Rimpalli di Teodoro Lorenzo | Recensione

Rimpalli di Teodoro Lorenzo

«Alle 17:28 del 4 maggio 1986 ho capito cosa significa essere felici; perché lo sono stato. Fino alle 17:30». Inizia così Rimpalli di Teodoro Lorenzo, edito da Voglino Editrice, gruppo editoriale torinese. In quest’articolo vi proponiamo la recensione del libro.

L’autore

Teodoro Rino Lorenzo nasce a Torino, in via Bogino, cuore della città, il 4 marzo del 1962, nel pieno del boom economico che ha investito l’Italia, e soprattutto il Settentrione, nel secondo dopoguerra. Oggi è un avvocato di professione e si dedica anche a un’altra sua grande passione, quella della scrittura. Tuttavia, Lorenzo ha anche un passato come sportivo: da bambino pratica la ginnastica, finché non scopre la sua passione per il pallone, che lo ha portato a giocare come professionista prima nelle giovanili della Juventus e poi in varie squadre tra serie D e serie C, come l’Ivrea e l’Alessandria. Nel 1988 Teodoro Lorenzo decide di abbandonare completamente la sua carriera da professionista e di dedicarsi agli studi in Giurisprudenza.

Rimpalli di Teodoro Lorenzo: Torino e l’infanzia dell’autore

Attenzione: contiene spoiler!

Nel suo libro Rimpalli, Teodoro Lorenzo descrive la sua infanzia in un’epoca in cui le case non avevano ancora tutti i comfort che possiedono oggi: allora, in molte abitazioni non c’erano nemmeno i riscaldamenti, e in una città fredda come Torino se ne avvertiva decisamente la mancanza. Siamo negli anni ’60, periodo in cui l’Italia è attraversata da una forte migrazione interna che determina lo spostamento di grandi masse di lavoratori dal Sud Italia alle regioni del Settentrione. Torino, con il proliferare delle sue industrie e delle sue fabbriche, è una delle città più appetibili dal punto di vista lavorativo e chiama a sé decine e decine di «disperati che in quel tempo risalivano il paese come formichine affamate alla ricerca di qualche mollica da mettere sotto i denti». Anche la famiglia di Teodoro Lorenzo proviene dal Meridione, più precisamente dalla Calabria. E come tante famiglie meridionali, anche la sua trova dimora in un quartiere popolare, in «una casa di ringhiera, vecchia e anonima». Della sua infanzia, però, l’autore ricorda soprattutto i momenti spensierati di gioco e divertimento con gli altri bambini: giochi poveri, si intende, come nascondino o moscacieca.

L’adolescenza e l’amore per il pallone

Teodoro Lorenzo inizia a praticare la ginnastica, più per far contenta la madre, fiera di vederlo indossare la tuta bianca del CONI: la ritiene uno sport elegante e ideale per un armonioso sviluppo fisico. Ben presto, però, l’autore scopre di aver la passione per un altro sport, quello del «pallone», un gioco con cui egli familiarizza e che pratica presso l’oratorio della chiesa di San Filippo Neri. Capisce subito che preferisce il gioco di squadra allo sport individuale, perché «quando la gioia si condivide diventa più grande». A quel punto, egli si ritrova davanti a una scelta: la ginnastica o il pallone? Tale scelta diventa più semplice quando la famiglia decide di trasferirsi in un quartiere nuovo, in periferia, troppo lontano dalla palestra del CONI. Nel nuovo quartiere, Lorenzo fa nuove amicizie, con cui dà libero sfogo al suo amore per il pallone in un ampio spiazzo, da essi chiamato Piazzetta, in cui trascorrono la loro adolescenza. Un giorno, un ragazzo del gruppo annuncia che andrà a fare un provino alla Juve. Gran parte del gruppo non lo prende sul serio, ma Lorenzo decide di seguirlo e di tentare anche lui il provino, più per gioco e curiosità che per una reale volontà di giocare nella squadra, tanto che sarà l’unico a non presentarsi con la maglia della squadra.

Le giovanili nella Juventus

A sorpresa Teodoro Lorenzo viene convocato da Mario Pedrale, che gli comunica di essere ufficialmente un giocatore della Juventus. Pedrale sarà come un padre per il giovane calciatore: un educatore che lo avvierà alla carriera calcistica con amore, insegnandogli l’educazione e la compostezza in campo, permettendogli di affinare la sua tattica individuale e di comprendere l’importanza del gioco di squadra. Dopo una prima fase positiva, per Lorenzo iniziano gli anni difficili nella Juve: Pedrale viene sostituito da nuovi allenatori, con cui il rapporto è diverso; ma il problema principale è un ritardo nella crescita e nello sviluppo fisico, che lo svantaggia rispetto ai suoi compagni di squadra. Quando la situazione sembra migliorare, arriva la tragedia: frattura scomposta del condilo mediale del femore destro, ad appena diciassette anni. La riabilitazione dura qualche mese e l’infortunio rischia di compromettere per sempre la sua carrieraTeodoro Lorenzo però non demorde, come egli stesso scrive in Rimpalli: «io amavo giocare a pallone, sempre e nonostante tutto, e scalpitavo per poter ricominciare».

