O d’amarti o morire, il romanzo d’esordio di Francesca Guercio

Francesca Guercio

O d’amarti o morire“, è il primo romanzo di Francesca Guercio, edito da Alessandro Polidoro Editore.

Certe volte le cose vanno tanto male che una può decidere d’ammazzarsi. Altre volte, invece, vanno peggio e succede che dopo morta una si ritrova sulla station wagon dell’uomo che l’ha sedotta e abbandonata a fare i conti con tutte le rogne a cui voleva sottrarsi. Lei è una donna qualunque. Lui un attore affetto da una forma acuta di narcisismo. Gli scenari e i personaggi quelli di un piccolo mondo ordinario, di un’Italia provinciale. Dopo la collera iniziale, la protagonista decide di abbandonarsi all’avventura cercando di trarne il migliore insegnamento possibile.

Il romanzo di Francesca Guercio inizia fin fa subito con un’intensità prolifica di emozioni. Il panorama presentato al lettore, infatti, è quello di una distesa istantanea di dolori, gioie e decisioni che cambiano la vita.

L’immagine più evocativa del romanzo è senz’altro la Ford Station Wagon. Tale automobile, un po’ come succede alla carrozza delle fiabe, si rivelerà essere il mezzo motore da cui gli eventi prenderanno una piega del tutto inaspettata.

Il protagonista principale è senz’altro la voce narrante, una donna di cui non si conosce il nome. Tale figura altro non è che un fantasma. La donna, infatti, come si evince fin da subito nella trama generale, passerà dall’essere in uno stato di vita, in uno stato di morte, oserei dire quasi apparente. La donna, protagonista del romanzo, all’inizio, sembrerà incarnare ogni debolezza di una “succube sentimentale”.

La giovane, infatti, per amore di quell’uomo di cui accidentalmente si innamorerà, sarà capace di resistere ad ogni ottemperanza, a tutte le rinunce, e a spicchi di tempo consunti. Dallo stato di “vittima fragile e indifesa”, proseguendo nei capitoli successivisi, ci si imbatterà in una forza nuova. La donna, infatti, sarà il cardine attivo di un passaggio tra vita, dubbi, misteri svelati e persino amori incompiuti, fino a toccare i vertici della redenzione altrui.

A fare da co-protagonista è l’uomo, che per tutto il romanzo sarà definito con il nome di “Lui”. Il fatto che non compaia un nome sembra voler sottolineare che il narcisista co-protagonista del romanzo della Guercio incarna tutti coloro affetti da tale disturbo della personalità. L’uomo “senza nome e senza volto”, incarna, infatti, la figura di un essere incapace di impegnarsi stabilmente, pregno di contraddizioni e bugie, imprigionato in un matrimonio malsano che rende tutti infelici, persino sé stesso. Il co-protagonista è un uomo capace di provare amore solo attraverso l’ossessione, il sesso o la sparizione finale. Qualità che incarnano il mito e la realtà del narciso.

A fare da sfondo in maniera vivida è il personaggio di Eliana. La donna è la moglie ufficiale del narciso, colei che pur essendo a conoscenza di numerosi tradimenti tende a strizzare l’occhio all’apatia e allo scorrere delle vicissitudini di vita. Eliana è una moglie stanca, profondamente irritabile, che cerca in tutti i modi di incarnare un ruolo stabile di madre amorevole, pur incassando colpi incessanti per quanto riguarda il ruolo di moglie. Accanto ad Eliana saranno raccontate numerose storie di donne disilluse.

“Lui”, infatti, sarà di continuo attorniato da schiere di donne che ama, usa, e poi abbandona. Questa sorta di harem sentimentale restituisce al romanzo un profondo riflesso “rosa” che rende alcune vicende terribilmente drammatiche dai toni meno grigi. Le donne del narciso sono donne frammentate dentro, distrutte dai rimasugli di tempo dedicatogli. Sono donne incapaci di dire basta, con gli occhi gonfi e l’attesa sull’uscio di casa.

Accanto alle numerose storie “di flusso”, ovviamente, la più importante è quella tra il fantasma e il narciso. Entrambi i protagonisti, infatti, sembrano rimaner legati pure dopo la dipartita di lei, attraverso una sorta di implicazioni, gesti di rabbia, e spinte verso una redenzione che sa di famiglia.

La rabbia della donna, infatti, verso la fine, avrà tutto il gusto di un amore mai consumato, che trattiene il frutto genuino e prelibato di un sentimento che esiste al di là della compiutezza.

L’amore dei due, raccontato dalla magistrale penna di Francesca Guercio è un amore soppresso, incatenato, a tratti quasi oscurato dalle incombenze familiari o dai nuovi stimoli lavorativi o sentimentali. In alcuni punti, esso sembrerà toccare toni poetici, tanto da lasciare spazio ad inizio capitolo a frammenti di scritti, simili alla prosa.

A dare man forte al racconto incalzante di bugie, tradimenti e sotterfugi, è la capacità del protagonista maschile di non abbandonare mai le maschere della sua carriera. L’attore sul palco, infatti, mescola la sua vita di finzione tra le lenzuola altrui, nelle automobili parcheggiate al buio e nei cuori affamati di amore. Il riflesso che ne scaturisce non è quello di un tombeur de femmes, quanto piuttosto di un uomo solo, incapace di amare prima sé stesso e poi anche gli altri, preso da un appetito sentimentale, che non arriva mai a compiutezza finale, per scelta o rivendicazioni del destino.

Il romanzo di Francesca Guercio O d’amarti o morire è ricco di sarcasmo e momenti leggeri

Seppur gli argomenti trattati non scaturiscono mai nel banale, il romanzo è sarcastico e leggero. Il linguaggio a tratti aulico non è mai di difficile comprensione. Esso rende il romanzo un gioiello ai suoi primi riflessi di luce.

È un romanzo potente, il cui titolo sembra rifarsi all’impossibilità di vivere se non sussiste la condizione semplice di amare chi si ama. È un libro destinato a chi si è imbattuto in un narciso per escogitare una fuga benefica, a chi è esso stesso un narciso, per dissipare il male che i suoi gesti infliggono agli altri, ma soprattutto a chi non è né uno né l’altra cosa, come un monito dalla tinta rosa antico, che dice a gran voce, che se è amore non ti fa morire.

Foto By: Ufficio Stampa

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