avere un altro figlio, nella speranza che fosse un maschio. Sia in Le Rane di Mo Yan che nell’effettiva realtà storica, tantissime furono le donne che cercavano di nascondere gravidanze, che fuggivano ai controlli e molte venivano prese e costrette ad abortire e tantissime, purtroppo, morivano nel doloroso processo.
Un’analisi dell’opera
Le Rane di Mo Yan ci viene raccontato con un tono magico-realista che l’autore riprende da Faulkner e Márquez. La descrizione di una piccola realtà, permeata da elementi quasi magici ma allo stesso tempo realistici che fanno sì che il lettore si domandi se quello che legge sia accaduto davvero o se sia frutto dell’immaginazione, con atmosfere surreali e la presenza di elementi folkloristici e tradizionali. Le figure centrali in Le Rane di Mo Yan, e non solo in quest’opera, sono sempre le donne, la cui lotta contro un severo sistema patriarcale e il rigido governo comunista, continua ancora oggi. Centrale in Le Rane di Mo Yan è la dicotomia tradizione-modernità, o meglio il nuovo concetto comunista di modernità che deve essere impiantato nelle menti dei cinesi, anche nelle zone più remote e rurali come quella del Gaomi. Ne “Le Rane”, Wan Xin andrà contro la sua stessa passione di generare vite e aiutare le donne in difficoltà, in virtù di un principio per lei superiore, di un dovere maggiore nei confronti del partito: loro chiedono, lei esegue, a tutti i costi, anche quello di andare contro la sua stessa famiglia. Nascita e morte, luce e buio, vagiti di neonati e gracidii di rane accompagnano il lettore in “Le Rane” di Mo Yan, un romanzo da leggere tutto d’un fiato, dove si interrogherà su cosa è giusto e su cosa è sbagliato. Quando leggiamo “Le Rane” di Mo Yan empatizziamo e ci distacchiamo contemporaneamente dall’interiorità dei personaggi, ma soprattutto dalla protagonista, che alla fine si troverà da sola con statuette di bambini mai nati a farle compagnia, rimpianti di familiari e amiche venute a mancare per aborti praticati al limite del tempo e il gracidio di girini, che tanto avrebbe voluto trasformare nei pianti di bambini appena usciti dai grembi delle madri.
Fonte “Le Rane di Mo Yan: tra girini e neonati”: copertina del libro