L’Ivrea e l’Alessandria

In seguito all’infortunio per l’autore non c’è più posto nella Juventus. Egli entra nella squadra dell’Ivrea, nel campionato dilettante di serie D, e da lì passa all’Alessandria. In Rimpalli, Teodoro Lorenzo elenca una serie di consapevolezze acquisite tramite la sua esperienza nel calcio professionistico, tra cui la più importante è che «è il dio del calcio a decidere tutto». Lo stesso dio che egli aveva deciso di sfidare, continuando a giocare dopo il suo infortunio, nonostante tutti glielo sconsigliassero. Ed è proprio durante la sua esperienza con l’Alessandria che Teodoro Lorenzo arriva a una conclusione: «il dio del calcio non mi amava. Non ero tra i suoi favoriti e non lo sarei mai stato». È il 1986: l’Alessandria e lo Spezia sono in competizione per la promozione. Durante il match del 4 maggio che vede sfidarsi l’Alessandria e l’Entella, l’autore segna quello che sembra il gol della vittoria per la sua squadra. Nell’euforia e nella gioia per il gol, non si accorge però che la sua rete, realizzata con un’esecuzione magistrale, è stata annullata ingiustamente per fuorigioco. La partita termina con un pareggio che impedisce all’Alessandria di ottenere la promozione. Teodoro Lorenzo decide allora di abbandonare il calcio per sempre: è la fine della sua carriera.

Recensione di Rimpalli di Teodoro Lorenzo

Rimpalli di Teodoro Lorenzo non è solo un’autobiografia dell’autore, ma anche una riflessione sull’amicizia, sull’Italia e su uno degli sport più amati al mondo: il calcio. L’ex-calciatore ci guida in un viaggio alla scoperta della sua storia personale: un viaggio tra gioie e successi, come l’inaspettato ingresso nelle giovanili della Juventus, ma anche momenti di dolore e di sofferenza, come l’infortunio o la perdita del suo caro amico, Paolo Pesante, a causa di un incidente stradale.

Terminata la sua carriera, Teodoro Lorenzo giunge alla conclusione di «aver amato poco giocare a calcio. Ciò che ho amato veramente è stato giocare a pallone». Qualcuno potrebbe pensare: e che differenza c’è? La differenza esiste eccome: il pallone è un gioco, mentre il calcio non lo è. Nel calcio, infatti, entrano in gioco tanti altri fattori, come i soldi, le classifiche, la stampa, le ambizioni e le invidie. In riferimento a questa distinzione, l’autore riflette su uno dei temi più discussi dagli appassionati di calcio, ossia se il più grande giocatore di tutti i tempi sia stato Maradona o Pelé. Per Lorenzo la risposta è ovvia: il dio del calcio ha scelto come suo figlio Diego Armando Maradona. A sostegno della sua tesi, egli afferma che l’argentino non ha mai smesso di essere un bambino con la passione per il pallone, motivo per cui è rimasto nel cuore di tutti: «Pelé ha sempre giocato a calcio e mai a pallone. Maradona ha sempre giocato a pallone anche quando giocava a calcio. Il pallone è stato per Maradona un mezzo e non un fine. È stato uno strumento di appagamento, l’unico, e non un attrezzo da lavoro. Lui provava gioia solo quando aveva un pallone tra i piedi: non voleva altro. E che giocasse a pallone su un campetto fangoso di Acerra davanti a poche centinaia di persone per una partita di beneficenza o all’Azteca di Città del Messico davanti a migliaia di spettatori per lui non faceva differenza. Giocava con lo stesso spirito».

L’autore riflette anche sulla situazione attuale del calcio, ammettendo di aver perso qualsiasi interesse per questo sport per vari motivi: l’involuzione tattica che esso ha subito, l’importanza maggiore attribuita agli allenatori rispetto ai calciatori. Secondo Teodoro Lorenzo, «è stata completamente cancellata la bellezza del calcio. La bellezza sta nei duelli personali, nei dribbling, nei cambi di marcia, nei gol e nelle azioni da gol, negli improvvisi cambi di gioco, nei lanci di quaranta metri che finiscono sui piedi del compagno. Le azioni ristagnano a centrocampo: estenuanti passaggi rasoterra, lontano dalla porta, per avvicinarsi alla quale sembra si debba compiere una fatica sovrumana».

Rimpalli di Teodoro Lorenzo è un libro dalla narrazione scorrevole, anche quando l’autore si addentra in riflessioni filosofiche più profonde. È un libro che cattura il lettore e lo coinvolge nella storia autobiografica narrata e nell’analisi di alcuni aspetti più profondi sul significato della vita e della felicità. L’opera colpisce anche per la lucidità nel descrivere il mondo calcistico, spesso anche criticandone i meccanismi senza utilizzare alcun filtro. Per tutti questi aspetti, Rimpalli è un libro adatto anche a chi non ama particolarmente il calcio o non lo segue. Cosa aspettate? Correte a leggerlo: vi assicuriamo che non resterete delusi.

Fonte immagine in evidenza: copertina ufficiale del libro, da Voglino Editrice

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