I Mortali, recensione dell’album di Colapesce e Dimartino

I Mortali

Colapesce e Dimartino, forti del successo sanremese del brano “Musica Leggerissima”, ripubblicano in una doppia edizione l’album I Mortali.

A due settimane dalla sua conclusione il festival di Sanremo ci ha regalato quello che è destinato a essere il tormentone della prossima estate: Musica leggerissima, brano scritto da Colapesce e Dimartino che sta spopolando in radio e sui maggiori servizi di streaming e che di recente ha vinto l’ambito disco d’oro con la cifra di un milione di copie vendute, oltre ad aver dato vita a una vera e propria mania fatta di meme, parodie e montaggi video di tanti fan che imitano l’ormai iconico balletto dei due cantanti.

Ma Colapesce e Dimartino, due personalità che vantano carriere piene di riconoscimenti (il primo si è aggiudicato nel 2012 la Targa Tenco per la miglior opera prima con l’album Uno splendido declino e il premio “Fuori dal Mucchio” della rivista Il Mucchio Selvaggio per il miglior esordio, mentre il secondo ha vinto nel 2019 il Premio Lunezia nella sezione “Stil novo” per l’album Afrodite) non andrebbero relegati allo status di prodotti usa e getta come capita a tanti cantanti che raggiungono la notorietà tramite un pezzo ben riuscito per poi sparire nel nulla. A sostegno di ciò basterebbe ascoltare I Mortali, l’album nato dalla collaborazione tra i due artisti uscito il 5 giugno dello scorso anno e che, dato il successo sanremese, ritorna negli scaffali questo venerdì in un’edizione rinominata come I Mortali² e contenente due dischi: il primo contiene brani editi, mentre il secondo reinterpretazioni di brani celebri tra cui Povera Patria di Franco Battiato, cantata dal duo durante la terza serata della kermesse dedicata alle cover.

I Mortali, recensione track by track

Non c’è nient’altro da aggiungere sul già citato Musica Leggerissima, brano classificatosi quarto a Sanremo e aggiudicatosi il premio Lucio Dalla della critica. Un tormentone pop che dietro l’innocenza di una melodia “leggerissima” (è il caso di dirlo) rivendica la necessità ad abbandonarsi a “parole senza pensiero/allegre, ma non troppo” davanti a un mondo sempre più difficile da capire.

Il prossimo semestre è invece un sentito richiamo al cantautorato più puro e genuino soprattutto nel testo, pervaso da un’ironia di fondo in cui il ruolo del cantautore viene descritto con tutti i cliché del caso.

L’incalzante ritmo pop di Rosa e Olindo racconta una storia d’amore con protagonisti i due autori della “Strage di Erba”, visti come due giovani innamorati la cui passione è talmente dirompente che nemmeno le sbarre della prigione potranno dividerli. È difficile credere che i mostri abbiano un cuore, ma Colapesce e Dimartino riescono a darci questa impressione.

Luna Araba, brano che si avvale della collaborazione di Carmen Consoli, è debitrice di Franco Battiato per le sonorità e i testi (soprattutto quello dell’album Gommalacca, del lontano 1998). Lungo una melodia rock-pop si stagliano le immagini, da un anno perdute nel tempo, di una Sicilia estiva e delle spiagge popolate da bagnanti di ogni età e nazionalità, mescolate a quelle delle dominazioni storiche degli arabi, dei normanni e degli spagnoli.

La psichedelica Cicale chiama in causa Platone e il mito delle cicale raccontato all’interno del Fedro. Qui viene celebrata la dimensione estatica del canto che porta gli uomini a ignorare i problemi e le sofferenze del mondo, proprio come gli insetti del filosofo ateniese cari alle Muse, anche perché “paese che vai/stronzi che trovi”.

Parole d’acqua e Raramente ruotano attorno a due temi differenti, ma strettamente connessi. Il primo è un brano dal sound elettronico sul rimpianto e su ciò che non si è detto e/o non si è voluto dire. Il secondo racconta, con toni malinconici, la fine di un amore con un sound che richiama agli anni ’60 –’70. Della fine di un amore si parla anche ne L’ultimo giorno, tramite la classica immagine degli addii alla stazione del treno.

In noia mortale è di scena la vicenda di due supereroi che hanno “impegnato i mantelli al banco dei pegni al posto dell’oro” e che interrogandosi sul senso della vita scoprono di essere afflitti dalla condizione che accomuna gli esseri umani: la “noia mortale”, la consapevolezza di essere destinati a un destino comune.

Adolescenza nera, brano realizzato assieme al produttore Mace, è una sorta di gospel dedicato al periodo più difficile della vita di un essere umano, dove ci si sente svuotati e privi di valori da seguire. Non è un caso che l’adolescenza di Colapesce e Dimartino sia “nera e senza bandiera”.

A chiudere il disco è Majorana, brano a cui gli stessi cantanti si dichiarano affezionati. Accompagnati dal suono di una chitarra acustica vengono ripercorsi episodi e ricordi giovanili, alternati a riferimenti mitologici.

I Mortali è un lavoro che non passa inosservato. Sonorità diverse e multiformi si susseguono lungo undici tracce che sanno di Sicilia, ognuna capace di catturare l’attenzione delle nostre orecchie al punto da ossessionarle e da non averne mai abbastanza.

 

 

Immagine in evidenza: SONY MUSIC

 

A proposito di Ciro Gianluigi Barbato

Classe 1991, diploma di liceo classico, laurea triennale in lettere moderne e magistrale in filologia moderna. Ha scritto per "Il Ritaglio" e "La Cooltura" e da cinque anni scrive per "Eroica". Ama la letteratura, il cinema, l'arte, la musica, il teatro, i fumetti e le serie tv in ogni loro forma, accademica e nerd/pop. Si dice che preferisca dire ciò che pensa con la scrittura in luogo della voce, ma non si hanno prove a riguardo.

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