Narrativa western italiana, l’epopea che contribuì alla nascita dell’identità statunitense ma affascinò anche diversi romanzieri del Belpaese
Il western è uno dei generi narrativi più importanti per la cultura degli Stati Uniti, poiché rappresenta il momento della nascita di un’identità statunitense con la conquista della frontiera occidentale. Dopo la fine della Guerra civile americana (1861-1865), il presidente ed ex-generale dell’esercito nordista Ulysses S. Grant promosse una serie di iniziative politico-economiche per ampliare le infrastrutture.
Inoltre, tra i tanti progetti per il paese c’era, come affermato dall’Enciclopedia Treccani, la First Transcontinental Road, la linea ferroviaria che congiungeva New York a San Francisco attraversando le grandi pianure e i canyon.
La nascita di una nuova epopea per un nuovo stato oltre l’Oceano atlantico
Gli anni dell’Espansione ad Ovest (ma anche alcuni decenni prima) sono entrati nell’immaginario collettivo degli USA con diversi personaggi: cowboys, banditi, sceriffi, cercatori d’oro, cacciatori di taglie, guerrieri amerindi e la cavalleria del generale George A. Custer.
Le origini di una narrativa western, prima ancora dell’espansione verso Ovest, potrebbero essere rintracciate nel romanzo di James Fenimore Cooper L’ultimo dei Mohicani (1826), il romanzo che racconta la vicenda di Natty Bumppo “Occhio di Falco”, figlio di coloni ma cresciuto nella tribù dei mohawk, il quale, assieme ai due mohicani Uncas e Chingachbook, deve occuparsi di proteggere le sorelle Alice e Cora Munro durante un viaggio nell’entroterra. Il tutto mentre è in corso la Guerra franco-indiana che vide lo scontro fra le truppe inglesi e francesi con le rispettive tribù native alleate. Una delle trasposizioni più famose del romanzo di Cooper è quella del 1992 con Michael Mann alla regia e Daniel Day-Lewis come protagonista.
Il mito del Far West nell’Italia della Belle Époque
L’arrivo di un mito oltreoceano, il Belpaese conosce il Selvaggio West
Il docente di Letteratura angloamericana Stefano Rosso dell‘Università di Bergamo racconta l’arrivo del “mito del west” nella narrativa italiana ottocentesca nel suo saggio Il mito del Far West in Italia, il quale è contenuto nel volume di Lorenzo Benadusi, Daniela Rossini e Anna Villari 1917. L’inizio del secolo americano. Politica, propaganda e cultura in Italia tra guerra e dopoguerra.
Rosso afferma che esistono differenze fra il mito del west nella cultura statunitense e in quella europea: nella prima è un mito fondativo, il quale getta le basi della futura identità americana; invece, nella seconda si tratta di un mito importato. L’arrivo del circo di Buffalo Bill nel 1890 e nel 1906 nelle maggiori città italiane e il debutto della Fanciulla del West di Giacomo Puccini, messa in scena nel 1910, contribuirono alla diffusione del mito del selvaggio west nel Belpaese.
La narrativa italiana western: dai romanzi di Emilio Salgari a quelli dell’anonimo autore delle vicende di Dick Norton
Per quanto riguarda la narrativa western italiana, il professor Rosso analizza la pubblicazione dello scrittore Emilio Salgari, il padre di molti personaggi della cultura pop italiana di quegli anni: da Sandokan, il principe-pirata di Mompracem, Emilio conte di Roccabruna e la figlia Jolanda. In realtà, oltre al Ciclo Indo-Malese di Sandokan e al Ciclo delle Antille, Salgari si cimentò anche con altri generi come quello fantascientifico (Le meraviglie del Duemila), quello storico (Le pantere di Algeri, Le figlie dei faraoni e Cartagine in fiamme) e quello western.
Tra il 1890 e il 1910, il romanziere veronese scrisse sette romanzi e dieci racconti appartenenti a tale genere. In seguito al suo suicidio, Salgari divenne un riferimento da seguire per altri autori che si cimentarono in questo genere come il giornalista e scrittore Luigi Motta e diversi sceneggiatori di fumetti. Tra le opere appartenenti al Ciclo dei Pellerossa, come affermato dal saggista Ermanno Detti nell’Enciclopedia dei Ragazzi del Dizionario Treccani, abbiamo Sulle frontiere del Far West (1908), La scotennatrice (1909) e Le selve ardenti (1910).

Dopo la morte del creatore di Sandokan, la narrativa italiana western è dominata dalle avventure di Dick Norton, cinquanta volumi da ventiquattro pagine editi dalla casa editrice milanese Vecchi, i quali si ispirano alla narrativa dello scrittore western tedesco Karl May e ai dime novel d’Oltreoceano, una forma di pubblicazione che anticipò il modello delle riviste pulp fiction. I romanzi di Dick Norton raccontano le eroiche imprese dell’omonimo protagonista e del suo amico nativo americano Wanagu avvalendosi di trame molto elementari con uno stile melodrammatico.
