Artista, poetessa anche, di immagine e di psichedeliche deformazioni dei tradizionali contorni, modella in scena ma anche visionaria della luce e delle sue ombre… come foglie e come fogli, bianchi o neri poco importa. Indaga sull’uomo, filosofia per niente spicciola ma che si mostra lisergica, da codificare dentro le linee per niente sfacciate di quegli stessi contorni che Anna Utopia Giordano ci mostra alterati nella loro composta definizione. Si intitola “Fogli d’ombra” questo esordio in cui accosta lo spoken word e la recitazione delle parole incastrate in un senso alto, al suono composto e disegnato da Giuseppe Fiori, Leonardo Barilaro e Un Artista Minimalista. Solo 3 composizioni che hanno in se la luce della parola ma anche l’ombra del cemento industriale, di atmosfere di caverne e nascondigli…
La sensibilità sociale dietro un’opera come “Fogli d’ombra” … ci ho anche voluto leggere tanta violenza verso cui difendersi… dicci la tua…
Questo tipo di sensibilità, secondo me, deriva anche dall’intuire che fare parte di una rete sociale significa trovarsi in una struttura in cui le azioni di ogni singola persona, un nodo di quella rete, possono portare a un movimento di tutti gli altri individui ad essa collegati, come un’onda che si propaga. Avere consapevolezza delle proprie azioni credo che sia importante per accorgersi che parole e gesti hanno effetti su di noi e sul mondo intorno a noi. A volte si dimentica che le nostre azioni possono essere percepite in modo differente dalle persone con le quali ci rapportiamo e che possono avere un impatto notevole sugli altri.
Liquidità, velocità… contro questo down-tempo digitale, tra le pieghe di questo spoken word cadenzato… una controtendenza di questi tempi. Una provocazione o un altro modo di vestire la moda?
I tre brani non hanno alcuna volontà di provocare oppure seguire la moda, scrivo perché sto bene mentre lo faccio, compongo seguendo il mio ritmo e attingo dalle tematiche del mio immaginario. Non posso prevedere, e neanche controllare, come verranno recepite le mie opere dal pubblico. Non ho mai avuto problemi con le critiche, anche quelle negative, anzi, sono curiosa dei pareri di chi osserva, ascolta o legge i miei lavori.
E a proposito di mode: la creatività, secondo te, deve in qualche modo sposare il linguaggio popolare o lo deve rivoluzionare? O magari non deve proprio niente a nessuno… che ne pensi?
Credo che non ci sia una regola precisa, dipende dal contesto. Sicuramente dietro ad ogni prodotto creativo c’è un lavoro considerevole. L’artista, seguendo il proprio impulso creativo, può scegliere di usare e sperimentare qualsiasi tipo di linguaggio al fine di aderire a ciò che prova e sente. Ad ogni modo, penso che riuscire ad astrarre totalmente dalla società in cui si è nati, dalle sue regole, abitudini e tendenze, sia una impresa illusoria. La creatività così intesa, forse, non ha altro motivo se non l’atto stesso di estendere sé stessi e di imprimere con parole, musica, movimenti o immagini, il proprio modo di sentire e recepire gli stimoli, senza alcuna altra pretesa.
Perché in “ombra” questi fogli?
Oppure, come mai di ombra! Il periodo in cui ho composto questi testi mi ha lasciato la sensazione di essermi rapportata con l’ombra di ciò che mi circondava. Una sensazione simile al rimanere consapevolmente bloccati nella caverna di Platone. Dopo alcuni mesi, rileggendo ciò che avevo scritto, mi sono resa conto che mi trovavo di fronte a fogli composti da e con l’ombra delle cose.
Paolo Tocco