Mostra Cosmogonie alla Fondazione Plart : intervista a Mario Coppola

Cosmogonie

Cosmogonie è una mostra allestita nelle sale della Fondazione Plart di Napoli.
La mostra, visitabile fino al 22 dicembre, è la prima personale dell’architetto Mario Coppola, e a cura di Angela Tecce, direttrice della Fondazione Real Sito di Carditello.
Mario Coppola, architetto e professore di Composizione Architettonica presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, ha inaugurato la sua mostra il 14 ottobre.

Cosmogonie alla Fondazione Plart: intervista all’artista e architetto Mario Coppola

Architetto Coppola, ci parli di lei e della sua mostra. La sua Cosmogonie sembra voler mescolare nell’intenzione, in una spirale armonica, tradizione e modernità.
Una cosa che posso dire di me è che, seppure abbia lavorato tanto per conquistarla, non amo l’etichetta di architetto. Non l’ho mai amata, né mi sono mai sentito un architetto nel senso stringente del termine: l’architettura per me è solo una delle naturali espressioni della creatività plastica, della composizione intesa nell’accezione barocca con cui Deleuze unificava tutte le arti, dalla pittura fino all’urbanistica. Venendo alla mostra, Cosmogonie lavora sull’icona di Apollo e Dafne e, più in generale, sul senso tradizionale della scultura, da una prospettiva radicalmente diversa da quella comune, un paradigma culturale diverso da quello della tradizione occidentale e persino da quello della modernità, intesa da Argan come proseguimento e restaurazione dei valori classici.

Cosmogonie: la traduzione dal greco ci riporta alla nascita del Cosmo, e per estensione alle teorie scientifiche dietro la nascita dell’Universo. Qual è il percorso che accompagna il visitatore lungo la sua mostra?
Un percorso fatto di suggestioni visive e tattili, che per molti versi richiama un percorso naturalistico. Come se, visitando la mostra, ci si addentrasse in una foresta: da qui il video sullo sfondo, nel quale si fondono una foresta e le stringhe dei codici informatici di Matrix. Una delle possibili chiavi di lettura è quella relativa alla comunanza di origine, e quindi di destino, che lega tutte le cose del mondo.

La mostra Cosmogonie che presenta al Plart sembra essere frutto della fusione fra progettazione, architettura e ambiente. In quali termini si esplica e verso quali orizzonti si rivolge la sua concezione d’arte?
La mia, come dicevo, è una concezione barocca dell’arte: come scriveva Deleuze, nel Barocco la pittura sconfina nella scultura, questa nell’architettura e l’architettura nella città. Non mi piace concentrarmi sulle differenze, sulle barriere tra le discipline che, di fatto, hanno tutte a che fare con i sensi, con il corpo, con la percezione visiva e tattile. Uno spazio architettonico, in fondo, non agisce sui sensi come una scultura al rovescio? Le opere di Cosmogonie sono il frutto di una ricerca unitaria che, di volta in volta, si concentra sullo spazio o su elementi nello spazio. L’orizzonte culturale, però, è sempre lo stesso, è la mia visione del mondo, e ha a che fare con uno strenuo tentativo di stimolare una riflessione circa l’apparente separazione – a cui siamo abituati dalla nascita – tra il mondo degli uomini, l’ambiente antropico in gergo tecnico, e quello del resto del mondo.

Fra le opere realizzate compare l’installazione Apollo e Dafne reloaded, dal particolare rilievo nel contesto della mostra. Ce ne parli.
È senza dubbio l’opera più forte tra quelle esposte in questa mostra. Dafne è una metafora potentissima: rappresenta contemporaneamente una donna, una pianta, una macchina. Nonostante sia grande, alta quanto la sala del museo, ha paura, è turbata e, come accadeva nella scultura del Bernini, è rappresentata nel tentativo di fuggire da Apollo, che qui è il visitatore che entra nella sala.

Arte, Uomo, Natura: come viene armonizzata questa triade in Cosmogonie?
Non credo venga armonizzata, semmai minata: la mostra tenta di rovesciare la logica cartesiana da cui questa triade deriva. Arte, Uomo, Natura non sono affatto tre elementi distinti: l’uomo è totalmente naturale – così come la sua cultura – e l’arte è una sua creatura così come l’uomo è una delle creature prodotte dalla Terra. Il punto è che negli ultimi secoli l’uomo ha fatto di tutto per costruire e rappresentare un’alterità, un distacco dal resto del creato da cui, in un certo momento del suo sviluppo, era necessario emanciparsi. Oggi, però, questo moto di emancipazione deve arrivare a un punto di maggiore consapevolezza, a una svolta, se si vuole evitare l’apocalisse. Perciò tutte le opere, composte peraltro da un materiale ecocompatibile, proveniente dall’amido di mais, sono degli sconfinamenti, dei tentativi di abbattere il confine culturale tra le cose.

Ringraziamo di cuore il professore Mario Coppola per il tempo che ci ha dedicato!
Per informazioni sulla mostra si rimanda al seguente collegamento ipertestuale: https://www.fondazioneplart.it/it-it/mostre/cosmogonie.aspx

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A proposito di Roberta Attanasio

Redattrice. Docente di Lettere e Latino. Educatrice professionale socio-pedagogica. Scrittrice. Giornalista pubblicista. Contatti: [email protected] [email protected]

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