Volevano uccidere anche la speranza di Renata Laqueur | Recensione

Volevano uccidere anche la speranza: di Renata Laqueur | Recensione

Volevano uccidere anche la speranza è un romanzo dell’autrice Renata Laqueur edito da Newton Compton.

Trama

«Il 15 marzo 1944, la ventiquattrenne Renata Laqueur venne deportata con il marito nel campo di concentramento di Bergen-Belsen, nella Bassa Sassonia, dopo aver già trascorso un anno in altri lager. I due rimasero a Bergen-Belsen fino all’aprile del 1945, quando furono liberati dall’Armata Rossa. 
Durante i lunghi, terribili mesi trascorsi nel campo, Renata tenne un diario della prigionia, un diario che non prova solo quanto la giovane fosse dotata nella scrittura, ma che rappresenta la testimonianza e soprattutto la volontà di affrontare e sconfiggere l’orrore del lager attraverso la potenza delle parole e della narrazione».

Volevano uccidere anche la speranza: la terribile realtà dei campi di concentramento

«Man mano che ci avvicinavamo alla frontiera, pensavo all’altro viaggio… come allora avevo messo un bigliettino in mano all’autista (scritto alle spalle della mia guardia verde), con il testo Tornerò», è quanto si legge in un passaggio del libro. Volevano uccidere anche la speranza rappresenta perfettamente il concetto del ritorno, dell’esserci in tutto e per tutto, senza distinzioni e senza limiti spazio-temporali.

Un romanzo che ri-torna in mente, anche una volta terminato, scandendo i confini di una narrazione perfettamente costruita, coinvolgente ed intensa; non usa giochi di parole l’autrice, mescolando elementi e dettagli che donano spessore al libro.
È come se Volevano uccidere anche la speranza fosse una configurazione di quanto è avvenuto, descritto con coscienza e conoscenza, attraverso un percorso narrativo fatto da personaggi ben scanditi, con una propria personalità.

Descrivere la miseria dei campi di concentramento non è semplice, soprattutto romanzare la storia di ciò che è stato, diventa piuttosto complicato. Il “rischio” è quello di imbattersi in una successione cronologica di eventi, che denotano la storia, ma non la realtà di quanto è successo.
Ciò che più colpisce è la sensibilità che l’autrice non trattiene, tra le righe si percepisce tutta la sua emozione per quanto sta scrivendo e che inevitabilmente coinvolge emotivamente il lettore.
Arrivare al cuore delle persone non è facile, in particolar modo farlo attraverso un romanzo, quindi con la scrittura, può essere davvero complicato.

Solo il ricordo permette di prevenire e in questo caso la speranza è un modo per non dimenticare ciò che è successo.
L’autrice Renata Laqueur riesce a mescolare parole e sofferenza, ma anche coraggio, paragonando i viaggi in treno del passato, con quello descritto.
Tanti i dettagli presenti nella narrazione, dall’odore del carbone, al vento che taglia il viso, ma anche i boschi, le pianure e poi la desolazione dei campi.
Tutto è descritto quasi come se fosse normale, proprio come i campi di concentramento di allora, dove “Nulla stupisce e nulla sorprende”, così come scrive l’autrice.

Volevano uccidere anche la speranza è stato definito dai critici letterari un vero e proprio “diario” che con durezza e vivacità narrativa, riesce ad entrare nel cuore dei lettori.

La storia confluirà in un finale all’altezza del romanzo, che saprà dargli “onore”, sottolineando la grande sensibilità dell’autrice ed il tocco sopraffino e delicato al tempo stesso, con il quale tocca e tratta di un argomento così delicato.

Immagine in evidenza: Newton Compton Editori 

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