Il successo del genere western nell’Italia del secondo dopoguerra: dal cinema ai fumetti
Il successo della narrativa western continuò anche nel Secondo dopoguerra, grazie anche alle influenze di altri media narrativi-artistici che affrontarono il medesimo genere. In primis, abbiamo il cinema: la Trilogia del Dollaro (Per un pugno di dollari, Per un altro pugno di dollari e Il buono, il brutto e il cattivo) o C’era una volta il West di Sergio Leone, oppure Django di Sergio Corbucci. Ad essi si aggiungono anche altre pellicole come Tepepa di Giulio Petroni, La resa dei conti di Sergio Sollima, I quattro dell’apocalisse di Lucio Fulci e Keoma di Enzo G. Castellari.
Ad essi dobbiamo aggiungere anche Il mio nome è nessuno di Tonino Valerii con Terence Hill. Quest’ultimo rilanciò codesto genere mescolandolo con il modello del buddy film assieme al collega Bud Spencer e al regista E.B. Clucher dando vita ai cult Lo chiamavano Trinità e …continuavano a chiamarlo Trinità.
L’altro medium è il fumetto, al quale si devono diversi personaggi di questo genere. L’autore del saggio indica come primo personaggio dei fumetti western italiani Kit Carson di Rino Albertarelli, ma se ne aggiungono anche altri: Tex Willer di Giovanni Luigi Bonelli e Aurelio Galeppini, Capitan Miki e Blek Macigno di Giovanni Sinchetto, Dario Guzzon e Pietro Santoris (conosciuto come trio EsseGesse), il simpatico Cocco Bill di Benito Jacovitti, Ken Parker di Giancarlo Belardi e Ivo Milazzo e Magico Vento di Giancarlo Manfredi, ai quali dobbiamo aggiungere Zagor di Bonelli, il quale combina il western alla fantascienza e al fantastico, poiché il personaggio si ispira più alla figura di Tarzan che ai cowboy.
La narrativa italiana western tra la fine degli anni Novanta e il XXI secolo, il genere fra i Wu Ming e Valerio Evangelisti
In merito alla narrativa western italiana fra la fine degli anni Novanta e l’inizio del XXI secolo, Rosso parla del romanzo Manituana dei Wu Ming. L’opera fu pubblicata nel 2007 e si ispira all’Ultimo dei Mohicani di Cooper, infatti entrambi i romanzi condividono la medesima ambientazione durante la Guerra dei Sette anni. I Wu Ming, nel loro saggio New Italian Epic, ritengono che la propria opera sia un romanzo di storia alternativa diverso dagli altri; infatti, non c’è un evento che crea una biforcazione storica (per esempio la vittoria dell’Asse durante la Seconda Guerra Mondiale nel romanzo La svastica sul Sole di Philip K. Dick), piuttosto il “what if” è potenziale: una comunità anglo-irochese mista nata dagli intenti pacifici del colono William Johnson e del capo-tribù Hendrick e nascosta dalle pagine del libro della storia.
Un ulteriore caso di incontro fra generi è quello della Trilogia di Pantera dello scrittore bolognese Valerio Evangelisti, l’autore del Ciclo di Eymerich. Questa trilogia western è costituita dalla raccolta di racconti Metallo Urlante e dai romanzi Black Flag e Antracite, pubblicati fra il 1998 e il 2003. I Wu Ming in New Italian Epic affermano che la serie di Evangelisti ci offre un nuovo punto di vista sull’espansione ad Ovest e sulla diffusione del sistema economico capitalista-liberista. Infatti, la prospettiva adottata è quella del pistolero e stregone afro-messicano Pantera legato ancora alle pratiche magiche della fede yoruba (antica religione della Nigeria). Insomma, un’opera sperimentale dove il western incontra il low fantasy e la fantascienza.
Le nuove frontiere della narrativa western italiana nella Maremma
In questi ultimi casi ci sono stati anche altri esempi di narrativa western italiana, come indicato dal blog Rai Letteratura. Il fuoco e la polvere del romanziere e giornalista italiano Mauro Garofalo, è un western all’Italia dove le pianure della frontiera occidentale sono sostituite da quelle delle Maremma post-unitaria. La vicenda si svolge in un borgo toscano dove il perfido sindaco, “L’uomo con la bombetta”, governa come un vero tiranno molestando i mezzadri locali. Costoro saranno aiutati da Capitan Bosco, un brigante che sceglie di battersi per gli ultimi assieme al suo gruppo costituito da un eremita, un ragazzino, un immigrato calabrese, un’ex-schiavo di colore e un samurai giapponese vagabondo.
Sempre la Maremma è il luogo dove si svolge un altro romanzo, Selvaggio Ovest di Daniele Pasquini. Le vicende di una famiglia locale, costituita da capofamiglia Giuseppe, dalla moglie Leda e dal figlio adottivo Donato, si incrociano con quelle del brigante Occhionero e di Gilda, una figlia di un carbonaio costretta a prostituirsi, i quali assistono all’arrivo a Firenze del circo western di Buffalo Bill.
Sia il romanzo di Pasquini che di Garofalo sfruttano topoi del genere western cambiandone l’atmosfera, la Maremma si trasforma in una frontiera italiana per raccontare le storie degli ultimi della società, in un neonato Regno d’Italia che ereditò tutti i problemi degli stati preunitari.
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