Ross King – Il libraio di Firenze | Recensione

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Può un uomo essere testimone di alcuni dei momenti più importanti della storia del Rinascimento italiano senza però essere ricordato? Può un uomo essere parte di una delle più importanti rivoluzioni culturali e sociali della nostra storia eppure rimanere in qualche modo sconosciuto ai più, senza che il suo nome rimanga noto nei secoli a venire? Per quanto possa sembrare difficile da credere, è questa la storia di Vespasiano da Bisticci, il Re dei librai.

Firenze in pieno XV secolo era il più importante polo artistico e culturale del mondo. Il fermento intellettuale in città era palpabile e darà il via a quella riscoperta del mondo classico, greco e romano, che farà coniare agli storici, alcuni secoli dopo, il termine “Umanesimo Rinascimentale”. Se durante la prima parte del Medioevo il “Mondo Antico”, con i suoi filosofi e le sue dottrine, stava andando lentamente dimenticato, durante il Quattrocento lo studio di Platone e Aristotele, ma anche di Cicerone, Tito Livio e Plinio il Vecchio, da parte degli studiosi fiorentini, da il via ad una rinascita, appunto, del classicismo, che inizia a fare a spallate con la dottrina cristiana cercando di adattarsi ad essa (saranno molteplici, infatti, gli intellettuali del tempo che tenteranno di provare la “purezza” cristiana delle teorie di Platone al fine di evitare che i suoi scritti finiscano per essere banditi come eretici).

In questo tumulto culturale, una particolare via di Firenze si renderà protagonista di queste elucubrazioni e di questi studi, ovvero via dei Librai (parte dell’odierna via del Proconsolo), dove abbondavano agli angoli e ai lati della strada botteghe di librai, cartolai e copisti dove era possibile acquistare carta e pergamena ma anche commissionare manoscritti, rilegature e decorazioni.

Il libraio di Firenze: Vespasiano da Bisticci

Vespasiano da Bisticci nasce, molto verosimilmente, nel 1422. Il padre, Filippo da Bisticci, lavorava nel commercio della lana e morì prematuramente nel 1426 lasciando sua moglie e i suoi cinque figli. Senza la tragica scomparsa del padre probabilmente Vespasiano sarebbe andato in contro ad una carriera di studi più longeva invece, a causa della disastrosa condizione economica in cui versava la famiglia, nel 1433, all’età di undici anni, abbandonò la scuola in cerca di lavoro. Lo trovò proprio in via dei Librai, nella bottega di Michele Guarducci, dove fu assunto come rilegatore.

In quegli anni, come già detto in precedenza, il seme dell’Umanesimo iniziava a fiorire e i più importanti intellettuali d’Europa subirono in qualche modo il richiamo di Firenze. Erano gli anni in cui il Brunelleschi realizzava la sua cupola, in cui Firenze ospitava il Concilio ecumenico chiamato a trovare una soluzione allo scisma ortodosso, in cui i fiorentini assistevano all’ascesa di una delle più importanti famiglie d’Italia: i Medici. Vespasiano, poco istruito, ma desideroso di apprendere e di essere parte di questo cambiamento, riuscì a guadagnarsi l’amicizia di alcuni dotti dell’epoca, come Niccolò Niccoli, Gabriele Condulmer (divenuto pontefice con il nome di Eugenio IV) e, soprattutto, Cosimo de’ Medici. Sarà proprio grazie all’amicizia e al rispetto di Cosimo che, cresciuto e forte dell’esperienza in bottega, riceverà l’incarico di allestire la biblioteca del convento di San Marco, responsabilità che fece sì che il suo nome iniziasse a circolare per tutta Firenze, per tutta Italia, per tutta Europa.

Negli anni a seguire gli furono commissionati centinaia di manoscritti dalle più eminenti cariche di Chiesa e Regno, ebbe il suo ruolo nella costituzione della Biblioteca Vaticana e lavorò per anni alla formazione della biblioteca di Federico di Montefeltro, duca di Urbino. Divenne, per tutti gli intellettuali del suo tempo, “il re dei librai del mondo”.

Durante la seconda metà del Quattrocento però, all’apice della notorietà e della fama di Vespasiano, qualcosa più grande di qualsiasi studioso e di qualsiasi cardinale sconvolse il mondo. Nella città tedesca di Magonza, infatti, un orafo di nome Johannes Gutenberg aveva inventato un nuovo metodo per la diffusione del libro: la stampa a caratteri mobili. Nei decenni successivi, il nuovo metodo di stampa si diffuse a macchia d’olio in tutta Europa. Un iniziale convivenza con il “vecchio” metodo dei copisti e dei manoscritti in effetti ci fu, ma la portata della nuova tecnologia era troppo grande per essere contenuta a lungo.

Vespasiano, ormai anziano, non riuscì mai ad abbracciare questa nuova rivoluzione che stava cambiando il mondo che aveva conosciuto fino a quel momento e, dopo alcuni anni, chiuse la bottega e si ritirò a vita privata nella sua casa dell’Antella. Prima di morire, nel 1498, regalò però alla storia un libro, che mai diede alla pubblicazione, ovvero “Vite di uomini illustri del secolo XV”. Il re dei librai del mondo, vestì i panni del biografo, raccontando le vite dei sapienti che aveva conosciuto e le esperienze che si era trovato a vivere al loro fianco. Creando uno spaccato magnifico della Firenze di quegli anni, inconsapevolmente, si renderà storico affidabile per i secoli a venire, consegnando alla storia fonti, dati ed eventi che altrimenti sarebbero potuti andar perduti per sempre.

“Dall’ignoranza nascono tutti i mali del mondo. Hanno gli scrittori alluminato il mondo, e cavatolo di tanta oscurità in quanta si trovava” – Vespasiano da Bisticci

Ross King con Il Libraio di Firenze (edito Garzanti) ha il merito di ridare vita non solo ad un personaggio dimenticato, ma ad un intero periodo storico carico di fascino ma anche pieno di contraddizioni. La vita di Vespasiano da Bisticci diventa il pretesto per raccontare la Firenze del Quattrocento e la storia del libro all’alba del suo cambiamento epocale. Queste tre cose sono, inevitabilmente, legate l’una all’altra.

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